2025-01-19
Ad Agrigento prima viene l'inclusività poi le buche
La capitale della cultura si è fatta notare per i manifesti pro migranti. Nessuno aveva pensato al manto stradale, però, rifatto in fretta e furia al costo di mezzo milione.Quest’anno è toccato ad Agrigento l’onere e l’onore di essere la capitale italiana della cultura: un titolo prestigioso che avrà sicuramente inorgoglito gli abitanti della bella città siciliana, famosa in tutto il mondo per la sua suggestiva Valle dei templi. Peccato solo che questa felice circostanza sia stata subito strumentalizzata per fini palesemente ideologici. L’antifona, del resto, si era capita già diversi giorni fa, quando erano stati diffusi sui social lo slogan e i manifesti celebrativi dell’evento. Il motto «Lasciati abbracciare dalla cultura», infatti, era accompagnato da una serie di fotomontaggi con vari personaggi abbracciati, per l’appunto, a statue dell’antica Magna Grecia: tra i soggetti ritratti (una donna, un bambino ecc.), campeggiava anche un omone barbuto dagli evidenti tratti somatici subsahariani. Un chiaro ammiccamento alle tematiche multietniche tanto care all’immigrazionismo militante di casa nostra.Quello che era solo un dubbio, però, si è trasformato in granitica certezza nella giornata di ieri, allorché Sergio Mattarella è giunto in città per inaugurare Agrigento capitale della cultura 2025. Nel suo discorso, in effetti, il presidente della Repubblica ha insistito con grande enfasi sulla «pluralità» e «diversità» della nostra cultura: tutti termini che attingono a un vocabolario ben noto e ideologicamente orientato. Non a caso, la concione di Mattarella ha raggiunto il suo apice quando il capo dello Stato ha salutato i cittadini lampedusani (l’isola è in provincia di Agrigento) come l’«avanguardia della civiltà europea». Per non farsi mancare nulla, inoltre, Mattarella è stato accolto - sotto la pioggia battente - da un nutrito gruppo di bambini, che lo hanno salutato con una selva di bandiere tricolori. In questa scena tanto artefatta, a pensarci bene, il tricolore era davvero l’unico elemento che poteva convincerci di essere ad Agrigento anziché a Pyongyang. Naturalmente non è né la prima né l’ultima volta che un presidente della Repubblica viene ricevuto in pompa magna da qualche città italiana, che per l’occasione sceglie di mettersi la livrea per far bella figura. Quello che invece sorprende è il modo in cui questa visita è stata preparata. E cioè in fretta e furia, senza alcun riguardo per chicchessia. Tanto per cominciare, il centro urbano è stato completamente blindato senza grande preavviso, causando diversi disagi ai cittadini. A sole 48 ore dall’evento, il Comune di Agrigento ha emesso un’ordinanza - peraltro suscettibile di modifiche dell’ultima ora - che ha totalmente rivoluzionato la viabilità: sono stati inseriti numerosi divieti di sosta con rimozione forzata e blocchi alla circolazione in diverse zone della città. Nell’elenco delle vie interessate dai divieti di sosta, figurano tra le altre via Petrarca, via Manzoni, piazza Pirandello, piazza Marconi e via Empedocle. Per quanto riguarda il blocco del traffico, invece, sono state blindate importanti arterie cittadine come via Crispi e via Garibaldi, senza contare la sospensione - il giorno prima della cerimonia - del mercato di piazza Ugo La Malfa. Insomma, il centro è stato di fatto paralizzato dalle ore 9 di venerdì 17 gennaio fino alle 15 di sabato 18.Ma non è finita qui: in soli due giorni (quelli antecedenti all’arrivo di Mattarella), il Comune ha stanziato la bellezza di mezzo milione di euro per potare gli alberi e rifare il manto stradale (pieno di buche), ma solo nel percorso su cui è transitata l’auto presidenziale. Neanche a dirlo, la presenza massiccia degli operai ha provocato ulteriori disagi alla circolazione. In questa confusione, a stupire è soprattutto il fatto che la giunta agrigentina non abbia pensato - con buon anticipo - a rimettere in sesto una città eletta capitale della cultura, ma si sia limita a piccoli interventi mirati unicamente per compiacere l’inquilino del Colle. E questo non è certo un buon inizio.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)