2023-11-29
A Gaza la tregua traballa ma regge. Hamas consegna altri 10 ostaggi
Esplosioni e spari nel Nord della Striscia, le due parti si accusano a vicenda di aver rotto il cessate il fuoco. Pressioni americane per non riprendere le ostilità. Guido Crosetto: «L’Italia ha parte importante nelle trattative».Nel quinto giorno di tregua, il primo dei due extra nell’ambito dell’estensione dell’accordo tra Israele e Hamas che prevede l’interruzione dei combattimenti e lo scambio tra ostaggi e prigionieri, qualcosa è andato storto. Violente esplosioni ieri si sono verificate nel Nord della Striscia di Gaza e immediatamente sono scattate accuse e controaccuse su chi per primo ha violato il cessate il fuoco. Da una parte l’esercito israeliano ha denunciato la deflagrazione di tre ordigni: due telecomandati nei pressi dell’ospedale pediatrico Rantisi che hanno colpito due blindati e ferito un soldato; uno fatto esplodere nella postazione di un’unità della Brigata 261 dell’Idf, con i militari costretti a rispondere al fuoco dei miliziani per difendersi, precisando di essere rimasti all’interno della linea concordata per il cessate il fuoco. La versione di Hamas, invece, è totalmente differente: «In seguito a una palese violazione da parte di Israele dell’accordo di cessate il fuoco nel Nord della Striscia di Gaza è avvenuta una frizione tattica», ha comunicato il portavoce del gruppo terrorista, «i nostri combattenti hanno reagito a quella violazione. Noi siamo impegnati al cessate il fuoco fintanto che anche Israele lo sia». Tutto ciò si è verificato mentre si attendeva che il rilascio del gruppo di sequestrati andasse in porto. Nel tardo pomeriggio, intorno alle 17:45, fonti egiziane hanno fatto sapere che Hamas ha cominciato la consegna di 10 ostaggi alla Croce Rossa. Tra questi però non c’era Kfir Bibas, il bimbo di 10 mesi rapito il 7 ottobre insieme al resto della famiglia, papà Yarden, mamma Shiri e il fratello maggiore di 4 anni Ariel, che rimangono dunque ancora prigionieri a Gaza, così come lo sono ancora 8 cittadini americani. Ecco perché la pressione diplomatica statunitense nei confronti di Israele affinché faccia un altro sforzo per allungare la tregua può ancora una volta essere decisiva. Motivo per cui il direttore della Cia William Burns, continuamente in contatto con il capo del Mossad David Barnea, ieri ha fatto ritorno a Doha per incontrare i funzionari del Qatar e il direttore dell’intelligence egiziana Abbas Kamel, per approfondire il dossier che ha come obiettivo l’ampliamento dell’accordo tra Israele e Hamas per una tregua più lunga e che possa coinvolgere il rilascio non solo di donne e bambini, ma anche di uomini e soldati. Secondo la diplomazia egiziana, la possibilità che la tregua venga prorogata di altri due giorni, e quindi fino a venerdì compreso, è reale. Un prolungamento della pausa dai combattimenti è richiesto a gran voce anche dalla Palestina. Ieri Ryad Mansour, ambasciatore all’Onu palestinese, ha detto che «questa tregua deve essere tradotta in un cessate il fuoco umanitario permanente» e che «l’uccisione di uomini, donne e bambini non può e non deve riprendere». Dall’Iran invece, il regime degli ayatollah si è fatto sentire minacciando conseguenze per lo Stato ebraico e per gli Stati Uniti se dovessero riprendere i raid. Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian, oltre ad aver ribadito che Israele dovrà essere processato dalla corte penale internazionale per i crimini commessi a Gaza, ha detto che «il cessate il fuoco temporaneo deve diventare permanente, altrimenti la regione si troverà ad affrontare nuove condizioni» e che «gli americani sanno che il loro sostegno per Israele non avrà per loro benefici».In ogni caso, secondo il quotidiano Haaretz, che cita un funzionario presente a Doha nei colloqui tra Barnea, Burns e il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani, Israele non è disposta a prolungare la tregua oltre domenica 3 dicembre, arrivando così a un totale di dieci giorni. Giorni che, se il filo sottile che al momento tiene in piedi la tregua non si spezza, dovranno essere utilizzati da parte di Israele per massimizzare il numero di ostaggi da far rientrare a casa. Concetto questo espresso chiaramente da Antony Blinken. Il segretario di Stato americano, prima di partecipare alla riunione dei ministri degli Esteri dei Paesi Nato, ha tenuto una conferenza stampa insieme al segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, durante il quale ha detto: «Sono molto felice di vedere gli ostaggi tornare a casa e rientrare per stare con i loro cari. Ma siamo determinati a continuare a fare questo il più a lungo possibile per riportare a casa quante più persone possibile».Intanto dall’Italia, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha fatto sapere come anche il nostro Paese abbia avuto un ruolo determinante nel raggiungimento dell’accordo per la liberazione degli ostaggi: «L’Italia ha avuto una parte importante anche su questa linea. Si è fatta promotrice di un dialogo attraverso il Qatar che portasse alla liberazione degli ostaggi», ha detto il ministro a margine della visita al Palazzo di vetro dell’Onu a New York.A Gaza, seppur con le dovute difficoltà, continuano a giungere gli aiuti umanitari. Gli Stati Uniti, che hanno inviato tre voli militari per consegnare beni di prima necessità alla popolazione della Striscia, hanno fatto sapere attraverso un funzionario della Casa Bianca che dal 21 ottobre sono entrati a Gaza più di 2.000 camion contenenti aiuti. Dalla Turchia ieri mattina è arrivata una delegazione del ministero della Salute di Ankara per stabilire dove e come allestire un ospedale da campo; mentre dall’Oms è arrivata la denuncia secondo cui «a Gaza si rischiano più morti per malattie che per i bombardamenti».
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.