2024-05-20
A nozze con lo straniero. Così i matrimoni misti stanno cambiando l’Italia
Aumentano le unioni con almeno un componente non originario del Belpaese. I maschi impalmano rumene, ucraine e russe. Le femmine scelgono marocchini e albanesi.«I figli rapiti non sono casi rari». L’avvocato Luca Zita: «Ad agire sono quasi sempre musulmani che tornano con la loro prole nei Paesi d’origine. Là il padre ha potestà assoluta: un divario culturale sottovalutato».Sui coniugi islamici la Chiesa ha ribaltato l’approccio di Camillo Ruini. Nel 2005 la Cei sottolineava «la fragilità» di quei rapporti e i rischi che correvano le donne cristiane. Nel 2016, invece, l’«Amoris Laetitia» di Francesco parla addirittura di «luogo privilegiato di dialogo».Lo speciale comprende tre articoli.Cresce il numero dei matrimoni in Italia e questo grazie anche, e soprattutto, al boom di quelli in cui almeno uno sposo è straniero. E sono numeri record anche per quanto riguarda le unioni civili tra gay. La fotografia che rilascia annualmente l’Istat sullo stato di salute dei matrimoni in Italia può apparentemente lasciare ben sperare per quanto riguarda la stabilità delle unioni ma solo se si guardano i dati anno su anno. Leggendoli in filigrana e con una profondità temporale di almeno una quarantina d’anni, infatti, l’Istat certifica quello che tutti constatano con i propri occhi: ci si sposa meno, sempre più tardi, preferibilmente con rito civile e non più con quello religioso.Secondo i dati dell’Istituto italiano di statistica, nel 2022 (ultimo anno di rilevazione complessiva) sono stati celebrati in Italia 189.140 matrimoni, il 4,8% in più rispetto al 2021 e il 2,7% in più in confronto al 2019, anno precedente la crisi pandemica (durante la quale molte coppie hanno rinviato le nozze). I matrimoni religiosi, pressoché stabili rispetto al 2021 (-0,5%), diminuiscono sensibilmente (-5,6%), però, rispetto al periodo pre-pandemico. A trainare le nozze nel Bel Paese sono soprattutto i matrimoni tra italiani e stranieri: nel 2022 sono state celebrate 29.574 nozze con almeno uno sposo straniero (il 15,6% del totale dei matrimoni), in aumento del 21,3% rispetto all’anno precedente. In particolare, poi, i matrimoni misti (in cui uno sposo è italiano e l’altro straniero) ammontano a 20.678 e continuano a rappresentare la parte più consistente dei matrimoni con almeno uno sposo straniero (69,9%). Quasi i tre quarti dei matrimoni misti riguardano coppie con sposo italiano e sposa straniera (15.138, l’8% delle celebrazioni a livello nazionale nel 2022). Le donne italiane che hanno scelto un partner straniero sono 5.540, il 2,9% del totale delle spose. Sorprende, ma fino a un certo punto, la nazionalità dei partner: nel 2022 gli uomini italiani hanno sposato una cittadina rumena nel 18,9% dei casi, ucraina nel 10,2% e russa nel 6,9%. Le donne italiane hanno contratto matrimonio più frequentemente con uno sposo di cittadinanza marocchina (12,6%) o albanese (8,5%). Tra i matrimoni misti, oltre uno su dieci, inoltre, coinvolge uno sposo italiano per acquisizione; se consideriamo i matrimoni misti tra sposa italiana e sposo straniero, in più di uno su quattro la sposa italiana è di origine straniera. Una quota che era molto contenuta sino a una decina di anni fa. Se, anno su anno, il numero di nozze celebrate mostra un incremento, a livello tendenziale, come detto, la nuzialità è in diminuzione nel nostro Paese da oltre quarant’anni: quella dei primi matrimoni (146.222 quelli celebrati nel 2022, il 77,3% del totale), al netto delle oscillazioni di breve periodo, è strettamente connessa alla progressiva diffusione delle libere unioni. Queste sono più che triplicate tra il biennio 2000-2001 e il biennio 2021-2022 (da circa 440.000 a più di 1.500.000). Negli ultimi decenni, inoltre, «il netto ridimensionamento numerico delle nuove generazioni, dovuto alla bassa fecondità, sta producendo un effetto strutturale negativo sui matrimoni. L’aumento dell’instabilità coniugale contribuisce alla diffusione delle seconde nozze e delle famiglie composte da almeno una persona che abbia vissuto una precedente esperienza matrimoniale, fenomeno che genera nuove tipologie familiari», commentano da Istat. Nel 2022 le seconde (o successive) nozze sono state 42.918, finora il valore più alto mai registrato (la quota sul totale dei matrimoni è del 22,7%). Dunque, spariscono i matrimoni, ci si sposa sempre più tardi (la quota di giovani che resta nella famiglia di origine fino alla soglia dei 35 anni è pari al 61,2%, quasi tre punti percentuali in più in meno di 20 anni) ma anche le chiese come «location» del rito sono divenute minoranza. Nel 2022 il 56,4% dei matrimoni è stato celebrato con rito civile, in continuità con il valore dell’anno precedente (54,1%). La scelta del rito civile va diffondendosi sempre di più anche tra i primi matrimoni (45,1% nel 2022). E c’è un altro aspetto che da otto anni contribuisce a scompaginare i dati sui matrimoni: il 5 giugno 2016 è entrata in vigore la legge che ha introdotto in Italia l’istituto dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. Nel corso del secondo semestre 2016 si costituirono 2.336 unioni civili. «Al boom iniziale ha fatto poi seguito una progressiva stabilizzazione, anche accentuata dalle difficoltà legate al periodo della pandemia». Le 2.813 unioni civili tra omosessuali (in maggior parte uomini: ben 1.594, il 56,7% del totale) costituite presso gli uffici di Stato civile dei Comuni italiani nel 2022 mostrano «un apprezzabile aumento rispetto all’anno precedente (+31,0%) e un sostanziale incremento anche rispetto al 2019 (+22,5%)», certifica l’Istituto. E, considerando i dati provvisori dei primi otto mesi del 2023 (gli unici disponibili al momento per l’anno scorso) la tendenza all’aumento appare confermata: circa il 10% in più del 2022. A fare da calamita, per le unioni omosessuali, sono soprattutto i grandi Comuni: più di un quarto delle unioni si sono costituite in 12 città. In testa Roma (con l’8,6%), seguita da Milano (5,9%).Se in termini numerici l’istituto del matrimonio conferma una crisi, non è lo stesso per il costo della cerimonia e di tutto quello che ci gira attorno. Secondo una recente ricerca di Facile.it, realizzata con mUp Research e Norstat, il budget medio che una coppia deve mettere in conto di spendere è più che raddoppiato nel giro di quarant’anni. Se fino agli anni Ottanta sposarsi con un centinaio di invitati costava mediamente 7.000 euro, ora per lo stesso numero di ospiti si spendono 14.000 euro tra cerimonia, abiti, fiori e partecipazioni. Secondo la ricerca, il 70% delle coppie hanno dovuto chiedere un aiuto economico ai genitori, oppure hanno dovuto chiedere un prestito (soprattutto in Campania, Puglia, Sicilia e Calabria).<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/a-nozze-con-lo-straniero-cosi-i-matrimoni-misti-stanno-cambiando-litalia-2668315078.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="i-figli-rapiti-non-sono-casi-rari" data-post-id="2668315078" data-published-at="1716152411" data-use-pagination="False"> «I figli rapiti non sono casi rari» «Alle ragazze e alle donne italiane consiglio di stare attente: è successo e continua a succedere. Se instaurano certi legami, poi se ne possono pentire amaramente». Luca Zita è un avvocato esperto in diritto della famiglia e dei minori. Negli anni è diventato uno dei massimi esperti per quanto riguarda i casi di minori rapiti dai padri musulmani e portati, contro il volere della madre italiana, nei Paesi d’origine. Nel 2017 riuscì, dopo 5 anni di battaglie legali, a restituire la figlia Emma alla mamma Alice dopo che il padre siriano l’aveva rapita nel dicembre del 2011. Avvocato, quello dei rapimenti di minori è un caso evidentemente limite. Ma non è una rarità. «No, non è una rarità. Accade che il genitore non italiano tenti di portare via dall’Italia il proprio figlio o la propria figlia, senza il consenso della madre. Di solito, anzi quasi sempre, si tratta di uomini che arrivano, e tornano, in Paesi islamici. La mia esperienza dice che queste coppie miste vivono due esperienze diverse: la prima durante gli anni del fidanzamento, dove il comportamento dell’uomo musulmano è esemplare, appare integrato benissimo nella nostra società. Poi tutto cambia dopo il matrimonio e la paternità. Quando nasce una famiglia e un figlio, iniziano i problemi». Quali sono? «La cultura è diversa, c’è in quella islamica una diversa concezione della famiglia, del ruolo della donna e di quello dei figli. Davvero, il divario culturale che c’è tra questi due mondi è enorme. E bisogna tenerne conto quando si vuole instaurare un rapporto di affetto». Nel caso di rapimenti dei minori, che tipo di difficoltà ci sono? «Principalmente, il fatto che gli atti della giustizia italiana rimangono lettera morta. Non c’è alcuna tutela per la madre e per il minore nei Paesi islamici, il padre ha una potestà assoluta. Questa sostanziale impunità assicurata dal proprio Stato di origine viene trasmessa e assorbita anche dal padre musulmano, che può rapire il proprio figlio avendo la certezza di restare sostanzialmente impunito se ritorna a “casa”. È molto difficile ottenere l’applicazione di una misura coercitiva forte. E non è solo la giustizia a essere in difficoltà: per essere efficace, avrebbe bisogno del sostegno della diplomazia. Ma anche su questo fronte, le probabilità di incidere sono molto, molto poche». Lei sta lavorando su casi di minori sottratti dal genitore? «Certo, come detto questi episodi succedono sempre. È una delle conseguenze più difficili da gestire dei cosiddetti matrimoni misti. Ci sono mamme che non vedono il proprio figlio da più di dieci anni. Ribadisco che le coppie devono essere consapevoli del divario culturale che c’è tra noi occidentali e gli islamici. Non dico che il rapimento di un minore avviene quando finisce ogni matrimonio misto, ma avviene più spesso di quanto si possa pensare. Anche se vivono in Italia, i genitori di origine musulmana non intendono aderire al nostro modello di nucleo familiare, disciplinato da leggi che non vengono riconosciute. E da qui nascono i problemi». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/a-nozze-con-lo-straniero-cosi-i-matrimoni-misti-stanno-cambiando-litalia-2668315078.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sui-coniugi-islamici-la-chiesa-ha-ribaltato-lapproccio-di-ruini" data-post-id="2668315078" data-published-at="1716152411" data-use-pagination="False"> Sui coniugi islamici la Chiesa ha ribaltato l’approccio di Ruini Nozze da «sconsigliare» o «luogo privilegiato di dialogo interreligioso»? Sono due tesi diametralmente opposte. Eppure, sono state promosse dalla stessa, millenaria, istituzione: la Chiesa cattolica. Che sui matrimoni misti, in particolare su quelli che coinvolgono cristiani e musulmani, ha cambiato radicalmente approccio negli ultimi anni. Oggi, infatti, prevale la seconda interpretazione, quella di una sostanziale apertura, promossa da papa Francesco con l’esortazione apostolica del 2016 Amoris Laetitia. «I matrimoni con disparità di culto», scrive il Pontefice, «rappresentano un luogo privilegiato di dialogo interreligioso». Certo, comportano «alcune speciali difficoltà sia riguardo alla identità cristiana della famiglia sia all’educazione dei figli». Ma «il numero delle famiglie con disparità di culto sono in crescita ed esigono una cura pastorale differenziata». I vescovi, dunque, sono chiamati a esercitare «un discernimento pastorale commisurato al bene spirituale delle coppie». Per Francesco, dunque, «il bene di due persone è superiore alla norma», sintetizza Avvenire, anche se quest’ultima non può essere cancellata. Rimane in vigore, ma va interpretata nella maniera più elastica possibile. Le diversità, però, sono notevoli. Per il Corano, un uomo musulmano può sposare una «donna del Libro» (cioè cristiana o ebrea) mentre una musulmana non può sposare un «politeista» o un «miscredente», categorie all’interno delle quali sono annoverati anche cristiani ed ebrei. A meno che questi ultimi siano disposti a sottoscrivere la shahada, cioè la dichiarazione di fede islamica, un autentico atto di apostasia della fede cattolica. Serve ricordare, poi, che per l’islam il matrimonio è un rapporto asimmetrico dove all’uomo viene, in maniera unilaterale, riconosciuta una serie di diritti, a partire dalla scelta dell’educazione per i figli. Francesco, con l’apertura del 2016, ha ribaltato l’approccio avuto fino a quel momento dalla Chiesa cattolica e codificato con le indicazioni fornite dalla Conferenza episcopale italiana, pubblicate nel 2005 e sintetizzate dalla presentazione firmata dall’allora presidente della Cei, il cardinale Camillo Ruini: laddove Francesco oggi ribadisce il ruolo centrale dei matrimoni misti per il dialogo interreligioso, Ruini suggeriva «prudenza e fermezza», richiedendo una «riaffermata consapevolezza dell’identità cristiana e della visione cattolica del matrimonio» a fronte del «discernimento» bergogliano. Si tratta di un documento che rappresenta «il punto di arrivo di una ampia riflessione effettuata dal Consiglio episcopale permanente, sulla base di apporti qualificati di teologi pastoralisti, di canonisti e di esperti in ecumenismo e in diritto islamico», si legge ancora nella presentazione del 2005. Questo pool di esperti aveva stabilito che «l’esperienza mostra come sia rilevante, per esempio, la scelta del luogo di residenza della futura coppia e la fondata previsione di restarvi nel futuro: lo stabilirsi in Italia, o comunque in Occidente, offre al vincolo matrimoniale (e alla parte cattolica in particolare) maggiori garanzie, che invece nella maggior parte dei casi vengono meno quando la coppia si trasferisce in un Paese islamico». Da qui la linea di «sconsigliare o comunque non incoraggiare questi matrimoni», secondo una linea di pensiero «significativamente condivisa anche dai musulmani». «La fragilità intrinseca di tali unioni, i delicati problemi concernenti l’esercizio adulto e responsabile della propria fede cattolica da parte del coniuge battezzato e l’educazione religiosa dei figli, nonché la diversa concezione dell’istituto matrimoniale, dei diritti e doveri reciproci dei coniugi, della patria potestà e degli aspetti patrimoniali ed ereditari, la differente visione del ruolo della donna, le interferenze dell’ambiente familiare d’origine, costituiscono elementi che non possono essere sottovalutati dal momento che potrebbero suscitare gravi crisi nella coppia», scriveva la Cei nel 2005. Prudenza e fermezza, oggi, spazzate via dallo «sguardo benevolo e accogliente» di Francesco.
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
content.jwplatform.com
L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)