
In questi giorni di caos, risulta difficile capire che cosa stia facendo il governo per proteggere i confini dell'Italia, a Nord come a Sud. Ieri, nella provincia di Trieste, sono arrivati i primi cento militari dell'Esercito che si occuperanno di controllare la frontiera. «Le prime pattuglie», informava l'Ansa, «sono schierate nei pressi del valico di Fernetti al confine con la Slovenia ed effettuano controlli fermando le auto in transito per controllare l'autocertificazione». Questo a Nordest. Poi c'è il Sud, dove continuano a sbarcare migranti. Solo a Lampedusa sono arrivate negli ultimi giorni circa 150 persone. Ieri, la Ong Mediterranea ha annunciato di aver sospeso l'attività: «Lo svilupparsi della pandemia e le sacrosante misure adottate per tentare il contenimento del contagio ci impongono di congelare l'attività operativa in mare», hanno detto i responsabili. Una scelta saggia, una volta tanto. Altre Ong, però, non sono dello stesso avviso: «Stiamo cercando di capire in che modo poter tornare in mare in sicurezza per tutti», ha detto a Repubblica la portavoce di Open Arms, Veronica Alfonsi. Il risultato è che, nel pieno dell'emergenza sanitaria, chi governa il territorio deve pensare anche alla questione migratoria. Come Massimiliano Fedriga, presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia.
Fedriga, che succede sul confine con la Slovenia? È chiuso?
«Non sono state chiuse le frontiere. Sono stati inviati 100 militari per il controllo dei confini al fine di non permettere ingressi illegali su territorio nazionale».
Come siete riusciti a ottenere questo risultato?
«Avevo chiesto un mese fa circa al governo di attivare il protocollo, già in atto per gli sbarchi sulle coste italiane, al fine di mettere in quarantena automatica chi entra irregolarmente, nel caso non si riuscisse a respingere direttamente alla frontiera. Chi viene a lavorare come frontaliere si può muovere come tutti i cittadini. Chi invece viene qui pensando di fare una passeggiata non può. Anche a quello serviranno i controlli sul confine».
Ma possono bastare le misure prese finora? Oppure pensa che serva altro?
«Servirebbe una seria opera di carattere europeo. Non è accettabile che un territorio come quello del Friuli-Venezia Giulia, che non è confine europeo, sia soggetto ad entrare irregolari di persone che transitano da altri Paesi Ue. Ci dicevano che era impossibile controllare le frontiere europee, oggi invece, per il coronavirus, si scopre che le frontiere si possono chiudere e controllare. Significa che a qualcuno faceva comodo fare entrare immigrati irregolari e consapevolmente non si voleva fermare il flusso».
Ieri alcune Ong hanno fatto sapere che interromperanno l'attività di recupero nel Mediterraneo. Ci chiediamo: ma a fermarle non poteva pensarci il governo?
«Io penso che bisognerebbe tornare alla politica attuata da Matteo Salvini quando era ministro. Serve il blocco totale delle Ong».
Ci sono i migranti in arrivo. Ma ci sono anche quelli che sono già qui, e che in questi giorni abbiamo visto muoversi per le città come se niente fosse, facendo anche gruppo nonostante l'emergenza. Come ci si deve comportare al riguardo?
«Bisogna impedirne la circolazione, come per tutti i cittadini. Per i migranti le multe non funzionano, tanto non le pagano. Bisogna prevedere che chi non rispetta le disposizioni perda qualsiasi diritto di chiedere la protezione e, al contempo, sanzionare anche le realtà che li accolgono e non li controllano».
A Milano e nella provincia di Monza e Brianza ci sono stati i primi contagi nei centri di accoglienza. Teme che succeda anche altrove?
«Tutti i posti in cui non sono garantite le regole del dpcm possono diventare pericolosi».
Viene da pensare che forse servirebbe o, meglio, sarebbe servito già settimane fa, un piano nazionale per la gestione del fenomeno migratorio in tutte le sue forme almeno durante l'emergenza. Ma il governo sembra tacere a riguardo.
«Stanno utilizzando il metodo del silenzio. Continuano gli sbarchi ma non ne parlano. E che avvengano in un momento di emergenza sanitaria è irresponsabile».
A proposito di emergenza. Come stanno andando le cose nella vostra Regione?
«I dati di questo momento ci dicono che siamo a 394 contagi, 128 ospedalizzati di cui 29 in terapia intensiva e 31 persone decedute. Siamo riusciti a resistere più degli altri perché siamo stata l'unica Regione che aveva iniziato misure restrittive e di contenimento ancor prima di avere il primo contagiato. Però questo ad oggi. Purtroppo la facilità con cui il virus si propaga è preoccupate, quindi per i prossimi giorni siamo molto preoccupati».
Che cosa vi serve nell'immediato?
«Servono al più presto attrezzature, come ad esempio ventilatori per creare nuove terapie intensive, poi servono mascherine e tutti i dispositivi di protezione individuale. Inoltre servono misure più stringenti sulla mobilità delle persone».
Ha mai pensato di nominare una sorta di commissario, come ha fatto la Lombardia con Guido Bertolaso?
«Abbiamo un'unità di crisi molto strutturata. Con il nostro sistema sanitario e la protezione civile. Abbiamo un team scientifico. Tutto coordinato da me e dal vicepresidente con delega a sanità e protezione civile».
E sulle questioni economiche? Basta il nuovo decreto?
«No, il mio auspicio è che sia solo un primo piccolo passo. Spero che verrà corretto perché ha diverse criticità. Come ordine di grandezza delle risorse economiche impiegate, credo siano - come minimo - non più di un decimo di quelle che servirebbero».






