2021-11-18
A 19 anni reclutava spose per i kamikaze dello Stato islamico
Il momento dell'arresto di Bleona Tafallari a Milano (Ansa)
La ragazza, arrestata a Milano, voleva andare a combattere. Nel cellulare foto dell'Isis. I legami con l'attentatore di Vienna.Proponeva potenziali martiri alle amiche minorenni in cerca di marito e nei canali criptati riservati alle donne dei combattenti, come La morale della donna musulmana su Telegram, spargeva il verbo jihadista esaltando lo Stato islamico, invitando all'arruolamento per il Califfato e rilanciando quelli che considerava i successi dei miliziani dell'Isis. Lei stessa, nonostante la giovane età, era pronta a partire. Ieri mattina su ordine del gip di Milano, le squadre antiterrorismo della polizia di Stato, coordinate dal procuratore aggiunto Alberto Nobili e dal pm Leonardo Lesti, l'hanno arrestata in via Padova, nel cuore di uno dei quartieri più multietnici di Milano, dove viveva nell'appartamento del fratello Mirivan. L'accusa: «Terrorismo internazionale». Bleona Tafallari, 19 anni, nata in Kosovo e rientrata a Milano con un volo da Pristina segnalato dall'intelligence, proveniva da Isernia, in Molise, dove ha vissuto prima di realizzare il suo sogno: sposare un mujaheddin salafita e combattere per l'Isis con i Leoni dei Balcani. Da allora, dopo aver scelto per il suo look il niqab, un velo integrale, si era proclamata «al Muhajirah», ovvero la sposa pellegrina. Ma da agosto si era autoreclusa in casa uscendo, in tre mesi, solo due volte: la prima per il vaccino anti Covid e la seconda per una passeggiata. Voleva isolarsi definitivamente dalla realtà occidentale per non farsi «contaminare». Da allora passava le sue giornate sul divano con lo smartphone tra le mani per chattare con le sue sorelle islamiste e con il marito Perparim Veliqi, che vive in Germania e che a sua volta era tra i contatti dell'attentatore di Vienna. A celebrare le nozze, nel gennaio scorso, c'è un famoso imam kosovaro, Nehrudin Skenderi, finito nei guai perché avrebbe cercato di organizzare attentati in concomitanza con le elezioni amministrative. Gli sposini combattenti lo considerano la loro guida spirituale, tanto che lei lo chiama «Wali», maestro. E in una chat con una delle ragazzine che «la manipolatrice», così l'ha definita il pm Nobili, cerca di portare dalla sua parte, afferma di essersi sposata per la causa. Con il marito, però, ogni tanto litiga. Gli investigatori registrano gli screzi, che appaiono diversi da quelli di una semplice coppia: lei, per esempio, vuole a tutti i costi creare un sito web «per far vedere alle persone cosa ci combinano, per far vedere la verità». Lui non è d'accordo, vuole evitare di attirare troppo l'attenzione. Ma lei insiste. Lui le dice che non vuole «litigare» e le ricorda che deve obbedire perché è sua moglie: «Sto praticando la religione da cinque anni e mi sono abituato con i non fedeli di cosa fanno e cosa vedono, quando ti dico una cosa ti devi abituare ad accettarla e a non discutere ogni volta, non mi piace così [...] Accetta e basta». E solo a quel punto, da brava mogliettina islamista velata, accetta: «Va bene...». Ma Bleona il suo contributo al Califfato voleva proprio offrirlo. E allora si sarebbe messa a raccogliere fondi per finanziare la fuga delle «sorelle», mogli dei combattenti, dal campo di prigionia curdo a Raqqa. Gli investigatori hanno rintracciato una chat con una donna nella quale fa riferimento a denaro per «evadere». Ma anche contatti con il capo di una cellula dell'Isis in Kosovo e con i parenti di condannati in Italia per terrorismo internazionale. Bleona si relazionava anche «con persone che esaltano le figure di Osama Bin Laden e di altri sceicchi sunniti», che «invitano all'uccisione dei kuffar (gli infedeli, ndr)», che «diffondono video propagandistici di Daesh e che affrontano questioni religiose secondo i canoni dell'integralismo più massimalista». Tra i contatti c'era la moglie di Arjann Babaj, arrestato a Venezia e condannato in via definitiva per aver fatto parte di una cellula radicalizzata. Nel cellulare, poi, conservava i proclami dell'emiro successore di Al Baghdadi e una registrazione audio in cui lei stessa intonava un «anasheed», il canto islamico per offrire la propria disponibilità al martirio. Poco dopo ha festeggiato con il marito la decapitazione del professore Samuel Paty avvenuta in Francia. «Ehi, hai visto cosa è successo a Parigi? [...] Lezione per tutti gli altri insegnanti». È stata incastrata proprio per quell'archivio pieno zeppo di islamerie estremiste. Al controllo di polizia che le è stato fatale, e dal quale è partito tutto, quando ha sbloccato il cellulare, un agente ha notato una foto in cui si mostrava con il dito indice sollevato, nel tipico gesto del tahwid, che indica che Allah è l'unico Dio. Un particolare che il gip Carlo Ottone De Marchi ha sottolineato nell'ordinanza con cui l'ha privata della libertà. Nel telefono di Belona gli investigatori hanno trovato migliaia di chat. In una ammoniva la sua interlocutrice sull'uso corretto del niqab, che avrebbe dovuto coprire anche le sopracciglia, mentre nella foto che l'amica le aveva inviato era ben visibile quella parte del volto. L'analisi di quelle conversazioni proverebbe, secondo l'accusa, che aveva ormai dedicato la sua vita alla causa. E tra i tanti messaggi ne conservava uno del 13 marzo: «O Allah, dammi di più da questo radicalismo perché l'opposto corromperà solo la verità [...] sulla via di Allah e dei mujaeddin». E proprio su quella pericolosa via ormai si era incamminata.