2023-03-08
Lo Stato si dimentica di pagare chi combatte contro la mafia
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Cristiana Rossi, amministratore giudiziario antimafia, si ritrova a versare di tasca propria imposte relative alle aziende sequestrate e confiscate, senza essere remunerata per il suo lavoro. «Ma come si può sostenere di lottare contro la criminalità organizzata se non si tutela chi ogni giorno la combatte?»L 'arresto del superlatitante Matteo Messina Denaro ha riportato di attualità la lotta alla mafia in Italia. Ma da più di quarant’anni donne e uomini nel nostro paese lottano quotidianamente contro la criminalità organizzata. Il problema è che spesso non hanno gli strumenti adeguati per farlo, non solo a livello di indagine, con carenza di mezzi e uomini, ma anche nei casi di sequestro di beni confiscati, ovvero nella fase di gestione dei patrimoni mafiosi. Da tempo c’è chi chiede una modifica del codice antimafia. Perché troppo spesso capita all’amministratore giudiziario manchino adeguate tutele, e che non solo non sia pagato per il lavoro svolto, ma che venga persino aggredito da altre amministrazioni pubbliche, come l’agenzia delle entrate o l’Inps.Ci sono amministratori giudiziari antimafia che si ritrovano così a pagare di tasca propria imposte relative alle aziende – ditte individuali o società – sequestrate e confiscate, senza essere remunerati per il loro lavoro. È una situazione al limite del paradossale che mostra più di una volta le falle del sistema italiano nella lotta alla criminalità organizzata. Stando alla relazione semestrale dello scorso anno, al 30 giugno 2022 i cosiddetti beni interessati da procedimenti di prevenzione registrati risultavano complessivamente pari a 230.517, con un incremento complessivo di 9.579 unità rispetto alla rilevazione effettuata un anno prima, al 30 giugno 2021. A occuparsene è l’Ansbc, l’agenzia nazionale dei beni confiscati, un carrozzone statale, dove manca personale qualificato e soprattutto trasparenza. Cristiana Rossi è ragioniere, iscritta da trent’anni all’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Roma. È revisore legale, curatore fallimentare, consulente del Tribunale Civile e delle Imprese e della Corte d’Appello. Perito della procura nonché amministratore giudiziario della Sezione Autonoma Misure di Prevenzione del Tribunale di Roma e Milano. È iscritta all’Albo degli Amministratori Giudiziari, Sezione Esperti in Gestione Aziendale e coadiutore appunto dell’Anbsc. È docente a contratto presso L’Università Telematica Niccolò Cusano – Master di II Livello in “Amministrazione Giudiziaria di aziende e beni sequestrati e confiscati”. In sostanza, è tra i professionisti più qualificati nel settore. Peccato che da anni si ritrovi a dover far valere proprio contro l’Agenzia Nazionale i propri diritti. E’ noto come la pubblica amministrazione italiana sia spesso in ritardo pagamento dei compensi degli amministratori giudiziari. Come è purtroppo noto che gli stessi professionisti debbano anticipare per conto dello Stato in procedimenti che durano talvolta anche 3 anni., anche importi rilevanti a titolo di spese. Il problema è che gli amministratori non si ritrovano solo ad anticipare le spese senza ricevere il proprio compenso, ma allo stesso tempo possono essere oggetto di procedimenti da parte dell'agenzia delle entrate che può inviare richieste di pagamento relative a imposte maturate da una ditta individuale sottoposta prima a sequestro e poi a confisca antimafia.«Ma come può uno Stato sostenere di lottare contro la criminalità organizzata se non tutela chi ogni giorno la combatte?» spiega Rossi a La Verità. Imbrigliata ormai da mesi in un serie di ricorsi di fronte alla giustizia che non hanno portato a risolvere la situazione, nello scorso novembre Rossi ha diffidato l’agenzia e ha scritto una lettera al premier Giorgia Meloni e al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Nelle pagine inviate a palazzo Chigi si ricorda appunto come un compenso superiore a 100.000 euro sia ormai bloccato dal luglio del 2021. «Sta provocando ingenti danni alla mia attività professionale, ai miei collaboratori, nonché alla mia famiglia ». Per questo, sostiene Rossi, che è per di più reduce da una battaglia di 9 anni per ottenere l'affido esclusivo della figlia, «il comportamento insistente e temerario dell’Agenzia Nazionale sta facendo venir meno i mezzi di sussistenza a me e mia figlia che non può attendere i tempi lunghi della giustizia per mangiare e vivere». In tutta risposta a gennaio, il direttore Bruno Corda ha risposto che il pagamento non può essere effettuato perché il procedimento è ancora oggetto di accertamento dopo l’atto di opposizione depositato dall’avvocatura generale dello Stato.Il caso di Cristiana Rossi è uno dei tanti che interessano l’agenzia nazionale. Diversi professionisti in questi anni hanno intrapreso azioni esecutive, ma come tutte le pubbliche amministrazioni e ministeri, i conti correnti presso la Banca d’Italia non sono pignorabili. Eppure, l’agenzia è un’istituzione pubblica che dovrebbe essere un fiore all’occhiello nella lotta alla mafia ma come visto presenta numerose criticità, a cominciare dal personale non adeguatamente formato e specializzato. Le risorse in organico sono distaccate presso l’Agenzia Nazionale dal Ministero o dalle forze dell’ordine che prima facevano tutt’altra cosa; inoltre sono anche sottodimensionati poiché ciascuna risorsa deve seguire un elevato numero di procedure che sono molto complesse ed impegnative proprio a causa della specificità della normativa applicata. E questo provoca un notevole ritardo nella gestione dei patrimoni affidati. In poche parole, l’Anbsc non è immune dalla lentezza che caratterizza la burocrazia delle amministrazioni pubbliche italiane e ciò non soltanto crea danni, ma può compromettere l’esito stesso delle procedure fino anche a vanificare – in alcune circostanze – tutto lo sforzo profuso nella fase cautelare ovvero il sequestro dai magistrati, dalle forze dell’ordine nonché dall’amministratore giudiziario. Insomma, un vero e proprio problema per uno Stato che sostiene di voler lottare contro la criminalità organizzata.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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