2020-04-07
Aiuti alle imprese certi fino a 25.000 euro
Lo scontro tra Pd e M5s porta a un testo «salvo intese». Restano i dubbi sulle scadenze fiscali, da cui è esentato chi dimostra il calo dei ricavi. Liquidità garantita al 100% solo per la prima soglia, sopra ci sono le forche caudine delle valutazioni bancarie.Le previsioni di ieri della Verità - del tutto in controtendenza rispetto alla copertura mediatica mainstream - si sono rivelate precise. E non solo sulla lite tra Pd e Roberto Gualtieri da una parte e M5s dall'altra, a proposito del ruolo di Cdp e Sace: tensione che ha arroventato la giornata di ieri, rendendo necessaria un'interruzione del Consiglio dei ministri. Ma soprattutto sulla sostanza, che appare diversa dagli squilli di tromba che hanno accompagnato le decisioni del governo. Naturalmente occorrerà attendere i testi in Gazzetta ufficiale, perché il diavolo si annida nei dettagli, ma l'impressione è che restino significative strettoie sia per beneficiare delle sospensioni fiscali sia per accedere alla nuova promessa di liquidità, soprattutto perché il testo è stato approvato «salvo intese». Politicamente, ciò che ha lacerato la maggioranza è il gioco di potere tra via XX Settembre, Cdp e Sace. E c'è voluta molta fatica per attestarsi su un compromesso che vede il coinvolgimento di Sace nell'operazione garanzie, ma mantenendola sotto la controllante Cdp, e però attribuendo al Mef un potere di coordinamento oggetto di contestazione grillina. In compenso, la Farnesina del pentastellato Luigi Di Maio ha ottenuto un po' di garanzie Sace per gli esportatori. Ma veniamo alla sostanza, partendo dalle tasse. Non c'è chiarezza sulle proibitive scadenze fiscali di giugno, rese ancora più pesanti dai mini rinvii decisi a marzo. Quanto alle scadenze fiscali di aprile e maggio, le imprese con ricavi al di sotto dei 50 milioni possono ottenerne la sospensione se dimostrano (rispetto a marzo e aprile 2019) una diminuzione dei ricavi e dei compensi di almeno il 33%. Una prova difficilissima, a volte perfino diabolica. Per sospendere anche i contributi, occorre che il calo sia del 50%. Tanto per rendere ancora più tragico il mese di giugno, si stabilisce che i versamenti sospesi debbano essere effettuati in un'unica soluzione entro il 30 giugno, con la sola alternativa di cinque rate mensili. Ma attenzione alla beffa ulteriore: per chi non ottenga la sospensione, per ciò che riguarda i cosiddetti acconti Irpef, Ires, Irap, si possono evitare sanzioni e interessi solo nel caso in cui si versi almeno l'80% della somma. Altro che garantire liquidità, siamo davanti a una scelta che va nella direzione opposta: quella di prosciugare la liquidità di famiglie e imprese. Per ciò che riguarda l'accesso al credito, il quadro è rimasto ingarbugliato per tutto il giorno, e anche qui occorrerà attendere il testo in Gazzetta. Per le pmi, la garanzia al 100%, senza valutazione del merito di credito, sarebbe solo per i prestiti più piccoli, fino a 25.000. Per i prestiti fino a 800.000 euro la garanzia sarebbe al 100% (90% Stato e 10% Confidi), ma con una valutazione bancaria della solvibilità (non ci sarebbe solo la cosiddetta valutazione andamentale, cioè quella sull'andamento dell'azienda). E siamo alla prima clamorosa strettoia: se da un lato è teoricamente comprensibile la preoccupazione di chi vuole evitare esborsi (a garanzia pubblica) verso realtà già compromesse e decotte, dall'altro lato, in concreto, un imprenditore al limite, che viaggiava sul filo del rasoio, rischia di cadere inesorabilmente vittima delle forche caudine delle valutazioni bancarie, del rating, del merito. Tutte cose che possono ritardare o precludere l'accesso a una liquidità vitale. Per le imprese grandi e medie, sarebbe confermato il ruolo di Sace, con garanzie fino al 90% (comunque fino a 5 milioni), ma anche qui sulla base di una valutazione del merito di credito (e senza quella andamentale).Nella maggioranza, c'è chi ha spinto per salire al 100%, nel tentativo di circoscrivere le valutazioni discrezionali sul merito di credito. Ma il governo non vuole prendere decisioni forti prima e senza l'ok europeo. La realtà è che già si è entrati nell'ottica della richiesta di accesso al Mes, più o meno mascherato e combinato in «pacchetti» confusi. Forte dunque il dissenso delle opposizioni: la sensazione in casa leghista è che proprio dal Mes giungeranno le linee di credito con cui verranno coperte queste garanzie. Nel tardo pomeriggio di ieri il Mef ha infine diramato una nota tanto trionfalistica quanto vaga (e perfino psichedelica per ciò che riguarda le cifre, con un effetto leva moltiplicato in modo a dir poco arbitrario): «Trovata l'intesa sul pacchetto liquidità, in grado di mobilitare risorse per oltre 750 miliardi di euro, oltre 400 in più rispetto ai 350 miliardi già previsti nel dl Cura Italia. Secondo il Mef, «si liberano 200 miliardi per la liquidità con garanzie fino al 90% per tutte le imprese, e 200 miliardi per il sostegno dell'export». Leggeremo i testi, ma l'impressione è che non ci si schiodi dal limite del 90%, e con l'alea delle valutazioni di merito. Se i dettagli confermeranno questa impostazione, gli italiani rischiano ancora una volta di assistere al divario tra le promesse (credito per tutti) e la dura realtà di banche che - visto l'ombrello pubblico limitato - potranno far valere i paletti di sempre, ritardando o negando l'erogazione. E il fatto che gli unici prestiti superveloci e senza ostacoli possano essere quelli di 25.000 euro fa capire che siamo davanti a un cerottino incapace di proteggere la ben più grande ferita apertasi nel tessuto della nostra economia.
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