2022-07-22
«Vergogna, vigliacchi, draghicidi». Fioccano rosicate a mezzo stampa
Lucia Annunziata (Imagoeconomica)
Si torna alle urne e la sinistra perde la testa: Lucia Annunziata accusa il «branco senza onore», su «Repubblica» risorge il populismo (non l’aveva ucciso Emmanuel Macron?). E spunta la teoria del complotto: c’è lo zampino di Vladimir Putin.I media italiani, praticamente all’unanimità, l’hanno letta così: l’esecutivo guidato da Draghi è caduto, dunque il Partito democratico, se vuole sperare di governare, deve per forza passare per le urne, e questo è semplicemente intollerabile. Peggio: è moralmente inaccettabile, deprecabile, ingiusto, folle e dannoso. Tanto che i responsabili dovranno pagarla cara.Ieri, l’incauto cittadino che si fosse recato in edicola la mattina presto avrebbe potuto udire distintamente il ringhio che promanava dalle copie affiancate sull’espositore. La stampa italica tutta ha sollevato un’ondata di livore di cui è difficile trovare precedenti, gli editoriali esalavano astio, i titoli erano impastati nel rancore. Il premio Maalox per l’acidità di stomaco l’ha vinto La Stampa di Massimo Giannini, che s’è distinta dagli altri quotidiani per ferocia e ottocentesco sdegno. Sulla prima pagina, appena sopra la foto di Draghi, il giornale torinese ha piazzato un titolo esorbitante: «Vergogna». Caratteri così grandi li aveva utilizzati giusto l’Unità nel 1953, per annunciare la morte di Stalin.Subito sotto al titolazzo, il digrignante editoriale di Marcello Sorgi si apriva rincarando la dose: «Vergogna!». E davvero ci chiediamo perché l’illustre notista non abbia scritto, strappandosi i capelli, che ora qualcuno deve pur «pensare ai bambini!». Il meglio, tuttavia, l’ha offerto Lucia Annunziata, pescando a piene mani dal lessico fascistissimo dei giornali del Ventennio. La celebre collega se l’è presa con i «vigliacchi del draghicidio», «coccodrilli che hanno asciugato rapidamente le loro lacrime», esponenti di «una malmostosa, rabbiosa, silente comunità politica che lodava in pubblico il suo premier e complottava in privato per mangiarselo». L’Annunziata si è accanita sul «branco» che non ha saputo mostrare «nemmeno un po’ d’onore», e ha introdotto almeno due dei temi che caratterizzeranno il dibattito politico dai qui alla prossima settimana.Il primo è «il ritorno dei populisti cattivi». La vigile Annunziata la mette giù morbida: «Chi ha ucciso Mario Draghi? Risposta semplice: Giuseppe Conte e Matteo Salvini». E non importa che Draghi ci abbia messo parecchio del suo, con quegli ultimatum da caudillo; non conta che i leghisti e i pentastellati ne siano usciti con bottino diversissimo per consistenza: la colpa è loro, sono gli infami che hanno tradito. «Matteo, Giuseppi e l’asse populista» vengono presi di mira anche dalla sfavillante Annalisa Cuzzocrea, sempre sulla Stampa, e - con sorprendente originalità - da Maurizio Molinari su Repubblica. Quotidiano che, al novero dei populisti da odiare aggiunge anche il caro nemico d’un tempo, Silvio Berlusconi.Il ritorno del populismo crudele è stato stigmatizzato, ovviamente, pure dal Corriere della Sera per la penna di Massimo Franco, secondo cui la caduta di Draghi è stata orchestrata da «un populismo in declino». Davvero, è sempre eccitante leggere analisi di questo genere, sembrano un esame neurologico del giornalismo italiano, che scatta per riflesso. Se qualche impomatato bellimbusto liberale vince le elezioni in Uganda, i grandi quotidiani e le tv sentenziano che il populismo l’è morto, sconfitto finalmente dall’ardente lume della ragione. Ma non appena la supremazia liberal è messa in dubbio, ecco che lo spauracchio populista riaffiora dalla melma palustre con tutto il suo seguito di mostri e mostriciattoli.E qui arriviamo al secondo tema caldo introdotto da Lucia Annunziata: lo zampino di Putin. L’ottima Lucia si spinge ad accusare Salvini di aver fatto parte, con Orbán e Le Pen, di un fronte unico che nel 2018 ha tentato di abbattere l’Europa, «progetto finanziato e apertamente sostenuto dalla Russia di Putin». Ora, dicono i più illustri commentatori, il vecchio scenario si ripresenta: i soliti populisti manovrati dal Cremlino hanno fatto saltare Draghi. Non a caso il Foglio - giornale che da un po’ tenta con alterne fortune di compiacere le élite ogni mattina - ha dedicato la vignetta di Makkox in copertina proprio a questa fantascientifica tesi. Capite bene che qui si sfora nella psicopatologia. Certo, può anche darsi che a Vladimir Putin strappi un sorriso l’idea che il Draghi con l’elmetto lasci Palazzo Chigi, ma da qui a suggerire che ci sia qualche forma di regia russa… Eppure ne sembrano tutti molto convinti, direttori e cronisti lo affermano senza mostrare dubbi su tutte le reti televisive. Perché accade? La risposta è triste ma semplice: poiché non è accettabile che i desideri del Pd non siano stati esauditi, ecco che il risultato della crisi dev’essere per forza irricevibile, mostruoso. Quindi populista, putiniano, fascista. Paradossalmente, se il Pd avesse voluto affossare Draghi, sarebbe stato definito populista il tentativo di tenerlo in piedi. L’intero dibattito mediatico, infatti, prescinde completamente dai contenuti e dalla realtà. Ciò che i progressisti vogliono diventa il «bene dell’Italia», ciò che essi non gradiscono è marcio e malato.Prendete, ad esempio, l’editoriale di Agnese Pini sul Giorno. Secondo il quotidiano milanese, le dimissioni di Draghi coincidono con «l’ora più buia» della nazione. Si tratta, scrive la Pini, di una «crisi profonda della politica». A essere in crisi è appunto «un’intera classe politica». Di fronte a tali affermazioni, uno si domanda: ma non era sintomo della crisi della politica anche l’incarico a Draghi? Come fa a esserci crisi pure quando si dimette? Semmai, questa è una rivincita dei partiti dopo mesi e mesi passati a farsi scudisciare (tutti, compreso il Pd a cui però le frustate piacciono).Comunque sia, cavarsi fuori dal gorgo ideologico è impossibile. La propaganda liberal conosce solo la distinzione fra puro (i progressisti) e impuro (tutti gli altri). E i media italiani, con rarissime eccezioni, aderiscono completamente a questa visione binaria della realtà: con noi o contro di noi. Abbiamo già capito, dunque, come andrà la campagna elettorale: al solito, verrà presentata come la lotta fra le forze del bene targate Pd e le orde fasciopopuliste. Leggere per credere l’atteso delirio di Rula Jebreal, che via Twitter starnazza di una «tantente in gas pagata da Putin a chi ha distrutto il futuro dell’Italia», e chiama a raccolta «donne e giovani» per la «mobilizatione (sic) sociale» contro i «neofascisti» di Fdi, Lega e Forza Italia. Uh, che meraviglia: salgono noia e disgusto al solo pensiero. Ma che volete farci: per levarci di torno Speranza e Lamorgese siamo disposti persino a pagare questo orrendo prezzo.