2025-02-14
Afgano sulla folla a Monaco: veniva dall’Italia
Uno straniero, estremista islamico, si lancia con l’auto su un corteo sindacale: 30 feriti, tra cui un bambino di 2 anni in fin di vita L’uomo era sbarcato nel 2016 in Calabria ed era poi passato per Brescia. Berlino lo aveva espulso, salvo poi sospendere l’iter...Un’auto che piomba sulla folla. Una dietro l’altra le persone si trasformano in birilli, poi in feriti. Alcuni gravissimi. Tra loro un bambino di due anni, in fin di vita. Nel bilancio, aggiornato di ora in ora, ne risulteranno 30 a fine serata. Un morto, prima confermato, poi smentito. L’uomo del terrore nel cuore di Monaco di Baviera è un afgano: Farhad Noori, nato a Kabul nel 2001. Le autorità tedesche apprendono subito che è arrivato dall’Italia. Con data di nascita leggermente diversa era stato fotosegnalato nel 2016, prima a Reggio Calabria (il 17 gennaio) e poi Brescia (il 18). È quindi arrivato in Italia all’età di 15 anni con il classico barcone. Punto di approdo: la Locride. Non ha documenti e la polizia non può fare altro che annotare quello che dichiara: la data di nascita imprecisa, il cognome confuso. Ma le sue impronte vengono registrate. Come la foto segnaletica. Dopo l’identificazione parte per Brescia. E fa perdere le sue tracce. Pochi mesi dopo (alla fine del 2016) compare in Germania. Da minorenne non accompagnato viene affidato a una struttura di assistenza minorile. Presenta una domanda di asilo che gli viene respinta nel settembre 2017. Ha quindi impugnato il rifiuto dell’asilo, ma senza successo. Dall’autunno del 2020 gli è stato ordinato di lasciare il Paese. Ma l’espulsione è rimasta sospesa grazie a un cavillo giuridico: il cosiddetto permesso di tolleranza. Un caso che può verificarsi se una persona non possiede documenti di identità, è malata o ha un figlio minorenne con permesso di soggiorno. La tolleranza è comunque sempre limitata nel tempo. Ma ha la legge dalla sua parte. Tant’è che la polizia comunica ufficialmente che «nel momento in cui ha commesso il crimine il suo permesso di soggiorno era valido». In sostanza Farhad, grazie a quel cavillo, era libero di muoversi in Germania. O in Europa. E, come tanti altri attentatori protagonisti di stragi europee, è transitato dall’hub italiano. A questo punto, però, le notizie diventano confuse. Alcuni giornali tedeschi scrivono che era stato segnalato come testimone in un procedimento penale mentre lavorava come addetto alla sicurezza in un supermercato. Altri, invece, parlano di un curriculum di tutto rispetto: furti, spaccio di droga e, dettaglio inquietante, propaganda islamista sui social. Ma resta libero, fino alla mattina in cui decide di trasformare la sua auto in un’arma. Con una Mini Cooper bianca ha falciato i partecipanti a una manifestazione sindacale alla vigilia dalla Conferenza sulla Sicurezza. Un attacco feroce. Alle 10.30 i manifestanti chiamati in piazza dal sindacato Ver.di per salari più alti e migliori condizioni di lavoro si trovano all’incrocio tra due stradoni: Dachauer e Seidlstrasse. È lì che piomba in velocità la Mini Cooper. Secondo i testimoni, il conducente dell’auto ha accelerato prima di puntare dritto sulla folla. Una donna e un bambino sarebbero rimasti intrappolati sotto l’auto. La polizia interviene, spara un colpo contro il finestrino per poter aprire la portiera alla quale aveva messo la sicura. Gli agenti lo fanno sdraiare. Prima di ammanettarlo lo perquisiscono per vedere se ha addosso delle armi. L’afgano è ormai bloccato. La Germania trattiene il fiato. L’indagine sull’uomo è appena cominciata. La polizia allestisce sulla scena del crimine un punto di raccolta per l’ascolto dei testimoni. Intanto cominciano gli approfondimenti investigativi su Farhad. Il suo passato da richiedente asilo emerge subito prepotente. Dai suoi profili social saltano fuori post con commenti estremisti che per gli investigatori meritano un approfondimento. La sua abitazione, nel quartiere di Solln a sud di Monaco, viene perquisita. Il quotidiano Der Zeit, che cita fonti della polizia, scrive che sarebbero emerse «indicazioni di un contesto estremista» dal quale proverrebbe il richiedente asilo afgano. L’Ufficio centrale per la lotta all’estremismo e al terrorismo della Procura di Monaco ha quindi assunto la direzione delle indagini. È il secondo attentato nel giro di un mese, dopo quello all’arma bianca avvenuto nel parco di Aschaffenburg il 22 gennaio scorso (due vittime). Che a sua volta è stato preceduto di appena qualche settimana da quello al Mercatino di Natale di Magdeburgo (sei morti e 299 feriti). A poche ore dai fatti di Monaco, però, la polizia tedesca ha comunicato di aver sventato il piano per un attacco incendiario in un alloggio per richiedenti asilo a Senftenberg, arrestando un tedesco di 21 anni che avrebbe confessato. L’operazione è scattata dopo una soffiata che ha portato la polizia in due abitazioni nell’area metropolitana di Dresda. A casa dell’arrestato è stato trovato un arsenale: materiale pirotecnico ad alto potenziale, tirapugni, coltelli, pistole lanciarazzi, armi e munizioni. Gli investigatori hanno avviato verifiche sui presunti rapporti dell’indagato con la galassia degli estremisti di destra. Si è subito pensato a una reazione. Ma al momento non è stato confermato un collegamento con l’attentato di Monaco.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 17 settembre con Carlo Cambi
Dario Franceschini (Imagoeconomica)
Papa Leone XIV (Getty Images)
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)