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2022-06-28
Per difendere i vaccini l’Iss sconfessa i suoi dati
Imagoeconomica
Traduco dal linguaggio incomprensibile dei pozzi di scienza: se le tesi dell’Istituto superiore di sanità riguardo all’efficacia dei vaccini nei ragazzini non sono confermate non è perché i vaccini non funzionino con i ragazzini, ma perché i dati - dell’Iss - sono incongruenti e le nostre - sempre dell’Iss - analisi hanno dei limiti. Insomma, i dati - dell’Iss - dicono il falso anche se sembrano veri. State pensano che causa colpo di calore sia necessario un Tso, trattamento sanitario obbligatorio, per chi ha redatto la smentita? Tranquilli, non ce n’è bisogno: è sufficiente il premio faccia di bronzo.
Ma forse prima di assegnare un così importante riconoscimento credo sia necessario ricostruire la faccenda, per chiarire limiti e allarmi che si vanno diffondendo in questi giorni a proposito dei contagi, emergenze che sembrano preludere a una prossima stretta di ritorno dalle vacanze. Punto primo: i dati dell’Istituto superiore di sanità. L’ente pubblica un rapporto settimanale sull’andamento dell’epidemia e in quella ricerca, che in redazione compulsiamo con solerzia per capire come vada l’epidemia, si segnala che in alcune fasce di età, ossia fra i 5 e gli 11 anni, ci si ammala di più se si è vaccinati. E c’è un maggior rischio di finire in terapia intensiva. Lo dimostrano i dati dell’istituto. Il report, aggiornato al 15 giugno, recita che l’incidenza dei contagi fra i ragazzini non vaccinati è nell’ultimo mese pari allo 0,93 per cento, mentre tra i vaccinati con ciclo completo raggiunge l’1,32%, il che significa un più 42% di infezioni tra i bambini che hanno fatto due dosi. Per quanto riguarda i ricoveri, in totale se ne sono registrati 5 ogni 100.000 abitanti, ma quelli vaccinati sono stati 3 ogni 100.000. Anche sui ricoveri in terapia intensiva non va meglio. L’incidenza tra i vaccinati da meno di 4 mesi è stata di 1,61 per milione e tra i non vaccinati 1,32 per milione. Ecco, questi sono i dati. Incontrovertibili, come tutti i dati. Ma quando La Verità ne scrive, all’Iss devono avere fatto un salto sulla sedia e aver riletto ciò che loro stessi avevano pubblicato e così, per insistere sulla necessità di vaccinare anche i minori, ecco che i superesperti sono costretti a smentire. Anzi, a smentirsi e disconoscere ciò che loro stessi hanno pubblicato. Per quanto riguarda l’efficacia della vaccinazione nella fascia 5-11 anni, ci tocca dunque leggere un comunicato in cui l’Istituto superiore di sanità sottolinea che «il dato non è calcolato nel report esteso, ma data la peculiarità della popolazione è oggetto di uno studio che verrà pubblicato appena possibile». Insomma, al momento non ci hanno capito niente e devono studiare. Vi faremo sapere. Per ora accontentatevi di questo altro passaggio degli scienziati che ci guidano e ci orientano: «I valori di incidenza riportati nel documento (ossia i dati dell’Iss che noi abbiamo riportato, ndr) sono da considerarsi indicativi, perché non tengono conto di possibili fattori di confondimento (letterale, ndr) che richiedono dei modelli più complessi». Una supercazzola per dire che le percentuali diffuse dall’Istituto vanno prese con le molle, perché forse non rispondono al vero oppure semplicemente non si adeguano alla tesi che gli stessi superesperti hanno deciso a monte, prima di leggere le statistiche. Altro che notizia falsa, circolata recentemente, come recita la nota dell’Iss. Come dicono a Venezia «pezo el tacon del buso», la smentita è peggio della notizia, perché con questa precisazione viene il dubbio che se i dati sono «incongruenti, da considerarsi indicativi, perché non tengono conto di fattori di confondimento che richiedono modelli più complessi», quante altre volte quegli stessi dati che non compulsiamo con attenzione erano incongruenti, indicativi e non tenevano conto dei fattori di confondimento? Risultato, dopo aver letto la nota dell’Iss la confusione è davvero tanta al punto da farci dubitare di ciò che ci hanno raccontato finora. Se loro, a posteriori, dopo aver preso atto della pubblicazione delle loro statistiche, avvertono che ci si può confondere, chi dice che non si siano confusi fino ad adesso? Ma, soprattutto, chi ci assicura che i noti pozzi di scienza dell’Iss non si confondano in futuro?
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L’Istituto superiore di sanità si è preso la briga di smentirci, naturalmente evitando con accuratezza di citare il nostro giornale per non essere smentito a sua volta. Non da noi, ma dagli stessi dati che l’Istituto ha pubblicato, i quali vanno bene finché danno ragione alle tesi dei superesperti, ma quando le mettono in dubbio, pur provenendo da tanta scienza, sono - letterale - incongruenti e smentiscono le certezze propalate dall’Iss solo perché i dati dell’Iss hanno - letterale - «limiti intrinseci dell’analisi». Traduco dal linguaggio incomprensibile dei pozzi di scienza: se le tesi dell’Istituto superiore di sanità riguardo all’efficacia dei vaccini nei ragazzini non sono confermate non è perché i vaccini non funzionino con i ragazzini, ma perché i dati - dell’Iss - sono incongruenti e le nostre - sempre dell’Iss - analisi hanno dei limiti. Insomma, i dati - dell’Iss - dicono il falso anche se sembrano veri. State pensano che causa colpo di calore sia necessario un Tso, trattamento sanitario obbligatorio, per chi ha redatto la smentita? Tranquilli, non ce n’è bisogno: è sufficiente il premio faccia di bronzo.Ma forse prima di assegnare un così importante riconoscimento credo sia necessario ricostruire la faccenda, per chiarire limiti e allarmi che si vanno diffondendo in questi giorni a proposito dei contagi, emergenze che sembrano preludere a una prossima stretta di ritorno dalle vacanze. Punto primo: i dati dell’Istituto superiore di sanità. L’ente pubblica un rapporto settimanale sull’andamento dell’epidemia e in quella ricerca, che in redazione compulsiamo con solerzia per capire come vada l’epidemia, si segnala che in alcune fasce di età, ossia fra i 5 e gli 11 anni, ci si ammala di più se si è vaccinati. E c’è un maggior rischio di finire in terapia intensiva. Lo dimostrano i dati dell’istituto. Il report, aggiornato al 15 giugno, recita che l’incidenza dei contagi fra i ragazzini non vaccinati è nell’ultimo mese pari allo 0,93 per cento, mentre tra i vaccinati con ciclo completo raggiunge l’1,32%, il che significa un più 42% di infezioni tra i bambini che hanno fatto due dosi. Per quanto riguarda i ricoveri, in totale se ne sono registrati 5 ogni 100.000 abitanti, ma quelli vaccinati sono stati 3 ogni 100.000. Anche sui ricoveri in terapia intensiva non va meglio. L’incidenza tra i vaccinati da meno di 4 mesi è stata di 1,61 per milione e tra i non vaccinati 1,32 per milione. Ecco, questi sono i dati. Incontrovertibili, come tutti i dati. Ma quando La Verità ne scrive, all’Iss devono avere fatto un salto sulla sedia e aver riletto ciò che loro stessi avevano pubblicato e così, per insistere sulla necessità di vaccinare anche i minori, ecco che i superesperti sono costretti a smentire. Anzi, a smentirsi e disconoscere ciò che loro stessi hanno pubblicato. Per quanto riguarda l’efficacia della vaccinazione nella fascia 5-11 anni, ci tocca dunque leggere un comunicato in cui l’Istituto superiore di sanità sottolinea che «il dato non è calcolato nel report esteso, ma data la peculiarità della popolazione è oggetto di uno studio che verrà pubblicato appena possibile». Insomma, al momento non ci hanno capito niente e devono studiare. Vi faremo sapere. Per ora accontentatevi di questo altro passaggio degli scienziati che ci guidano e ci orientano: «I valori di incidenza riportati nel documento (ossia i dati dell’Iss che noi abbiamo riportato, ndr) sono da considerarsi indicativi, perché non tengono conto di possibili fattori di confondimento (letterale, ndr) che richiedono dei modelli più complessi». Una supercazzola per dire che le percentuali diffuse dall’Istituto vanno prese con le molle, perché forse non rispondono al vero oppure semplicemente non si adeguano alla tesi che gli stessi superesperti hanno deciso a monte, prima di leggere le statistiche. Altro che notizia falsa, circolata recentemente, come recita la nota dell’Iss. Come dicono a Venezia «pezo el tacon del buso», la smentita è peggio della notizia, perché con questa precisazione viene il dubbio che se i dati sono «incongruenti, da considerarsi indicativi, perché non tengono conto di fattori di confondimento che richiedono modelli più complessi», quante altre volte quegli stessi dati che non compulsiamo con attenzione erano incongruenti, indicativi e non tenevano conto dei fattori di confondimento? Risultato, dopo aver letto la nota dell’Iss la confusione è davvero tanta al punto da farci dubitare di ciò che ci hanno raccontato finora. Se loro, a posteriori, dopo aver preso atto della pubblicazione delle loro statistiche, avvertono che ci si può confondere, chi dice che non si siano confusi fino ad adesso? Ma, soprattutto, chi ci assicura che i noti pozzi di scienza dell’Iss non si confondano in futuro?
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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