2025-04-21
Agenzia dei beni confiscati alle mafie, amministratori ancora senza compenso
True
Nonostante i cambiamenti ai vertici degli ultimi mesi i problemi restano ancora irrisolti. E sul caso di Cristiana Rossi ora un giudice sconfessa l’Ispettorato del Lavoro di Caserta: «Nessuna responsabilità all’amministrazione giudiziaria».Cambiano i direttori dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc), ma non cambiano i problemi. A settembre, il prefetto Maria Rosaria Laganà ha preso il posto di Bruno Corda, facendo sperare in un cambio di passo. Invece, una delle questioni più spinose – i mancati pagamenti ai coadiutori – resta irrisolta.Il caso più emblematico è quello di Cristiana Rossi, revisore legale, curatore fallimentare, consulente tecnico del tribunale e iscritta all’albo degli amministratori giudiziari. Rossi ha sollevato da anni il problema dei compensi non erogati per il lavoro svolto per conto dell’Agenzia, arrivando a denunciare pubblicamente una situazione che definisce “al limite dello sfruttamento lavorativo”. Il suo credito, maturato tra il 2016 e il 2019, ammonta a quasi 105.000 euro, per i quali da sei anni attende un pagamento che continua a essere rinviato.La vicenda ha toccato anche la giustizia penale: la denuncia di Rossi a Perugia è stata archiviata dal pm Mario Formisano con una motivazione giudicata quantomeno superficiale, che ha ricondotto i mancati pagamenti a “problemi organizzativi” interni all’Agenzia. Rossi, però, non ci sta: «Un imprenditore privato che non paga rischia il procedimento penale per il reato di sfruttamento, mentre una pubblica amministrazione può agire impunemente?», si chiede, sottolineando il paradosso normativo e gestionale. E rilancia: «Sarebbe stato opportuno indagare sulla gestione delle risorse confiscate affluite al Fondo Unico di Giustizia (Fug), destinate anche al pagamento dei coadiutori».Ma nelle ultime settimane è arrivata una svolta importante: una sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha dato ragione proprio a Cristiana Rossi (seguita dal legale Raoul Barsanti), sconfessando la linea tenuta finora dall’amministrazione. La giudice Rita Di Salvo ha accolto l’opposizione presentata dalla professionista contro una sanzione comminata dall’Ispettorato del Lavoro di Caserta per presunte irregolarità relative ad una società sottoposta a sequestro antimafia, della quale Rossi era stata amministratrice giudiziaria. L’Ispettorato del Lavoro ha comminato alla Rossi - come persona fisica - sanzioni amministrative riguardante il personale dipendente solo perché aveva ricoperto questo incarico, mentre la recente sentenza precisa che l’illecito si era già consumato dopo la decadenza formale della Rossi dalla carica, avvenuta il 21 novembre 2019. La giudice ha chiarito poi che «nessun contributo alla consumazione dell’illecito amministrativo può essere imputato all’amministrazione giudiziaria», e ha quindi annullato il provvedimento sanzionatorio. Un passaggio che assume particolare rilevanza: la giustizia civile certifica, nero su bianco, l’estraneità di chi, pur sotto incarico statale, ha operato in un contesto di profonda incertezza amministrativa. Questo testimonia inoltre le azioni pretestuose ed immotivate alle quali spesso sono sottoposti per molti anni i professionisti che svolgono questo delicatissimo incarico pubblico, sopportandone da soli tutte le spese. Difatti nella sentenza non le è stato riconosciuto il rimborso delle spese legali sostenute per difendersi. Inoltre, neanche i giudici della IV Sez. Penale Misure di Prevenzione della Corte d’Appello di Roma – Presidente Flavio Monteleone, Cons. Bonavolontà Gabriella e Aldo Morgini (gli stessi giudici del caso Almasri) hanno anch’essi negato - in fase di liquidazione del compenso del relativo procedimento in appello - il rimborso delle suindicate spese legali sostenute dalla Rossi, il tutto riferito ad un procedimento dal quale è maturato anche uno dei compensi più volte citati non ancora pagati dall’Agenzia nazionale. Ovviamente tutto ciò potrebbe gravare sull’intera collettività qualora la Rossi decidesse di promuovere un’azione di risarcimento dei danni, subiti sia per le spese legali sostenute a causa di un’azione legale pretestuosa da parte di una pubblica amministrazione, e sia per le risorse sottratte alla sua attività professionale nonché alla sua famiglia nel corso dei due anni di giudizio che hanno portato alla sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.Nel frattempo, mentre in Italia si consumano queste vicende, l’Agenzia ha partecipato – con una certa enfasi istituzionale – a un ciclo di attività di formazione sulla gestione dei beni sequestrati tenutosi a Luanda, in Angola, dal 18 al 20 aprile. Altre missioni sono state effettuate nel 2023 dal Prefetto Bruno Corda nel Latino America con l’ambiziosa finalità di esportare un modello italiano inesistente a spese della collettività. Una nota che stride con il quadro critico appena descritto: ci si chiede con che credibilità l’Anbsc possa esportare modelli all’estero, mentre sul fronte interno non riesce a garantire neppure i pagamenti a chi lavora sotto sua diretta responsabilità. A cosa servono vetrine internazionali se il “modello italiano” scricchiola proprio nelle sue fondamenta?Cristiana Rossi, nel frattempo, continua a chiedere risposte. L’ultima lettera indirizzata al direttore dell’Agenzia è datata 24 gennaio. Nessuna risposta, solo silenzio.
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.