2022-03-30
Più di 1.500 foreign fighters da Marocco e Tunisia verso il Siraq
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Con gli occhi del mondo rivolti all’invasione russa dell’Ucraina i terroristi dello Stato islamico, di al-Qaeda e delle innumerevoli sigle a loro collegate, sono in grande fermento. Il vento della jihad è tornato a soffiare fortissimo anche in Europa e in Italia dove continuano gli arresti e gli attentati sventati che ormai non fanno più notizia. E quanto accade in Nord Africa è un segnale estremamente preoccupante anche per l’Ue e per il nostro Paese.Non passa giorno che le due principali organizzazioni terroristiche islamiche di matrice sunnita non annuncino sui loro canali di riferimento, attacchi e uccisioni che si verificano in Africa e in particolare nel Mali, Burkina Faso, Nigeria, Mozambico, Repubblica Democratica del Congo, Kenya, Somalia, in tutto il Sahel, nel Sud-est dell’Asia, nel Sinai, in Pakistan senza dimenticare l’Afghanistan dove l’Isis Khorasan oggi è presente in tutte le 34 provincie del Paese e dove colpisce quotidianamente i Talebani e gli sciiti che vengono uccisi nelle moschee prima assaltate e poi fatte esplodere con dei kamikaze. Lo Stato islamico che ha appena nominato il suo nuovo califfo (il terzo), la cui identità potrebbe corrispondere a quella di Juma Awad al-Badrīal-Sāmarrāʾī, ovvero il fratello più anziano del primo califfo dell’Isis Abu Bakr al-Baghdadi al secolo Ibrāhīm Awed Ibrāhīm ʿAlī al-Badrī al-Sāmarrāʾī, sta vincendo lo scontro per la supremazia con al-Qaeda grazie alla capacità di attrarre nuove leve che accorrono tra le fila dell’organizzazione affascinati dalla propaganda tornata incessante. A proposito di questo, i canali di riferimento dell’Isis propongono la traduzione in 22 lingue dei contenuti ufficiali e propagandistici pubblicati, uno sforzo questo mai visto prima e che è in continua espansione.Il vento della jihad è tornato a soffiare fortissimo anche in Europa dove continuano gli arresti anche in Italia, e gli attentati sventati che ormai non fanno più notizia, ma quanto accade in Marocco e Tunisia è un segnale estremamente preoccupante anche per l’Ue e per il nostro Paese. Il Marocco visti gli oltre 1.500 foreign fighters è certamente stato uno dei principali esportatori di combattenti partiti per il «Siraq» e se in passato le autorità hanno chiuso più di un occhio sulle reti di reclutamento in funzione anti-Assad con l’affermazione dello Stato islamico i timori per le possibili conseguenze sul proprio territorio e il rientro dei combattenti in patria ha completamente cambiato l’approccio di Rabat al fenomeno tanto che oggi la risposta è durissima e per questo è stata lodata ad esempio dagli Stati Uniti con i quali i rapporti tra le rispettive agenzie di intelligence sono continui e proficui e lo stesso vale per le agenzie di intelligence europee. A proposito del legame forte con gli Usa, nel luglio 2021 la Direzione generale della sorveglianza territoriale (Dgst) marocchina informò gli Stati Uniti delle attività terroristiche di James Bridges, un soldato americano «che stava tentando di aiutare l'Isis ad attaccare le truppe statunitensi in Medio Oriente».Così grazie al lavoro dell’intelligence marocchina sono stati sventati alcuni attacchi in Francia, in Germania e in Belgio (alcuni con armi chimiche) un Paese dove nelle ultime settimane la Dgst del Marocco ha fornito alle autorità locali informazioni su un cittadino belga di origine marocchina, che incitava e si preparava a commettere «progetti terroristici imminenti». I servizi di sicurezza marocchini hanno identificato il sospetto a seguito di un'indagine in corso e lo hanno arrestato a Tata, nel Sud-Est del Marocco mentre i colleghi belgi hanno fatto lo stesso con il complice che aveva ricevuto una serie di pagamenti dall’uomo arrestato a Tata che serviva come «primo pagamento inviato dal sospetto in Belgio per finanziare l'acquisizione di materiali chimici utilizzati nella produzione di esplosivi». Le indagini hanno mostrato che «il sospetto era anche coinvolto nell'istigazione alla creazione di una cellula terroristica locale per minare la sicurezza del Marocco», tanto che gli approfondimenti hanno provato come «fossero in stato avanzato la pianificazione di attacchi terroristici contro cittadini stranieri, alti funzionari del governo e della sicurezza, nonché quartier generale dell'esercito e della sicurezza». Il sospetto arrestato in Marocco stava anche pianificando di commettere attacchi terroristici contro alcune carceri dove sono detenuti dei terroristi dell’Isis. Importantissima poi la collaborazione tra il Marocco e la Spagna grazie alla quale non si contano più gli arresti ad esempio a Ceuta e Melilla le due exclavi spagnole situate nella costa nord del Marocco dove il vento della jihad soffia più forte che mai. A proposito di carceri da attaccare da settimane è incessante il richiamo nella propaganda jihadista visto quanto accaduto nel gennaio scorso con l’assalto della prigione Al Sinaa di Gweiran, un paio di chilometri a Sud della città di Hassakeh, nel Nord-Est della Siria. Delicatissima la situazione in Tunisia dove da all'indomani delle rivolte della cosiddetta «Primavera araba» del 2011, più di 5.000 tunisini sono partiti per la Siria, l’Iraq e la Libia per combattere. Le autorità tunisine affermano che la cifra è inferiore, circa 3.000, sebbene sia ancora il numero più alto di combattenti stranieri pro capite al mondo. Moltissimi sono deceduti in battaglia un numero imprecisato di combattenti si è sparso sparsi nelle varie «provincie» dell’Isis in Nord Africa e altrove mentre circa un migliaio di foreign fighters sono rientrati nel Paese. Costoro rappresentano una minaccia costante per un paese fragile come la Tunisia dove i Fratelli musulmani continuano ad avvelenare i pozzi della vita sociale, politica ed economica. A proposito di contrasto al terrorismo il ministero dell'Interno tunisino ha dichiarato «di aver smantellato una cellula terroristica legata all’Isis» e in particolare le unità del Dipartimento antiterrorismo della Guardia nazionale tunisina hanno affermato «di essere state in grado di scoprire una cellula chiamata al-Muwahhid collegata a un gruppo estremista che in precedenza aveva giurato fedeltà all'Isis». Una cellula pericolosissima che comprendeva almeno sei uomini «attivi nella regione di Tataouine» che stava pianificando «attacchi con materiali esplosivi», come si legge nella dichiarazione del ministero dell'Interno tunisino. Le forze di sicurezza tunisine dopo i tragici attacchi del 2015, vedi quello al Museo del Bardo di Tunisi (18 marzo 2015) dove morirono 24 persone, tra cui 21 turisti (4 italiani) un agente delle forze dell'ordine e due terroristi, e quello all’hotel Riu Imperial Marhaba di Port El Kantaoui, vicino a Sousse, avvenuto il 26 giugno dello stesso anno, dove vennero trucidate 38 persone oltre a 39 feriti, hanno sventato la maggior parte dei complotti terroristici estremisti negli ultimi anni e sono diventate molto più efficienti nel rispondere alla minaccia. Ultimo episodio lo scorso 6 gennaio quando la polizia tunisina ha sventato un attacco kamikaze pianificato da una donna proveniente dalla Siria «dove aveva ricevuto addestramento per attaccare le aree turistiche del Paese». Mentre scriviamo è arrivata attraverso l’agenzia stampa Amaq la rivendicazione dell'attacco dello scorso 27 marzo ad Hadera, nel centro di Israele, nel quale cui sono rimasti uccisi due agenti di polizia mentre è salito a quattro il numero delle vittime causate dall’attacco sferrato da un uomo nella città di Beersheva (Be’er Sheva), nel Sud di Israele lo scorso 22 marzo. L’aggressore era a sua volta affiliato all’Isis ed è stato identificato in Mohammad Ghaleb Abu al-Qi'an, già noto alle forze dell'ordine per reati legati al terrorismo e che è stato ucciso a colpi di arma da fuoco dal conducente di un autobus che si era fermato a soccorrere una delle vittime. La riposta di Israele di certo non si farà attendere.
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