La retorica delle «pensioni pagate dagli immigrati» non fa i conti con le rimesse. La ricchezza che torna all’estero oscilla tra 9,4 e 11,9 miliardi. E la capacità di contribuzione di chi è arrivato in Italia si ferma al 5,9%.
La retorica delle «pensioni pagate dagli immigrati» non fa i conti con le rimesse. La ricchezza che torna all’estero oscilla tra 9,4 e 11,9 miliardi. E la capacità di contribuzione di chi è arrivato in Italia si ferma al 5,9%.I soldi che gli stranieri rimandano ai familiari che abitano nei loro Paesi di origine superano gli 8 miliardi e i primi beneficiari sono Bangladesh, Pakistan e Filippine. Per il sistema delle cosiddette «rimesse», solo una parte dei soldi guadagnati finisce nelle casse dell’Inps (ed essendo il nostro sistema pensionistico di tipo contributivo, prima o poi quei soldi dovranno essere restituiti). Stando ai dati forniti da Banca d’Italia, parliamo di 8,2 miliardi di euro nel 2023 ma, come fa notare la Fondazione Leone Moressa, «considerando le rimesse «invisibili» (ad esempio contanti consegnati a mano, invio di regali, ricariche telefoniche), il volume complessivo delle rimesse potrebbe oscillare tra 9,4 e 11,9 miliardi». Non solo. Ripercorrendo lo storico dei dati forniti da Palazzo Koch, notiamo che dai 3,9 miliardi del 2005 le rimesse sono raddoppiate fino ai 7,5 miliardi del 2011, per poi calare ai 5 miliardi del 2016. In seguito, però, i soldi trasmigrati all’estero hanno ripreso ad aumentare, per attestarsi negli ultimi anni intorno agli 8 miliardi. Disaggregando il dato nazionale, prosegue la fondazione, scopriamo che «oltre un quinto delle rimesse parte dalla Lombardia (1,8 miliardi). La seconda Regione è il Lazio, con 1,2 miliardi». A livello di singole province, invece, «Roma supera il miliardo di euro inviato nel 2023; segue Milano, con 928 milioni».Le rimesse, spiega sempre la fondazione, «rappresentano lo strumento principale attraverso cui i migranti internazionali contribuiscono allo sviluppo dei Paesi d’origine. Basti pensare che, nei Paesi a basso e medio reddito, i fondi inviati dai migranti ai loro cari superano il valore combinato dell’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) e degli investimenti diretti esteri». Ma questi numeri smontano parte del racconto della sinistra e soprattutto la teoria che gli immigrati ci pagano le pensioni. C’è poi un altro aspetto da considerare. A dispetto del numero elevato di lavoratori, gli stranieri mettono assieme un reddito che non supera i 64 miliardi all’anno, su un totale italiano di circa 920. Ma ciò che deve fare alzare le antenne è il valore relativo alla loro capacità di contribuzione e di versare l’Irpef. Qui scendiamo a 9,6 miliardi. Solo il 5,6% del totale. La metà rispetto al primo dato relativo, quello sul numero di lavoratori attivi. I conti sono presto fatti. Basta da un lato vedere il valore complessivo dei versamenti Irpef in Italia e dall’altro riprendere lo studio della Fondazione e scorrere la terza pagina. Qui si vede che il reddito medio, ovviamente lordo, supera di poco i 15.000 euro all’anno. Con tali voci come si può sostenere che sarà l’arrivo in massa di nuovi lavoratori stranieri a stabilizzare il nostro welfare, pagare i servizi e le pensioni degli italiani?Se il 10% dei lavoratori è in grado, in questo momento, di versare solo il 5% dell’Irpef, è chiaro che pur alzando il numero di buste paga destinate agli stranieri i flussi di gettito resteranno sempre limitati. O meglio insufficienti. D’altro canto, il problema della denatalità è drammatico e nessuno può negarlo. Ma il problema si affronta soprattutto rivedendo il modello contributivo, anche e soprattutto ai fini pensionistici, ritoccando il sistema di welfare e intervenendo sulla produttività.Quest’ultimo punto è stato sollevato anche dal governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta. Nel suo discorso davanti alla platea del Meeting di Rimini, Panetta ha infatti evidenziato le proiezioni demografiche che «rischiano di avere effetti negativi sulla tenuta dei sistemi pensionistici, sul sistema sanitario, sulla propensione a intraprendere e a innovare, sulla sostenibilità dei debiti pubblici». Per contrastare questi effetti, secondo il governatore, «è essenziale rafforzare il capitale umano e aumentare l’occupazione di giovani e donne, in particolare nei Paesi dove i divari di partecipazione al mercato del lavoro per genere ed età sono ancora troppo ampi. Anche misure che favoriscano un afflusso di lavoratori stranieri regolari costituiscono una risposta razionale sul piano economico, indipendentemente da valutazioni di altra natura». Attenzione, però, ha sottolineato Panetta, perché l’ingresso di immigrati regolari «andrà gestito in maniera coordinata all’interno dell’Unione, bilanciando le esigenze produttive con gli equilibri sociali e rafforzando l’integrazione dei cittadini stranieri nel sistema di istruzione e nel mercato del lavoro». E «anche con più occupazione e più lavoratori stranieri, il contributo del lavoro alla crescita sarà però contenuto», ha subito aggiunto. Spiegando che «solo una maggiore produttività, cioè un incremento del prodotto per ora lavorata, potrà assicurare sviluppo e redditi elevati». Il problema, ha proseguito, è che «in Europa la produttività cresce lentamente: negli ultimi due decenni abbiamo accumulato un ritardo di 20 punti percentuali rispetto agli Stati Uniti, principalmente a causa della difficoltà che le imprese europee incontrano nell’utilizzare nuove tecnologie nel processo produttivo».
Mario Draghi (Ansa)
L’ex premier si accorge soltanto ora che gli obiettivi green sono «irrealizzabili». Poi critica la burocrazia continentale: «Troppo lenta, potrebbe non riuscire a riformarsi». Il suo piano B: alcuni Stati facciano da sé.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
- La Corte d’appello di Bologna ha disposto la consegna di Sehrii Kuznietsov, l’ucraino accusato di aver danneggiato il gasdotto nel 2022. Crosetto: «Disponibili su Samp-T e aerei radar». M5s e Calenda esortano il governo al confronto in Aula su «Sentinella Est».
- Invasione nazista, Berlino secca: «Soldi alla Polonia? Storia chiusa». Merz: «Ma siamo al fianco di Varsavia». Presto possibile vertice Trump-Zelensky.
Lo speciale contiene due articoli.
Ansa
- Massiccia invasione via terra e raid con droni ed elicotteri. Crosetto: «Decisione sbagliata». Il Papa chiama il parroco Romanelli: «Preoccupato». Ira dei parenti degli ostaggi: «Così Netanyahu li uccide».
- Mobilitazione indetta per venerdì. Liti nella Flotilla, Greta lascia il direttivo e cambia imbarcazione. Il dem Scotto, in navigazione: «Sempre in contatto con la Farnesina».
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13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
Schierati da poco in Estonia, gli F-35 italiani hanno avuto una parte importante nell’intercettazione di velivoli russi e nel pattugliamento in seguito allo sconfinamento dei droni di Mosca in territorio polacco. Da agosto l’Aeronautica italiana è al comando della Baltic Air Policing.
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La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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