2022-04-24
Vaccini, il primo produttore mondiale
offre dosi gratis (ma nessuno le vuole)
«Abbiamo 200 milioni di dosi di stock. Abbiamo dovuto interrompere la produzione a dicembre», ha detto ieri Adar Poonawalla, l’amministratore delegato del gruppo, che prepara i vaccini della britannica AstraZeneca («La dose che ho fatto io era indiana» ha sottolineato ieri il primo ministro del Regno Unito Boris Johnson in visita in questi giorni nella ex colonia), dell’americana Novavax e della russa Sputnik.
Il Serum Institute è uno dei principali fornitori del programma Onu Covax, che procura il farmaco a prezzi equi ai Paesi dai redditi più bassi. Proprio quelli, però, dove lo scetticismo nei confronti dei vaccini anti-Covid è ancora fortissimo (in Africa meno del 20% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale). Ma la richiesta dei vaccini sta inesorabilmente calando in tutto il mondo, se è vero che a marzo si sono somministrate complessivamente 104 milioni di dosi a settimana, contro le 212 milioni di dosi di gennaio.
Non sorprende che, in linea con quanto chiedono le principali aziende farmaceutiche che stanno rivendendo al ribasso i loro pur ricchi profitti per quest’anno, anche il Serum Institute insista sui richiami, chiedendo in particolare al governo indiano di rendere più breve l’intervallo tra la seconda e la terza dose, portandolo da nove a sei mesi.
OSSERVATORIO
Quello indiano è un osservatorio privilegiato per scrutare l’andamento della pandemia. Esattamente due anni fa, nel marzo del 2020, nel pieno della prima ondata, il governo di Narendra Modi aveva limitato l’esportazione di alcuni principi attivi usati per la produzione dei farmaci all’epoca più richiesti. Un anno dopo (marzo 2021) l’India frenava l’esportazione dei vaccini (anche di quelli destinati al Regno Unito) per far fronte all’aumento delle richieste tra i propri cittadini e il governo si accaparrava le dosi prodotte proprio dal Serum Institute e prenotate da altri Paesi.
È passato ancora un anno e la situazione si è completamente rovesciata: in giro per il mondo le dosi sono troppe (a metà aprile erano 2,3 miliardi quelle ancora in attesa di essere somministrate) e il sovranismo vaccinale sembra un lontano ricordo. Il gruppo Serum pensa comunque alle prossime eventuali crisi e sta lavorando ad un global pandemic treaty, una sorta di patto globale sulle pandemie che (de-globalizzazione permettendo) mira a promuovere un maggior coordinamento tra i Paesi detentori delle materie prime necessarie alla produzione di vaccini e farmaci, evitando il ripetersi di reazioni protezionistiche.
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Il più grande produttore al mondo di vaccini offre dosi gratisIl Serum Institute of India, il più grande produttore di vaccini globale (nel mondo più di sei bambini su dieci hanno ricevuto almeno un suo vaccino), offre ormai gratuitamente dosi di vaccino anti-Covid «a chiunque voglia prenderle». Ma nel mondo l’offerta di vaccini è ormai troppo più grande della domanda. «Abbiamo 200 milioni di dosi di stock. Abbiamo dovuto interrompere la produzione a dicembre», ha detto ieri Adar Poonawalla, l’amministratore delegato del gruppo, che prepara i vaccini della britannica AstraZeneca («La dose che ho fatto io era indiana» ha sottolineato ieri il primo ministro del Regno Unito Boris Johnson in visita in questi giorni nella ex colonia), dell’americana Novavax e della russa Sputnik.Il Serum Institute è uno dei principali fornitori del programma Onu Covax, che procura il farmaco a prezzi equi ai Paesi dai redditi più bassi. Proprio quelli, però, dove lo scetticismo nei confronti dei vaccini anti-Covid è ancora fortissimo (in Africa meno del 20% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale). Ma la richiesta dei vaccini sta inesorabilmente calando in tutto il mondo, se è vero che a marzo si sono somministrate complessivamente 104 milioni di dosi a settimana, contro le 212 milioni di dosi di gennaio. Non sorprende che, in linea con quanto chiedono le principali aziende farmaceutiche che stanno rivendendo al ribasso i loro pur ricchi profitti per quest’anno, anche il Serum Institute insista sui richiami, chiedendo in particolare al governo indiano di rendere più breve l’intervallo tra la seconda e la terza dose, portandolo da nove a sei mesi. OSSERVATORIOQuello indiano è un osservatorio privilegiato per scrutare l’andamento della pandemia. Esattamente due anni fa, nel marzo del 2020, nel pieno della prima ondata, il governo di Narendra Modi aveva limitato l’esportazione di alcuni principi attivi usati per la produzione dei farmaci all’epoca più richiesti. Un anno dopo (marzo 2021) l’India frenava l’esportazione dei vaccini (anche di quelli destinati al Regno Unito) per far fronte all’aumento delle richieste tra i propri cittadini e il governo si accaparrava le dosi prodotte proprio dal Serum Institute e prenotate da altri Paesi. È passato ancora un anno e la situazione si è completamente rovesciata: in giro per il mondo le dosi sono troppe (a metà aprile erano 2,3 miliardi quelle ancora in attesa di essere somministrate) e il sovranismo vaccinale sembra un lontano ricordo. Il gruppo Serum pensa comunque alle prossime eventuali crisi e sta lavorando ad un global pandemic treaty, una sorta di patto globale sulle pandemie che (de-globalizzazione permettendo) mira a promuovere un maggior coordinamento tra i Paesi detentori delle materie prime necessarie alla produzione di vaccini e farmaci, evitando il ripetersi di reazioni protezionistiche.
Mahmoud Abu Mazen (Getty Images)
(Guardia di Finanza)
I Finanzieri del Comando Provinciale di Varese, nell’ambito di un’attività mirata al contrasto delle indebite erogazioni di risorse pubbliche, hanno individuato tre società controllate da imprenditori spagnoli che hanno richiesto e ottenuto indebitamente oltre 5 milioni di euro di incentivi per la produzione di energia solare da fonti rinnovabili.
L’indagine, condotta dalla Compagnia di Gallarate, è stata avviata attraverso l’analisi delle società operanti nel settore dell’energia elettrica all’interno della circoscrizione del Reparto, che ha scoperto la presenza di numerose imprese con capitale sociale esiguo ma proprietarie di importanti impianti fotovoltaici situati principalmente nelle regioni del Centro e Sud Italia, amministrate da soggetti stranieri domiciliati ma non effettivamente residenti sul territorio nazionale.
Sulla base di tali elementi sono state esaminate le posizioni delle società anche mediante l’esame dei conti correnti bancari. Dall’esito degli accertamenti, è emerso un flusso finanziario in entrata proveniente dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), ente pubblico responsabile dell’erogazione degli incentivi alla produzione di energia elettrica. Tuttavia, le somme erogate venivano immediatamente trasferite tramite bonifici verso l’estero, in particolare verso la Spagna, senza alcuna giustificazione commerciale plausibile.
In seguito sono state esaminate le modalità di autorizzazione, costruzione e incentivazione dei parchi fotovoltaici realizzati dalle società, con la complicità di un soggetto italiano da cui è emerso che le stesse avevano richiesto ad un Comune marchigiano tre diverse autorizzazioni, dichiarando falsamente l’installazione di tre piccoli impianti fotovoltaici. Tale artificio ha consentito di ottenere dal GSE maggiori incentivi. In questi casi, infatti, il Gestore pubblico concede incentivi superiori ai piccoli produttori di energia per compensare i maggiori costi sostenuti rispetto agli impianti di maggiore dimensione, i quali sono inoltre obbligati a ottenere l’Autorizzazione Unica Ambientale rilasciata dalla Provincia. In realtà, nel caso oggetto d’indagine, si trattava di un unico impianto fotovoltaico collegato alla stessa centralina elettrica e protetto da un’unica recinzione.
La situazione è stata segnalata alla Procura della Repubblica di Roma, competente per i reati relativi all’indebita erogazione di incentivi pubblici, per richiedere il sequestro urgente delle somme illecitamente riscosse, considerati anche gli ingenti trasferimenti verso l’estero. Il Pubblico Ministero titolare delle indagini ha disposto il blocco dei conti correnti utilizzati per l’accredito delle somme da parte del GSE e il vincolo su tutti i beni nella disponibilità degli indagati fino alla concorrenza di oltre 5 milioni di euro.
L’attività della Guardia di Finanza è stata svolta a tutela del corretto impiego dei fondi pubblici al fine di aiutare la crescita produttiva e occupazionale. In particolare, l’intervento ispettivo ha permesso un risparmio pari a ulteriori circa 3 milioni di euro che sarebbero stati erogati dal GSE fino al 2031 alle imprese oggetto d’indagine.
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Viktor Orbán e Giorgia Meloni a Roma (Ansa)
Giorgia Meloni (Getty Images)