Dopo il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, anche quello dell’istituto di Amsterdam, Klaas Knot, invita a contenere gli aumenti di salari contro l’inflazione, ma almeno «concede» un 6-7%. Da noi, peraltro, il 60% dei contratti (per un totale di 8 milioni di lavoratori) non è stato rinnovato.
Dopo il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, anche quello dell’istituto di Amsterdam, Klaas Knot, invita a contenere gli aumenti di salari contro l’inflazione, ma almeno «concede» un 6-7%. Da noi, peraltro, il 60% dei contratti (per un totale di 8 milioni di lavoratori) non è stato rinnovato.Nell’ultima conferenza stampa del 4 maggio, dopo aver annunciato l’ultimo aumento di 25 punti base dei tassi, la presidente della Bce (Banca centrale europea), Christine Lagarde, ha sottolineato che ci sono «significativi rischi al rialzo» dell’inflazione legati anche ai salari. Il 5 maggio a suonare la stessa musica è stato il governatore della Bankitalia, Ignazio Visco, che è tornato a chiedere alle parti sociali europee di «continuare a mostrare responsabilità» sulle richieste di aumento dei salari di fronte all’inflazione per fare così la loro parte assieme alla politica monetaria e di bilancio. Insomma, un nuovo pungolo ai sindacati. Ora è anche il numero uno della banca centrale olandese a lanciare un richiamo simile ma, nonostante sia considerato uno dei “falchi”, limitando le rivendicazioni. «La responsabilità è del 6-7% di margine salariale. Se la banca centrale non riceverà l’aiuto delle parti sociali e del governo per controllare l’inflazione, bisognerà alzare i tassi di interesse, il che limiterà ogni forma di spesa. Ci troveremo quindi di fronte a un’inflazione ostinata a lungo termine che richiederà una politica monetaria molto più aggressiva», ha dichiarato Klaas Knot, presidente della De Nederlandsche Bank (DNB), nel programma televisivo Buitenhof. Secondo Knot, inoltre, la Bce deve continuare ad aumentare i tassi di interesse, perché il tasso di inflazione sottostante rimane troppo alto. L’istituto dovrà alzare il costo del denaro fintanto che l’inflazione sottostante non sarà stata arginata. «Il nostro vero problema al momento è che l’inflazione core è ancora troppo alta», ha detto in tv. Aggiungendo che potrebbe ancora sostenere l’aumento dei tassi al 5% dall’attuale 3,25%, o anche più in alto, se l’inflazione si dimostrasse più persistente di quanto si aspetta. Falco sull’entità degli aumenti dei tassi ma più colomba di Visco sui salari nazionali. I moderati osservano che nell’inflazione da costi tipica dell’Europa non sono la domanda né i salari a giocare un ruolo chiave ma l’aumento dei profitti e dunque non è la politica monetaria ma piuttosto quella fiscale dei governi a poter incidere. Nonostante questo, cresce il fronte dei banchieri centrali che si rivolgono direttamente non solo ai politici ma anche alle parti sociali. Nel frattempo, in Spagna, gli organi di direzione delle principali organizzazioni degli industriali hanno approvato all’unanimità un’intesa raggiunta con i maggiori sindacati del Paese per stabilire linee guida per gli aumenti dei salari nel prossimo triennio. Lo si apprende da un comunicato. La stessa decisione su questo accordo tra le parti sociali è arrivata dal sindacato Ugt. Stando a una nota di quest’ultima organizzazione, la bozza d'intesa tra le parti in causa prevede incrementi del 4% nel 2023 e del 3% per 2024 e 2025, con una clausola aggiuntiva per un ulteriore incremento dell’1% in caso di tasso d’inflazione superiore a queste percentuali. Secondo la stampa iberica, l’accordo dovrebbe essere ratificato nelle prossime ore anche dall’altro sindacato coinvolto nelle discussioni, Comisiones Obreras. Ben diverso è il contesto in cui va collocato il recente richiamo del governatore di Bankitalia. La panoramica dei rinnovi contrattuali in Italia è desolante. Sul totale di 966 contratti collettivi privati registrati al Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro), 575 sono da rinnovare, ovvero quasi il 60%. Considerando solo quelli più rappresentativi, i lavoratori con contratto scaduto superano i 7,9 milioni. Solo nel settore del commercio parliamo di 2,3 milioni: l’accordo andava rinnovato già dal 2020, ma la crisi Covid e le difficoltà del settore hanno provocato ritardi. Solo all’inizio di quest’anno sindacati e Confcommercio hanno raggiunto un accordo ponte con un ritocco delle buste-paga, ma c’è ancora molto da fare per il rinnovo tout court. Anche il settore dei servizi è in difficoltà. Il contratto della vigilanza privata e dei servizi fiduciari è scaduto da otto anni. Nel turismo sono in ballo di 562.000 lavoratori. Quanto all’industria, di recente hanno scioperato gli operai del legno arredo, perché la Federlegno vuole cancellare la scala mobile dal contratto nazionale: in pratica, l’accordo scaduto prevedeva un meccanismo di crescita degli stipendi automaticamente legata alla salita dell’indice dei prezzi al consumo, tra l’altro non depurato dalla componente energetica. Ora le imprese dei mobili, che pure hanno visto crescere i loro fatturati nel 2022, vogliono rimuovere questa regola. In attesa di rinnovo del contratto collettivo ci sono anche le aziende che lavorano la pelle, l’occhialeria e una categoria che Bankitalia conosce bene, quella dei 280.000 bancari. Il vecchio contratto è scaduto a dicembre scorso ed è stato prorogato fino al 31 luglio. Dopo la riunione degli attivi unitari tenuta lo scorso 3 maggio a Roma, Fabi, First, Fisac, Uilca e Unisin hanno avviato le assemblee che finiranno il 30 giugno. Nel mezzo ci saranno i lavori del congresso del primo sindacato della categoria, gli autonomi della Fabi, che inizia il 12 giugno per chiudersi il 16. Dall’aumento di 435 euro per la figura media di riferimento, fino alla riduzione dell’orario a 35 ore alla settimana, sono quasi 200 le richieste che i sindacati presenteranno ai lavoratori per avere il via libera a trattare con l’Abi.
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2025-09-17
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