2021-02-05
Accusa di molestie nell’albergo di Roma. Nei guai Creazzo e la presunta vittima
Procedimento disciplinare al Csm per il procuratore di Firenze, rischia anche la pm di Palermo. L'episodio risale a sei anni fa.I renziani avevano provato ad affondarlo, come risulta dalle intercettazioni del trojan di Luca Palamara. Volevano «mettere paura» al procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo, colpevole di aver fatto arrestare i genitori di Matteo Renzi, per allontanarlo dalla Toscana. L'arma, che si è rivelata a salve, avrebbe dovuto essere un esposto presentato contro di lui a Genova. Ma in quelle serate all'hotel Champagne Palamara non confessò ai suoi interlocutori le confidenze che aveva raccolto da Alessia Sinatra, già vicepresidente dell'Anm e pm alla Procura antimafia di Palermo. Quelle accuse scivolosissime avrebbero dovuto rimanere un segreto. Neppure la pm che oggi accusa di violenza il collega scelse di affidarsi alla giustizia che è chiamata ad amministrare, ma ha preferito tacere (sostiene di non aver presentato una querela «per tutelare l'istituzione»). La storia però è emersa dalle chat trovate nel cellulare di Palamara e con colpevole ritardo la storia rischia adesso di affondare il procuratore inviso ai renziani, proprio mentre si attende l'esito del suo ricorso al Tar per la nomina a procuratore di Roma (il Csm ha scelto al suo posto Michele Prestipino), ma anche della sua candidatura a procuratore generale di Catanzaro, dove sembra essere in pole.Si tratta di giustizia a orologeria, come direbbero i renziani? Al momento è difficile stabilirlo. Si sa solo che la situazione si sta ingarbugliando parecchio e che non si capisce proprio dove stia la verità. Creazzo è già stato ascoltato dalla Procura generale della Cassazione, dove ha respinto tutte le accuse, ed è stato rinviato a giudizio davanti alla sezione disciplinare del Csm. Adesso sarà difeso dal procuratore di Siena Salvatore Vitello.La Procura generale della Cassazione ha preso in mano la chat, ha convocato la pm palermitana a settembre, le ha chiesto perché parlava di un «porco» e perché invitava l'allora potente Palamara a non promuoverlo procuratore di Roma. «Sono disposta a tutto», scrisse in chat, ricordando a Palamara anche, testuali parole, «sai che lo faccio».Lei racconta tutto. La violenza subita, tuttora e senza incertezze la definisce così, in un corridoio di un albergo di Roma, l'hotel Isa di via Cicerone, quando lei e Creazzo erano lì nel 2015 per un convegno. Racconta di averne parlato subito con persone amiche. Ne indica i nomi. Palamara, anche lui di Unicost, era tra queste. Lo stratega delle nomine ha affrontato la questione nel suo libro: «Io stesso, devo ammetterlo, non ho denunciato né spinto la collega a farlo. Una cosa però, dopo le pressioni della Sinatra, mi è chiara: Creazzo è bruciato, non si può puntare su un nuovo procuratore di Roma che, a torto o a ragione, se nominato sarebbe stato coinvolto in una vicenda di molestie». La Procura generale della Cassazione la questione disciplinare ieri l'ha spiegata ufficialmente: «Il 2 dicembre 2020 la Procura generale ha esercitato l'azione disciplinare nei confronti del dottor Creazzo a seguito delle accuse specificamente a lui rivolte dalla dottoressa Sinatra in sede di interrogatorio disciplinare, sottoposte a verifica attraverso attività di indagine. Il 25 gennaio 2021 è stato chiesto il giudizio al Csm, la cui Sezione disciplinare potrà valutare le deduzioni addotte dal magistrato a sua discolpa».Ma il procuratore generale Giovanni Salvi ha anche dovuto precisare che «non corrisponde a verità che per i fatti suddetti non vi sia stata iniziativa o che non siano stati ascoltati i testimoni», smentendo ciò che Sinatra ha dichiarato ai giornali: «Scopro che la Procura generale ha deciso di mettermi sotto procedimento disciplinare senza neanche ascoltare i testimoni che avevo indicato». La questione, insomma, non è indenne da evidenti contraddizioni.E ancora Salvi ha spiegato che quello stesso 25 gennaio, «è stato chiesto il giudizio, separatamente, anche della dottoressa Sinatra, non certo per avere denunciato i fatti, come asseritosi». La contestazione, ricostruisce la Procura generale della Cassazione, «è infatti relativa all'uso improprio di quei fatti, al fine di ricercare una privata giustizia, come dalla stessa dottoressa rappresentato».In uno dei messaggi inviati a Palamara, infatti, Sinatra scrive: «Giurami che il porco cade subito». E ancora: «Il mio gruppo non lo deve votare».«Valuterà la Sezione disciplinare», ammonisce Salvi, «se ciò costituisca condotta scorretta e se, in tal caso, essa possa considerarsi giustificata dagli aspetti personali coinvolti». E neanche le dichiarazioni del difensore della Sinatra, l'avvocato ed ex consigliere del Csm Mario Serio, hanno aiutato a sbrogliare la matassa: il procedimento al procuratore di Firenze «era un atto dovuto a seguito della denuncia circostanziata della mia assistita». Quindi una denuncia c'è stata? Sinatra, però, ha dichiarato ai giornali che «per tutelare l'istituzione» non ha presentato una denuncia. L'avvocato dà alla questione questa personale lettura: «La Procura generale sembra considerare che la partita possa ritenersi chiusa in pareggio con due distinte incolpazioni». «Amareggia», afferma l'avvocato, «che si dica che la dottoressa Sinatra abbia inteso perpetrare una sorta di giustizia privata». Ma il difensore anticipa anche una mossa: «Chiederemo l'ammissione di un teste fondamentale che era stato citato dalla Procura generale e poi mai sentito». E qual testimone ha tutta l'aria di essere Palamara. Che rilancia: «Stupisce che io non sia mai stato ascoltato». Sinatra, però, dal canto suo, commenta in modo amaro: «Avrei preferito non essere creduta, piuttosto che si ipotizzasse che possa avere utilizzato quell'episodio per alterare le istituzioni».
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.