2022-11-08
Adolfo Urso: «È guerra Usa-Cina. Nuovo patto di stabilità»
Adolfo Urso (Imagoeconomica)
Parla il ministro dello Sviluppo economico: «Siamo in piena deglobalizzazione, l’Ue si dia regole adatte per stare al passo. Creeremo una struttura diversa per sanare le lentezze della Pa verso le imprese. Pariteticità con Parigi sullo Spazio».Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del made in Italy, porta con sè - novità di quest’anno - anche la tutela e l’implementazione della filiera dei nostri prodotti. Il ministero si chiamerà d’ora in avanti Mimit. L’ultimo cdm ha conferito deleghe e soprattutto dato il via a un comitato trasversale insieme con gli Esteri con il compito di indirizzare e coordinare le strategie in materia di promozione e internazionalizzazione. Prima di parlare dei Paesi più lontani da noi ci corre l’obbligo di chiedere una valutazione molto più vicina ai confini e alle Alpi.In una intervista rilasciata al Corriere, il titolare dell’Economia francese Bruno Le Maire lancia due sassi nello stagno economico dell’Ue. Primo, il Continente dovrà affrontare una inflazione di lunga durata e indotta dal rientro in patria delle produzioni globalizzate. Secondo, L’Ue non può sopportare la concorrenza dei sussidi Usa oltre che la concorrenza cinese. Che ne pensa?«Il collega francese non ha torto. Siamo consapevoli che in questo momento le nostre due economie stanno affrontando le medesime difficoltà. Il tema è stato affrontato durante il primo incontro Meloni-Macron. La domanda è come affrontare la deglobalizzazione».Come?«A novembre del 2001, mentre gli aerei Usa sorvolavano il Qatar direzione Kabul, nell’Emirato si teneva la Conferenza mondiale che accolse la Cina nel Wto. All’epoca pensavamo che crescita economica e globalizzazione portassero tutela dei diritti e democrazia. Gli eventi più recenti, compreso le immagini dell’ultimo Congresso del Pcc, dimostrano il contrario. Adesso si torna indietro, con la Cina che utilizza e supporta le sue imprese per dominare il mondo e con gli Usa che sussidiano le proprie anche per favorire il reshoring».Quindi, quale risposta ai mega sussidi?«Il patto di stabilità per come è stato studiato si riferisce a un mondo che non esiste più. Va rivisto e ristrutturato per consentire, attraverso maggiore flessibilità e fattibilità, la crescita del Pil e una politica industriale europea che punti anche alla sovranità tecnologica. L’Ue deve darsi un patto di stabilità che consenta di stare al passo con il resto del mondo».E la tecnologia condivisa in Occidente? E le alleanze?«Facciamo chiarezza. Noi siamo italiani, abbiamo fondato l’Europa e siano parte integrante dell’Occidente. Se il nostro interesse nazionale possiamo tutelarlo in casa, bene, altrimenti facciamolo in Europa e comunque all’interno dell’Occidente, ben consapevoli che una cosa sono gli alleati e altra cosa i partner».Un esempio?«Gli americani sono alleati, come lo sono gli australiani o gli inglesi perché con loro condividiamo gli stessi valori. I cinesi sono dei partner così come altri Paesi che non rispondono ai criteri delle democrazie occidentali. Quindi è chiaro che lo sviluppo dell’Europa debba puntare sulla autonomia strategica in campo energetico, della Difesa, tecnologico e digitale, dove siamo purtroppo molto indietro. In questo perimetro è costantemente auspicabile che si affermino “campioni europei”, alcuni saranno a matrice italiana, in altri potremo partecipare, mi auguro sempre con piena reciprocità; noi siamo aperti ad ogni forma di collaborazione nella logica del win-win».A breve incontrerà a Parigi il ministro Le Maire. Il tema sarà lo spazio. Parteciperà lei alla ministeriale Esa?«Credo, prima ci sentiremo al telefono e poi il 22 e 23 prossimi ci troveremo per affrontare i dossier dello Spazio». Amore e odio tra italiani e francesi. Tanti business e tante frizioni...«Deve prendere in considerazione quanto si diceva prima. Quando gli interessi italiani non si sostengono da sé, bisogna guardare con le lenti europee. I rapporti con Parigi nel mercato spaziale sono caratterizzati da interessi congiunti ma talvolta possono anche essere divergenti. Il nostro obiettivo è trovate un punto di caduta che stimoli competizione ma anche sinergia. Il modello che abbiamo in mente è quello di STMicrolectronics, una azienda italo-francese che funziona nell’interesse reciproco; comunque, al vertice Esa ci sarà anche una serie di bilaterali con i nostri principali partner non solo europei».Affronterete altri temi industriali?«Intendo che sarà anche l’occasione per allargare le vedute e trasmettere la nostra filosofia di fondo».Quale?«Se vogliamo evitare la recessione e una sorta di desertificazione industriale sarà necessario riportare le scelte economiche sul binario della sostenibilità. E mi riferisco al fatto che se la transizione dell’auto elettrica è troppo brusca, perderemo in Ue qualcosa come 600.000 posti di lavoro. Invece dovremmo ragionare in altro modo. Incentivare la filiera delle batterie elettriche, quella dei microchip, stimolare e non subire le scelte industriali. Ma anche in questo caso, visto le sfide e il consolidamento del mercato, i singoli Paesi non possono fare da sé».Fino ad ora però abbiamo parlato di interessi europei. Quelli italiani?«Gli interessi italiani si difendono prima in Europa, laddove tra l’altro si definiscono le regole. Noi abbiamo interi comparti che esprimono unicità, spesso sinonimo di eccellenza. Mi riferisco al calzaturiero, il mobile, l’agroalimentare, oltre a settori strategici come la Difesa, lo Spazio e certamente anche la siderurgia».Il mondo però sta tirando su barriere e se le aziende sono piccole come possono concorrere?«Dal canto nostro nel breve termine siamo consapevoli che come c’è stato soccorso per le aziende energivore dovrà essercene anche per chi è colpito dalle sanzioni. Siamo pronti a studiare misure compensative con incentivi, anche fiscali, specifici e promozioni e percorsi dedicati a nuovi mercati. Inoltre, c’è un tema di burocrazia e di assistenza all’impresa».Un tema vecchio come lo Stato. La novità?«Abbiamo realizzato come primo atto il “Difensore civico delle imprese”».Di che si tratta?«Il ministero potrà avocare a sé poteri di altre amministrazioni ove esse fossero inadempienti nel rilascio delle autorizzazioni. Grazie a una modifica sostanziale della norma contenuta nel decreto Aiuti, ampliando il potere sostitutivo del Mimit in caso di inerzia della Pa nei procedimenti relativi a investimenti rilevanti per il sistema produttivo nazionale e prevedendo un’apposita struttura di supporto e tutela dei diritti delle imprese, credo che riusciremo a mandare un messaggio di fondo. L’impresa viene prima e chi vuole fare va lasciato fare».Si è parlato di trivelle, ma l’Italia ha anche anche materie prime. Si apre una stagione mineraria?«Se utile, l’opzione va presa in considerazione soprattutto per i minerali preziosi indispensabili nella transizione digitale ed ecologica. Ma va preso soprattutto in considerazione un nuovo approccio all’Africa. Dove l’Italia ha già imprese apprezzate per le loro capacità di creare sviluppo sul modello dell’Eni di Mattei e nel contempo, una forte presenza militare, di cooperazione e, soprattutto di aiuto legato anche al mondo della Chiesa Cattolica».A proposito di cooperazione. Oggi il 70% dei fondi viene erogato tramite canali multilaterali che Roma non controlla. Solo il 30% è frutto di rapporti bilaterali. Le pare ancora opportuno?«Per anni abbiamo preferito delegare le responsabilità. Adesso no. Dobbiamo assumerci responsabilità e scegliere canali che siano congrui anche con il nostro interesse sovrano».
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