2022-02-05
«A gennaio 300.000 casi al giorno». Ricciardi canna l’ennesima profezia
Il consigliere di Roberto Speranza poco prima di Capodanno aveva previsto il peggio. Le sue continue sparate non sono solo sbagliate, ma anche gravi perché indirizzano le scelte del governo.Prima di cominciare, premetteteci almeno una toccatina. O di stringere forte un cornetto rosso. Oppure buttare dietro la spalla destra un pugnetto di sale. Pure stavolta, l’abbiamo scampata bella. La profezia di Walter Ricciardi era davvero mefitica. Poco più di un mese fa, il 29 dicembre 2021, decide di salutare il nuovo anno con usuale ottimismo: «Se noi continuiamo di questo passo, avremo avremo 200.000-300.000 casi al giorno. A quel punto, la pressione sul sistema sanitario sarà insostenibile». Bollettino di ieri: meno di 100.000 casi e tasso di positività all’1,2 per cento, dimezzato rispetto a tre settimane fa. Numeri confortanti. Perfino a un altro imperituro catastrofista come Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità, tocca ammettere: «Il segnale di decrescita è evidente». Ricciardi, illustre consigliere del ministero della Salute, resta l’ultimo dei mohicani. Mentre i colleghi più allarmisti, schiacciati dalle evidenze, cominciano ad abbandonare la trincea, lui è sempre in agguato: in collegamento dagli gli studi tv, grasso spalmato sul volto, caricatore pronto. Nell’ultimo mese, a dispetto del generalizzato ottimismo, non ha mai smesso di lanciare granate. Il 14 gennaio scorso rivela: «La situazione negli ospedali è drammatica». E per scansare Omicron, dice una settimana dopo, c’è una sola maniera: «Oltre a vaccinare tutti, bisognerebbe fare i tamponi alla stragrande maggioranza degli italiani e isolare gli infetti. Se ne uscirebbe in otto giorni. È un’operazione che dicono sia impossibile, ma i cinesi per un caso testano dieci milioni di persone». Insomma, la repubblichetta delle mezze misure l’ha un po’ stufato. Bisogna ispirarsi alla Repubblica popolare, laddove il virus nacque. E, quando gli chiedono di commentare le parole di Bill Gates, che annuncia l’arrivo di una pandemia ancor più letale, il consulente ministeriale si schiera al fianco del multimegamiliardario americano: «Quelli che dicono la verità non la dicono perché sono dei menagramo, ma perché vogliono cercare di evitare i problemi. Bill Gates fin qui ci ha sempre preso». Dunque, preparatevi: l’apocalisse è vicina. Mentre gli altri giubilano, lui continua a iettare: «Non possiamo escludere nuove varianti e nuovi virus. Non tornerà tutto come prima. Ci aspetta una lotta costante». Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio. Cornetto rosso. Lancio di sale. Ma Ricciardi non è una virostar qualsiasi. Fin dall’inizio, ha dettato la linea al balbettante Roberto Speranza, che prima di venir nominato ministro della Salute vantava un’unica esperienza amministrativa: la guida dell’assessorato all’Urbanistica di Potenza. Schema rodato: il professore semina terrore, annunciando chiusure e restrizioni. Quasi per vedere l’effetto che fa. Poi arriva Speranza, brandendo le più ferrigne contromisure. Con l’aggravante che Ricciardi non è stato tra i più ciarlieri, ma il più loquace in assoluto. Tanto da guidare il borsino dei televirologi stilato da Mediamonitor, classifica di citazioni e menzioni sugli organi d’informazione. Ricciardi Gualtiero, dunque. Detto Walter. In giovinezza attore nelle sceneggiate di Mario Merola come L’ultimo guappo. Promette, ma decide di darsi alla medicina. Comincia una folgorante carriera universitaria. Fino a diventare ordinario di igiene alla Cattolica di Milano. Attore, dottore e aspirante politico: si candida invano per Scelta civica con Mario Monti. Resta nel giro. È tra i promotori di Azione, il partito di Carlo Calenda, che gli affida «il programma delle dieci azioni per la sanità». Del resto, il curriculum parla chiaro: Ricciardi è l’unico italiano nel board dell’Oms per volontà dell’ex premier, Paolo Gentiloni. Così, diventa anche comandante in capo dei consulenti del dicastero della Salute, per volontà di Speranza. Incarico in cui ha dato certamente il meglio, riesumando tra l’altro quei ruoli melodrammatici interpretati da ragazzo. Un catastrofismo che, negli ultimi due anni, ha permeato ogni mossa del ministro Speranza. Vabbè, quasi. All’inizio, pure Ricciardi brancola. «Le mascherine alle persone sane non servono a niente», assicura appena nominato. Ma è un lampo. Da quel momento, diventa il più impenitente degli iettatori. Ad agosto 2020, per esempio, tenta perfino di far saltare la tornata politica: «Le prossime elezioni, e anche la riapertura delle scuole, possono essere a rischio se la circolazione del virus torna ad aumentare». Salvo poi rettificare maldestramente: «Intendevo negli altri Paesi». A urne chiuse, vista la passione cinefila, dichiara: «Siamo sulla lama del rasoio». Un mese dopo, vira sullo splatter: «Nel rasoio, stiamo subendo le ferite. Per non farci scuoiare, dobbiamo rispettare le misure forti assunte». E quando, la scorsa estate, c’è una timida ripresa dei casi, lui non perde occasione per annunciare imminenti sciagure: «Probabilmente si avrà anche in Italia il numero di contagi del Regno Unito». Ovvero, 50.000 casi al giorno. E invece, che disdetta, le ferie all’italiana filano via senza drammi. A differenza di Inghilterra, Francia e Spagna.Qualche mese dopo, c’ha riprovato: «Arriveremo a 300.000 casi al giorno». Ma non è mica un menagramo, lui. Vuole solo evitarci ulteriori problemi, giura. E noi le crediamo, professore. Ci consenta però un’ulteriore toccatina.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)