2023-11-02
Addio a Mario Coen Belinfanti, dalla Rsi a Evola con un cognome ingombrante
True
Mario Coen Belinfanti (Fondazione Julius Evola)
È morto qualche giorno fa lo storico esponente della destra capitolina: un percorso dal fascismo all’amicizia con il filosofo tradizionalista.In questi giorni in cui si torna a parlare di antisemitismo, spesso con toni e argomenti in cui l’invettiva prende il posto dell’analisi, ricordare parabole individuali che ci mostrano la complessità del reale può essere un salutare bagno di lucidità. L’occasione per un esercizio di questo genere ce la fornisce un triste fatto di cronaca culturale, seppur marginale rispetto alla narrazione culturale dominante: la scomparsa, avvenuta pochi giorni fa, di Mario Coen Belinfanti. Il suo nome dirà poco alla maggior parte dei lettori. Qualche lampadina in più si accenderà al nome di una persona a cui Coen Belinfanti fu particolarmente vicina, fino agli ultimissimi giorni di vita: Julius Evola.Nato a Firenze l’8 luglio 1925, Mario era figlio di Alberto Coen Belinfanti fotografo e disegnatore, consulente del ministero della Guerra. Pur convertito al cattolicesimo, l’uomo – il cui cognome testimonia le chiare origini ebraiche – era tuttavia stato licenziato dal ministero in seguito alle leggi razziali del 1938. Ciò non impedirà comunque al figlio Mario di arruolarsi, appena diciottenne, nella Rsi. «Scelta maturata di slancio», ricostruisce Gloria Sabatini sul Secolo d’Italia, “dopo l’8 settembre, proprio nel giorno della fuga del re quando, affacciato con il binocolo dal terrazzo della sua abitazione nel quartiere Delle Vittorie, vide la bandiera tricolore ammainata sul pennone del Quirinale”.Nel dopoguerra, Coen Belinfanti divenne segretario della sezione delle Vittorie del Movimento Sociale Italiano, a Roma. Negli anni Sessanta l’incontro cruciale con il pensatore tradizionalista. La Fondazione Julius Evola, che Coen Belinfanti contribuì a creare, ricorda: «Mario Coen Belinfanti conobbe Julius Evola, come molti già allora, prima attraverso i suoi scritti e soltanto in seguito personalmente, grazie alla mediazione di Armando Degni. Ebbe così modo di frequentare Evola per un ventennio circa, dagli anni Cinquanta sino alla morte del filosofo e quindi come pochi altri gli fu vicino, dandocene spesso un ritratto dettagliato e vivace lontano da facili idolatrie e servilismi di maniera».Interessanti, in alcuni punti commoventi e in altre divertenti, sono le memorie con cui Coen Belinfanti ha descritto gli ultimi mesi di Evola, prima della morte avvenuta l’11 giugno 1974. Descrivendo un collasso avuto dal pensatore qualche settimana prima, nel marzo-aprile 1974, e che aveva richiesto un ricovero d’urgenza del filosofo al San Camillo, Belinfanti ricorda che, al suo risveglio, Evola non fu affatto contento di trovarsi nel nosocomio. Dove del resto, egli era un paziente come tutti gli altri e gli infermieri si prendevano confidenze decisamente poco gradite dall’intellettuale. Venne quindi portato in una clinica privata, Villa Betania sull’Aurelia Antica. Anche da qui, però, Evola chiese di essere portato a casa. Cosa in quel momento impossibile per via delle sue condizioni. Per non deludere il maestro, ma al contempo per preservarne la salute, Belinfanti si inventò allora una scusa: uno «sciopero delle ambulanze» che rendeva impossibile il trasferimento. «E questo sarebbe il mondo tecnologico!», commentò serafico Evola.Alla fine, Evola riuscì comunque a tornare a casa. Qui Belinfanti gli fece visita. Il filosofo era ormai quasi del tutto privo di forze. Ma a un certo punto, ricorda il suo sodale, «ci chiese una cosa che ci parve subito come difficile da realizzare. Vestitemi e portatemi alla scrivania. Non so come ma ci riuscimmo e sostenuto lo portammo alla scrivania. La finestra della sua camera era aperta e dalla medesima si scorge il Fontanone del Gianicolo. In piedi, appoggiato al tavolo e sostenuto da me, restò qualche momento fissando il Gianicolo, poi mi chiese di essere nuovamente adagiato sul letto. Confesso che tutta questa manovra ci restò incomprensibile».Prima di andare via, avendo notato che Evola rifiutava il cibo, Coen Belinfanti gli disse: «"Professore non si abbandoni così. Abbiamo ancora bisogno di lei. Non dimenticherò mai il suo sorriso disarmante al quale aggiunse come commiato questa frase: ‘Non si preoccupi. Avremo ancora occasione di vederci e continueremo insieme le conversazioni sui temi che tanto ci interessano…". Non compresi che quello era un addio ed era un appuntamento nel futuro». Due giorni dopo, Evola morì.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)