2024-05-04
Gli aerei di Putin minacciano l’Alaska
I russi sfilano con un tank Usa catturato in Ucraina (Ansa)
Un bombardiere nucleare sorvola le acque neutrali davanti allo Stato. Berlino denuncia un cyberattacco degli 007 di Mosca. Kiev teme raid a Pasqua: «Meglio evitare le chiese».Dopo il ritiro dal Ciad, Joe Biden perde alcuni hangar dell’installazione Usa in Niger. Washington minimizza: «La situazione è gestibile». Ma intanto Niamey s’è messa a trattare con l’Iran per l’uranio.Lo speciale contiene due articoli.C’è grande preoccupazione a Kiev per gli sviluppi della guerra. Il primo a lanciare continui allarmi è il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. «Siamo di fronte a una nuova fase della guerra», ha avvertito nel suo ultimo intervento. «L’occupante si sta preparando a cercare di espandere le azioni offensive».Il morale non è alto neanche tra le file dell’esercito di Kiev: un alto funzionario militare ha denunciato la grave situazione in cui versa la prima linea. «Le forze russe sono meglio equipaggiate, mentre Kiev è alle prese con la carenza di truppe e munizioni contro un nemico più grande». Un portavoce del comando strategico ucraino nell’Est del paese ha detto che la Russia ha ammassato truppe nella regione di Donetsk nel tentativo di sfondare la linea difensiva ucraina. Infatti, secondo il rappresentante della Direzione principale dell’intelligence del ministero della Difesa ucraino, Vadym Skibitsky, la cattura di Chasiv Yar da parte dell’esercito russo è solo questione di tempo. Lo ha detto in un’intervista all’Economist spiegando che Chasiv Yar può ripetere il destino di Avdiivka, completamente distrutta dai russi. Un ulteriore allarme arriva in vista della Pasqua ortodossa, che in Ucraina si celebra domani 5 maggio. Nella capitale saranno intensificate le misure di sicurezza e le autorità sconsigliano ai cittadini di visitare le chiese durante le celebrazioni pasquali. Sul campo si segnalano nuovi bombardamenti a Kharkiv, che hanno distrutto alcuni condomini. Il bilancio, per il momento, è di una donna morta ma, stando al resoconto del sindaco Igor Terekhov, diverse persone si troverebbero sotto le macerie degli edifici distrutti. Situazione difficile anche a Zaporizhzhia: secondo le autorità ucraine la regione sarebbe stata bombardata 349 volte solo negli ultimi giorni. I russi hanno rivendicato la distruzione di un lanciamissili di difesa aerea e di un deposito petrolifero che riforniva di carburante le truppe ucraine. «Le forze russe continuano a sfondare le roccaforti nemiche lungo tutta la linea di contatto, l’esercito ucraino sta cercando di mantenere alcune linee difensive, ma deve abbandonare le sue posizioni e ritirarsi sotto la nostra pressione», sono le parole di Sergej Shoigu, ministro della Difesa russo. Che sembra aver deciso di alzare il livello delle provocazioni: un suo bombardiere strategico a capacità nucleare, un Tupolev Tu-95, ha sorvolato le acque neutrali davanti l’Alaska, scortato da Sukhoi Su-30. Il dicastero ha precisato di aver rispettato il diritto internazionale; fatto sta che la missione è stata comunque seguita da jet americani. Proseguono anche le denunce di azioni di guerra ibrida condotta dalla Russia. Il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, ha accusato «senza ambiguità» i servizi segreti russi di essere responsabili di un attacco informatico contro membri del Partito socialdemocratico tedesco (Spd) nel 2023. «Ci saranno conseguenze», ha aggiunto, definendolo un cyberattacco «intollerabile» e spiegando che «oggi possiamo dire inequivocabilmente che possiamo attribuire questo attacco informatico a un gruppo chiamato APT28 guidato dai servizi segreti russi». Il dicastero guidato da Baerbock ha convocato l’incaricato d’affari russo ad interim a Berlino, il quale, secondo Mosca, ha «categoricamente respinto le accuse», rimproverando al governo tedesco di aver compiuto «un altro passo ostile volto a incitare sentimenti anti-russi in Germania». L’azione è stata condannata con forza anche dagli Stati Uniti, dall’Unione europea e dalla Nato.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/aerei-putin-minacciano-alaska-2668154247.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="mazzata-per-gli-americani-in-niger-i-russi-entrano-nella-loro-base" data-post-id="2668154247" data-published-at="1714793355" data-use-pagination="False"> Mazzata per gli americani in Niger. I russi entrano nella loro base L’autorevolezza internazionale dell’amministrazione Biden ha subito un nuovo colpo: questa volta in Niger, dove del personale militare russo ha preso possesso di alcuni ambienti appartenenti a una base americana, che ospita ancora oggi soldati di Washington. A riportare la notizia è stata Reuters. Un alto funzionario del Pentagono ha rivelato all’agenzia di stampa che «le forze russe non si stavano mescolando con le truppe statunitensi ma stavano utilizzando un hangar separato presso la Air Base 101». «La situazione non è eccezionale ma è gestibile nel breve termine», ha aggiunto la fonte. Poco dopo, è arrivata la conferma da parte del segretario alla Difesa americano, Lloyd Austin. «La Air Base 101, dove ci sono le nostre forze, è una base aerea nigerina che si trova insieme a un aeroporto internazionale nella capitale. I russi sono in un complesso separato e non hanno accesso alle forze statunitensi o alle nostre attrezzature», ha detto, per poi aggiungere: «In questo momento, non vedo un problema significativo qui in termini di protezione delle nostre forze». La Cnn, dal canto suo, ha riferito che questa paradossale situazione si starebbe trascinando «da almeno diverse settimane». «Stiamo sviluppando le nostre relazioni con vari Stati africani in tutti i settori, compresa la difesa», ha commentato laconicamente il Cremlino. Ricordiamo che in Niger sono attualmente presenti un migliaio di soldati americani: soldati che, come riportato ad aprile dal New York Times, gli Stati Uniti hanno deciso di ritirare «nei prossimi mesi» su input dello stesso Paese africano. Un tempo piuttosto solidi, i rapporti tra Washington e Niamey hanno del resto cominciato a guastarsi dopo il golpe nigerino dello scorso luglio: da allora, il Paese africano si è progressivamente allontanato da Francia e Usa, per inserirsi sempre più nell’orbita russa. In questo quadro, a settembre il Niger ha siglato un patto di sicurezza con Mali e Burkina Faso, infliggendo così uno schiaffo tanto a Parigi quanto al G5 Sahel. Qualche mese dopo, a gennaio, Mosca e Niamey hanno annunciato di voler ampliare le loro relazioni di natura militare. Ma quali sono le implicazioni della presenza russa nella base americana? Innanzitutto si registrano preoccupazioni per il fatto che, pur non essendo tecnicamente in guerra, Stati Uniti e Russia intrattengono al momento dei rapporti particolarmente tesi: Washington sta d’altronde fornendo armamenti all’Ucraina per permetterle di contrastare l’invasione di Mosca. Il timore è che quindi, all’interno o nei pressi della struttura militare, possa verificarsi qualche pericoloso incidente con ricadute internazionali. È comunque improbabile che il Pentagono e il ministero della Difesa russo non abbiano avuto dei contatti (diretti o indiretti) sulla questione della base nigerina. In secondo luogo, questa strana situazione rappresenta un ulteriore schiaffo alla credibilità internazionale di Joe Biden. Aveva promesso che con lui l’America avrebbe fatto il proprio ritorno. E invece, da quando è alla Casa Bianca, Washington ha perso influenza sul Medio Oriente, sull’America Latina e, adesso, anche sul Sahel. Mercoledì, la Cnn ha riportato che gli Usa hanno appena ritirato quasi tutti i 100 soldati che avevano stanziato nel Ciad: una mossa attuata su richiesta dello stesso governo di N’Djamena. Senza poi trascurare che, in Niger, Washington possiede anche un’altra base: la Air Base 201, dove si è recentemente trasferita la maggior parte dei militari statunitensi presenti in loco. Si tratta di una struttura costata agli Usa circa cento milioni di dollari e che, a questo punto, rischia di finire prima o poi in mano russa. Un terzo elemento da considerare riguarda l’Iran. Appena l’altro ieri, Agenzia Nova ha riportato che Teheran starebbe trattando con Niamey per acquistare 300 tonnellate di uranio. E proprio la questione dell’uranio sembrerebbe aver rappresentato una delle ragioni alla radice della rottura tra Usa e Niger. Tutto questo, senza dimenticare che, negli scorsi giorni, l’Iran ha rafforzato i rapporti con controverse potenze nucleari, come Pakistan e Corea del Nord. Era del resto metà aprile, quando il Washington Post riportò che gli ayatollah risulterebbero ormai vicinissimi alla bomba atomica. Teheran, che di Mosca è uno dei principali alleati mediorientali, ha sfruttato la crescente influenza russa sul Sahel per rafforzare la propria longa manus sulla regione. Peccato che, la settimana scorsa, il Dipartimento di Stato americano non abbia smentito che l’amministrazione Biden stia continuando a tenere colloqui indiretti con i khomeinisti per ripristinare il controverso accordo sul nucleare iraniano. Biden si ostina infatti a non ripristinare la politica della «massima pressione», adottata dall’amministrazione Trump, su Teheran. E la stessa Teheran ne sta approfittando, estendendo il proprio network nucleare e il proprio ascendente sul Sahel. E l’Occidente? Per ora, la sua influenza sul Niger è garantita dall’Italia, che è riuscita ultimamente a muoversi in modo più abile di Parigi. Certo, i rischi non mancano. Tuttavia, se a novembre Biden dovesse essere sconfitto e una nuova amministrazione repubblicana volesse cercare di recuperare terreno nel Sahel, il ruolo di Roma potrebbe rivelarsi centrale. Il governo Meloni ha d’altronde confermato l’impegno atlantista e ha dato estrema importanza al continente africano con il Piano Mattei. Un’altra leadership alla Casa Bianca potrebbe decidere di puntare sull’Italia anziché su una Francia in declino.
Novità per i cittadini. Da questo mese stop al telemarketing da numero mobile, mentre il 30 novembre potrebbe arrivare lo stop a molti autovelox non conformi alle normative.
Nicolás Maduro (Getty Images)