2021-03-27
Affari in Vaticano coi soldi delle mascherine
Prosegue l'inchiesta sulle forniture volute da Domenico Arcuri: il sequestro a Mario Benotti disposto dopo i versamenti ad Antonella Appulo per l'acquisto di un immobile. Gli indagati intercettati: «Preleviamo poco o si sveglia l'antiriciclaggio». Volevano prendere una casa in Vaticano con i soldi delle mascherine cinesi vendute alla struttura del commissario straordinario Domenico Arcuri. Anche per questo motivo la Procura di Roma ha sequestrato i conti correnti del giornalista Rai in aspettativa Mario Benotti, indagato per traffico illecito di influenze. L'abitazione, è ricostruito negli atti dell'inchiesta, era destinata ad Antonella Appulo, definita nel decreto di sequestro urgente emesso dai magistrati di piazzale Clodio come «già in rapporto con la politica nazionale, per essere stata dipendente del ministero delle Infrastrutture ed addetta alla segreteria del ministro Graziano Delrio, è legata affettivamente a Benotti Mario». Per i pm capitolini «ciò è, inequivocabilmente, risultato dalle indagini svolte, dalle quali risulta che Benotti stia per regalare alcuni immobili alla Appulo e la gratifichi di provvidenze economiche». La certezza degli inquirenti nasce da un'intercettazione del 4 novembre scorso. È l'ora di pranzo, Benotti e la Appulo sono al telefono e il giornalista dice all'amica: «Nel momento in cui io ti regalo questo cazzo di casa, una casa che è tua e abbiamo fatto l'operazione di mettere la fiduciaria in quel modo lì esattamente per fare sì che lui se succede qualche cosa... abbia quantomeno una casa a Roma…». Ma dalla conversazione emerge che Benotti si stava preoccupando non solo dell'acquisto della casa per Appulo, ma anche di appianare le sue pendenze economiche. Tra cui quelle con la madre di lei: «Vabbè quelli che devi dare a tua madre adesso glieli daremo con i soldi che, che appena Khouzam (presidente della Partecipazioni spa, la holding di Benotti, ndr) ha potuto fare le sue operazioni... darai i soldi anche a tua madre... Quanto devi a tua madre? 20.000 euro?». I due discutono di altre spese e alla fine Benotti dice che servono circa 60.000 euro complessivi per sistemare le cose, poi passa a una cifra più alta perché alla donna serve anche un'automobile: «Sicuro che non c'è altro... più la macchina... bisogna stanziare 100.000 euro subito... la macchina in maniera tale che tu ce l'abbia prima di Natale... 100.000 euro». Benotti nelle sue operazioni finanziarie non vuole destare attenzione. Per esempio spiega all'amica che i soldi che le ha consegnato nei giorni precedenti «erano 600 euro perché di più non ne potevo ritirare per evitare l'Antiriciclaggio». E, anche per risolvere il problema dei debiti della Appulo, cerca una soluzione che non desti sospetti: «Bisogna fare un'operazione e bisogna farla una volta sola che ti arrivi sul conto con tutta una serie di... Magari 20 li mandiamo sul conto cointestato di tua madre così poi li puoi girare da lì... i soldi... di quell'altro vanno sul conto, sul conto quello nuovo perché su quello nuovo credo che non sia mai arrivato niente vero?». In attesa dell'acquisto della casa, la Appulo vive a Trastevere, e, come annotano gli investigatori della Guardia di finanza, «chiede se possa trasferirsi in quella casa così da non pagare 3.000 euro di affitto». Benotti a quel punto le dice che si sta muovendo per «la casa dei preti, quella di vicolo Scanderbeg». Appulo, però, la giudica «un'operazione difficile, visto che son tre anni che ci provano». In realtà, oltre che per vicolo Scanderberg (a due passi dalla Fontana di Trevi), sembra esserci anche un altro obiettivo. Tra le mille relazioni di Benotti ce n'è una che porta a Propaganda fide: don Sergio Mercanzin, 52 anni di sacerdozio, prete della diocesi di Padova che opera a Roma e che attraverso il Centro Russia ecumenica è considerato un personaggio chiave nelle relazioni con i fratelli ortodossi, oltre che un erede di papa Wojtyla. Mercanzin, che non fa parte di Propaganda fide, ma che sulla stampa viene indicato come «molto vicino all'elemosiniere del Papa», conferma il rapporto con Benotti: «Sì, cercava una casa a Roma». Non gli disse a cosa gli serviva. Ma ammette: «Cercai un contatto con Propaganda fide». Che a Roma possiede 957 immobili, in parte appartamenti di pregio e in posizioni molto appetibili. Tra cui un immobile di 200 metri quadrati con terrazza e canone stracciato non lontano da piazza Navona, per cui si sarebbe mosso Benotti. Il capo di Propaganda fide è monsignor Ermes Viali. «È inavvicinabile», taglia corto don Mercanzin. Il contatto di don Mercanzin è Giuseppe Grifone, che di Propaganda fide è il responsabile degli atti. «Io tratto con lui», spiega il sacerdote. Al centralino di Propaganda fide per tutto il pomeriggio di ieri non ha risposto nessuno. Di certo a Benotti i contatti con la Santa Sede non mancano. Originano in parte dal padre Teofilo, a lungo giornalista dell'Osservatore romano e amico personale di papa Giovanni Paolo II, e sono certificati dal verbale di interrogatorio di Mauro Bonaretti, già membro dello staff di Arcuri: «Fu il monsignor Parolin (il cardinale Pietro, Segretario di Stato vaticano, ndr), a, diciamo così, accreditarci Benotti». Ma gli amici del giornalista (che è pure cavaliere del Santo Sepolcro di Gerusalemme) ricordano anche gli stretti rapporti con il cardinal Giuseppe Bertello e con gli arcivescovi Vincenzo Paglia e Zygmunt Zimowski (deceduto nel 2016). Alla fine, però, l'affare con Propaganda fide non si è concluso, sembra proprio per il veto posto da monsignor Viale, al quale spetta l'ultima valutazione. Forse perché i nomi di Benotti e della Appulo erano già finiti sui giornali per lo scandalo delle mascherine. Però Benotti nelle intercettazioni sembra proprio voler trovare una soluzione. E chiede all'amica se «preferisce trasferirsi a Campo dei Fiori». Appulo risponde che «se fosse proprietaria della casa eviterebbe il costo dell'affitto». Benotti commenta: «E tanto non lo paghi tu…». Dalla conversazione emerge anche come il contratto con la Sunsky di Andrea Tommasi (l'altro mediatore indagato), per il quale sono stati versati 53.000 euro provenienti dalle provvigioni delle mascherine commissionate da Arcuri, servisse appunto per poter sottoscrivere il mutuo della casa: «La casa quello lì... quello c'è l'atto, quello si deve fare con il contratto che ti arriva da Sunsky... poi non so se lì poi sia opportuno metterci la residenza per scaricare una parte delle tasse o per non far vedere un cazzo forse è meglio che non metterci niente... affittarlo e zitto...». Una grande disponibilità da parte di Benotti, nonostante il fatto che poche ore prima, in un'intercettazione ambientale captata all'interno della sua auto, avesse commentato così quello che gli inquirenti affermano essere un precedente litigio con l'amica: «C'ha il notaio l'11 dicembre per andare… gli ho regalato una casa... faccia il cazzo che vuole e arrivederci». In un'altra intercettazione ambientale del 21 novembre, Benotti si sfoga, forse al telefono, sui problemi derivanti dal suo rapporto con la Appulo e sulla exit strategy che qualcuno gli aveva appena prospettato, forse la compagna: «Voleva che io organizzassi… pensa... questa mattina un contratto fra me e la Appulo dove io le davo 500.000 euro basta che lei si impegnasse a non cercarmi mai più». Ma l'indagato non sembra dell'idea: «A te sembrano cose normali? […] Solo pensarle?». Poi fa riferimento ai messaggi minatori che la Appulo avrebbe ricevuto e per i quali sarebbe pronta a fare denuncia. Ma Benotti le avrebbe consigliato di lasciar perdere: «Ho detto di non denunciare nessuno». Adesso, però, a causa delle mascherine, sono tutti indagati: Benotti, la compagna e l'amica.
Donald Trump (Ansa). Nel riquadro il suo post pubblicato su Truth con cui ha annunciato il raggiungimento dell'intesa tra Israele e Hamas
Nella notte raggiunto l'accordo tra Israele e Hamas per il cessate il fuoco e la liberazione dei prigionieri. Il presidente americano: «Giornata storica». Le truppe israeliane lasceranno la Striscia, tranne Rafah. Guterres: «Tutti rispettino l’intesa».
È stato Donald Trump, poco prima dell’una italiana, ad annunciare il raggiungimento di un accordo tra Israele e Hamas per una tregua nella Striscia di Gaza e la liberazione degli ostaggi ancora in mano al gruppo islamista. «Sono molto orgoglioso di comunicare che Israele e Hamas hanno entrambi firmato la prima fase del nostro piano di pace», ha scritto il presidente americano su Truth, definendo quella di oggi «una giornata storica».
Secondo le prime ricostruzioni dei media israeliani, la firma ufficiale dell’intesa è prevista alle 11 italiane. L’accordo prevede il ritiro dell’Idf, l’esercito israeliano, da gran parte della Striscia di Gaza, con l’eccezione di Rafah, e il rilascio degli ostaggi sopravvissuti entro la fine del fine settimana, probabilmente tra sabato e domenica. Il piano, frutto di settimane di mediazione tra Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia, stabilisce anche la liberazione di circa duemila detenuti palestinesi in cambio del rilascio dei prigionieri israeliani. Lo scambio dovrà avvenire entro 72 ore dall’attuazione dell’accordo.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato la notizia in un comunicato del suo ufficio, parlando di «una conversazione molto emozionante e calorosa» avuta con Trump subito dopo l’annuncio. «I due leader si sono congratulati per lo storico risultato ottenuto con la firma dell’accordo per la liberazione di tutti gli ostaggi», si legge nella nota. Netanyahu ha ringraziato Trump «per la sua leadership e per gli sforzi a livello globale», ricevendo a sua volta le lodi del presidente americano per «la sua guida determinata». Trump, parlando poi con Axios, ha rivelato di aver ricevuto un invito ufficiale a recarsi in Israele. «Probabilmente nei prossimi giorni visiterò il Paese e potrei rivolgermi alla Knesset. Vogliono che tenga un discorso, e se lo desiderano, lo farò sicuramente», ha detto. E ha aggiunto: «Per raggiungere questo accordo si sono uniti gli sforzi di tutto il mondo, compresi Paesi ostili. È un grande risultato. La mia chiamata con Netanyahu è stata fantastica, lui è molto contento, e dovrebbe esserlo». In un altro messaggio pubblicato sui social, il presidente americano ha voluto ringraziare i mediatori regionali: «Tutte le parti saranno trattate equamente. Questo è un grande giorno per il mondo arabo e musulmano, Israele, tutte le nazioni circostanti e gli Stati Uniti d’America. Benedetti gli operatori di pace!».
Da Gaza, Hamas ha confermato la propria adesione, sottolineando che l’accordo «prevede la fine della guerra, il ritiro dell’occupazione, l’ingresso di aiuti e uno scambio di prigionieri». Il movimento islamista ha ringraziato «i mediatori di Qatar, Egitto e Turchia» e «gli sforzi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che mira a porre fine definitivamente alla guerra». Hamas ha poi chiesto ai mediatori internazionali di «costringere Israele ad attuare pienamente i requisiti dell’accordo e a non permettergli di eludere o ritardare quanto concordato». Secondo la Bbc, resta invece fuori dall’intesa la richiesta di Hamas di includere nel piano lo storico leader palestinese Marwan Barghouti, la cui scarcerazione è stata respinta da Israele.
La notizia dell’accordo ha provocato scene di entusiasmo nella Striscia: i media israeliani riferiscono che migliaia di palestinesi sono scesi in strada a Gaza, tra clacson, canti e fuochi d’artificio, dopo l’annuncio del presidente americano. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha accolto con favore la svolta: «Accolgo con favore l’annuncio di un accordo per garantire un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi a Gaza, sulla base della proposta avanzata dal presidente degli Stati Uniti. Elogio gli sforzi diplomatici di Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia nel mediare questa svolta disperatamente necessaria». Guterres ha poi invitato «tutti gli interessati a rispettare pienamente i termini dell’accordo», sottolineando che «tutti gli ostaggi devono essere rilasciati in modo dignitoso» e che «deve essere garantito un cessate il fuoco permanente».
Intanto, sui social, i familiari degli ostaggi hanno diffuso un video di ringraziamento rivolto a Trump: «Il presidente ce l’ha fatta, i nostri cari stanno tornando a casa», affermano alcuni di loro. «Non smetteremo di combattere finché non tornerà l’ultimo dei 48 ostaggi». Se i tempi saranno rispettati, la giornata di oggi potrebbe segnare la fine di una guerra durata quasi un anno, costata decine di migliaia di vittime e un drammatico esodo di civili. Un accordo che, nelle parole dello stesso Trump, «è solo il primo passo verso una pace forte e duratura».
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