
Dopo gli episodi avvenuti al raduno di Rimini, le penne nere hanno scritto un codice di comportamento. Che sa di politically correct. Mentre nelle stazioni di Roma e Milano delinquenti che non dovrebbero neanche essere lì fanno quello che vogliono, si è pensato bene di scrivere un codice di comportamento per gli alpini, per il pericolo che potrebbero rappresentare per gli essere umani di sesso femminile viste le inezie capitate l’anno scorso: inezie tali che alla fine non è stato rilevato assolutamente niente di penalmente rilevante. Chissà se qualcuno ha pensato che, prima o poi, con tanto di penna dritta sul cappello, qualche alpino infoiato non potesse aggirarsi nei dintorni di qualche stazione a toccare le terga di qualche gentil pulzella.In effetti, a pensarci bene, capite l’urgenza di intervenire con tempestività ad arginare una possibile escalation di atti libidinosi, molestie da parte dei berretti pennuti. I quali, in quest’ultimo anno hanno, riempito le cronache di atti di violenza, anche solo verbale, nei confronti delle donne... Ma dove? Ma quando? Ma che denunce ci sono state che ci sono sfuggite? Ma su quali quotidiani, settimanali, radio i televisioni se ne è parlato? Su Telepenna? Su Radioscarpone? Sul «Gazzettino dei ramponi»? Sul settimanale «La picozza»? L’agile libretto si chiama nientepopodimenoché «Manuale di consapevolezza #controlemolestie» accompagnato da relativo manifesto ed elaborato dall’Associazione nazionale alpini con la collaborazione di due esperti. Tutto, lo ripetiamo, a partire certamente dalle molestie - per le quali la pm ha chiesto l’archiviazione - che si sarebbero perpetrate nell’adunata degli alpini di Rimini dell’anno scorso.Per carità, se qualche alpino fa il cretino, molesta o offende una donna - a maggior ragione perché è un alpino e cioè un servitore dello Stato -la deve pagare. Ma per quale motivo ci sia bisogno di un manuale di comportamento, francamente ci sfugge. Anzi, getta un’ombra politically correct su un corpo dell’esercito che nella communis opinio, volgarmente detta immaginario collettivo, non associa certo gli alpini a questo tipo di comportamenti. Il che non esclude che anche tra di loro ci sia qualche deficiente, ma veramente ci sono elementi tali da ritenere di dover elaborare un manuale di comportamento? Ormai sembra che sia in voga - su questi temi - la difesa preventiva. Succede un fatto, non viene rilevato nulla di penale, si archivia l’indagine... ma non si sa mai, lisciamo i benpensanti della zona Ztl e facciamo un bel manualino. Così, eventualmente, se qualche alpino si comportasse male, abbiamo il librettino che ci difende. Insomma, intanto mettiamo le nostra terga al sicuro, prima ancora di quelle che potrebbero essere molestate dall’alpino malintenzionato e in preda ad un raptus erotico-montanaro.Delle due l’una: o viviamo noi su un altro pianeta, o ci vive chi ha preso queste iniziative. Non c’è una terza via. E questo per una considerazione elementare. Se un benemerito corpo dell’esercito, sempre elogiato per gli interventi fondamentali nei quali lo sappiamo impegnato soprattutto nei casi di disastri ambientali, e non solo in teatri di guerra, fosse veramente infestato di militari che adottano normalmente atteggiamenti di questo tipo, secondo voi, nel nostro tempo, non sarebbe emerso? Gli organi di informazione non avrebbero sollevato lo scandalo con inchieste e approfondimenti, come sarebbe stato il caso di fare? O siamo tutti rincoglioniti salvo quelli che hanno parlato di Rimini? Non vogliamo dire che a Rimini non ci siano stati magari comportamenti inopportuni. Ma da lì a sentire l’esigenza di spiegare per scritto a tutti gli alpini come ci si deve comportare in presenza di una o più donne ci pare, francamente, se non incomprensibile, ampiamente esagerato.
Francesco Filini (Ansa)
Parla il deputato che guida il centro studi di Fdi ed è considerato l’ideologo del partito: «Macché, sono solo un militante e il potere mi fa paura. Da Ranucci accuse gravi e infondate. La sinistra aveva militarizzato la Rai».
Francesco Filini, deputato di Fratelli d’Italia, la danno in strepitosa ascesa.
«Faccio politica da oltre trent’anni. Non sono né in ascesa né in discesa. Contribuisco alla causa».
Tra le altre cose, è responsabile del programma di Fratelli d’Italia.
«Giorgia Meloni ha iniziato questa legislatura con un motto: “Non disturbare chi vuole fare”. Il nostro obiettivo era quello di liberare le energie produttive».
Al centro Joseph Shaw
Il filosofo britannico: «Gli islamici vengono usati per silenziare i cristiani nella sfera pubblica, ma non sono loro a chiederlo».
Joseph Shaw è un filosofo cattolico britannico, presidente della Latin Mass Society, realtà nata per tramandare la liturgia della messa tradizionale (pre Vaticano II) in Inghilterra e Galles.
Dottor Shaw, nel Regno Unito alcune persone sono state arrestate per aver pregato fuori dalle cliniche abortive. Crede che stiate diventando un Paese anticristiano?
«Senza dubbio negli ultimi decenni c’è stato un tentativo concertato di escludere le espressioni del cristianesimo dalla sfera pubblica. Un esempio è l’attacco alla vita dei non nati, ma anche il tentativo di soffocare qualsiasi risposta cristiana a tale fenomeno. Questi arresti quasi mai sono legalmente giustificati: in genere le persone vengono rilasciate senza accuse. La polizia va oltre la legge, anche se la stessa legge è già piuttosto draconiana e ingiusta. In realtà, preferiscono evitare che questi temi emergano in un’aula giudiziaria pubblica, e questo è interessante. Ovviamente non si tratta di singoli agenti: la polizia è guidata da varie istituzioni, che forniscono linee guida e altro. Ora siamo nel pieno di un dibattito in Parlamento sull’eutanasia. I sostenitori dicono esplicitamente: “L’opposizione viene tutta dai cristiani, quindi dovrebbe essere ignorata”, come se i cristiani non avessero diritto di parola nel processo democratico. In tutto il Paese c’è la percezione che il cristianesimo sia qualcosa di negativo, da spazzare via. Certo, è solo una parte dell’opinione pubblica, non la maggioranza. Ma è qualcosa che si nota nella classe politica, non universalmente, tra gli attori importanti».
Stephen Miran (Ansa)
L’uomo di Trump alla Fed: «I dazi abbassano il deficit. Se in futuro dovessero incidere sui prezzi, la variazione sarebbe una tantum».
È l’uomo di Donald Trump alla Fed. Lo scorso agosto, il presidente americano lo ha infatti designato come membro del Board of Governors della banca centrale statunitense in sostituzione della dimissionaria Adriana Kugler: una nomina che è stata confermata dal Senato a settembre. Quello di Stephen Miran è d’altronde un nome noto. Fino all’incarico attuale, era stato presidente del Council of Economic Advisors della Casa Bianca e, in tale veste, era stato uno dei principali architetti della politica dei dazi, promossa da Trump.
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