2024-01-20
Sinistra in tilt, l’idolo Zerocalcare insulta «Repubblica»
Il fumettista Michele Rech, in arte Zerocalcare (Ansa)
Il fumettista se la prende con il quotidiano, colpevole di aver distorto il suo pensiero: basta con il malcostume di inventarvi le frasi.Il rapporto di Zerocalcare con l’ex gruppo l’Espresso definisce quella che si suol dire una «relazione complicata». Ponti d’oro e tappeti rossi, da una parte, insofferenza a malapena trattenuta, dall’altra. Nel 2018, l’allora direttore Marco Damilano gli offrì la copertina del settimanale per un mega spiegone illustrato sull’antifascismo. Anzi, sui «nazisti», come dice il disegnatore (e proprio in quell’occasione spiegava il perché: se li chiami fascisti, in Italia nessuno si indigna, meglio alzare l’asticella). Già nella prima tavola, Zerocalcare esordiva così: «Qualche settimana fa, L’Espresso mi ha chiesto una copertina per un numero in cui si parla di nazisti». Perché non un fumetto intero, aveva proposto lui. E subito dopo aggiungeva: «Magari faccio la copertina e poi scopro che i contenuti mi fanno schifo, che ne so». Insomma, aveva disegnato delle tavole per l’Espresso perché non si fidava di loro. E lo spiegava sull’Espresso, nello stesso numero in cui Damilano lo chiamava «maestro». Col passare degli anni, i rapporti con quel mondo editoriale non sembrano essere migliorati. Ieri, infatti, su Repubblica è apparsa una lunga intervista a Fabio Tonacci in cui Michele Rech - questo il suo vero nome - torna sui suoi soliti cavalli di battaglia: antifascismo, resistenza, i fasci, la cultura che risponde dal basso ( tipo Netflix?) etc. Titolo del richiamo in prima pagina: «La mia vita è resistenza». Per uno come lui, che della cura della street credibility fa un’ossessione e del timore di sentirsi dare del montato o del venduto una paranoia, il titolo si presenta quanto meno come controverso. Troppo egoriferito, pericolosamente narcisista. Dire che non l’ha presa bene è un eufemismo. Su Instagram, Zero ha riportato il titolo di Repubblica, accompagnato da una vignetta scritta per l’occasione, che recita: «Allora: sono io un curdo che da 40 anni resiste sulle montagne? Oppure un palestinese nato e cresciuto in quel carcere a cielo aperto martoriato dalle bombe che è Gaza. Non me pare. E allora posso mai aver detto questo?». Segue, appunto, la foto della frase che gli attribuisce Repubblica. E una sua ulteriore didascalia appena appena piccata. Dopo una serie di maledizioni in vernacolo, ecco il pacato messaggio alla redazione del giornale fondato da Eugenio Scalfari: «Vi dovete levare il cazzo di malcostume di inventarvi le frasi e accollarle agli altri co queste cazzo di virgolette nei titoli». Tutto in maiuscolo, per sottolineare il leggero disappunto. A parziale discolpa del redattore incriminato, va detto che il titolo interno, «La resistenza è nell’arte», è piuttosto fedele al contenuto. E poiché lui è il più illustre di quegli artisti chiamati a costruire la contro-egemonia dal basso, alla fine dire che la resistenza è incarnata proprio da lui non è che sia un travisamento totale. Ma l’uomo ha le sue fisime. Soprattutto dopo essere diventato uomo Netflix e sentirsi di conseguenza costretto a compensare con un sovrappiù di toni militanti. Ma è una dinamica che, in parallelo, vivono anche a Repubblica e l’Espresso: più si spoliticizzano, si uniformano, perdono l’anima, più si abbandonano di tanto in tanto a lirismi barricaderi e a proiezioni freudiane militanti. Da qui il dramma dai tratti quasi shakespiriani su questo gruppo editoriale alto borghese che cerca di corteggiare in tutti i modi il vate dei centri sociali, venendone però ogni volta rimbalzato, con tanto di umiliazione pubblica. Se ne potrebbe fare una pièce, magari titolandola, con citazione dotta, Affinità-divergenze fra il compagno Rech e noi. Netflix di sicuro ne acquisterebbe subito i diritti.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco