
Riesumate le mascherine, mentre l’Europa torna alla carica con le iniezioni. Ma il sottosegretario Marcello Gemmato: «Niente allarmismi».Tornano ad aumentare i casi di Covid anche in Italia: 26.998 positivi (+81%) in 4 settimane. Anche se gli ospedali non registrano contraccolpi di nessun tipo, in linea con quanto dichiarato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), gli orfani dell’emergenza pandemica, come prevedibile, in vista della stagione invernale - particolarmente propizia ai virus respiratori come il Sars-Cov-2 - si affrettano a riattivare il fuoco sacro delle mascherine e dei vaccini. Il dubbio amletico sulla necessità di tornare a usare la mascherina è apparsa su varie testate, sulla scia del dibattito in corso in America, complice la positività della first lady, Jill Biden, alla variante Pirola (Ba.2.86), dominante Oltreoceano. Il presidente Joe Biden, negativo al Covid, è però apparso in pubblico con una Ffp2. Tanto è bastato per riaccendere il dibattito sulla necessità (o meno) di tornare a questa misura, anche se Biden, partecipando a un evento con dei veterani, ha tolto la mascherina per omaggiare un ultraottantenne. Il solito immunologo della Casa Bianca (ora in pensione), Anthony Fauci, si è dichiarato «preoccupato», prevedendo «non nuovi obblighi, ma l’opportunità, a fronte di un aumento dei casi di nuovi contagi (non ricoveri, ndr) di tornare a indossare le mascherine, in quanto i più vulnerabili restano a rischio di forme della malattia più gravi». E così, intanto, a Roma, si tornano a vedere persone con le mascherine nei mezzi pubblici, ai supermercati, in anticipo sull’aumento previsto, secondo i medici, guidato dalla riapertura delle scuole, per passare negli uffici, quindi nei luoghi di vita e di cura. La Lombardia ha adottato delle misure precauzionali consigliando di indossare il dispositivo soprattutto al pronto soccorso e negli ambulatori dedicati a pazienti fragili. Guido Bertolaso, assessore al Welfare della Regione, ha dichiarato di aver «inviato una circolare ad Ats, Asst e Irccs lombardi, che prevede un’azione mirata a proteggerli quando si trovino all’interno delle strutture ospedaliere e residenziali socio-sanitarie». In un aggiornamento diffuso ieri, l’Ecdc sottolinea però che «non vi è indicazione» che l’infezione da varianti di Sars-Cov-2 simili a Kraken, oppure a Pirola (BA.2.86) «sia associata a una malattia più grave o a una riduzione dell’efficacia del vaccino Covid contro la malattia grave, rispetto alle varianti attualmente circolanti. Le persone anziane e quelle con patologie preesistenti rimangono a maggior rischio di esiti gravi se infette». Proprio per questo, come da copione, la direttrice dell’Ecdc, Andrea Ammon si è affrettata a ricordare che «i programmi di vaccinazione autunnale dovrebbero dare priorità alla protezione delle persone a rischio di malattie gravi, come quelle di età superiore ai 60 anni e altri gruppi vulnerabili». A rincarare la dose, è il caso di dirlo, è arrivata l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). Pur non volendo allarmare, nonostante il trend in aumento, «una delle maggiori preoccupazioni» dell’ente è «il basso numero di persone a rischio che hanno ricevuto recentemente una dose di vaccino Covid-19», ha sottolineato Tedros Adhanom Ghebreyesus, presidente Oms, in conferenza stampa a Ginevra, lanciando l’appello, scontato, di «non aspettare per ricevere una dose aggiuntiva» di vaccino anti-Covid «se è raccomandata». Proprio in questi giorni è arrivata l’autorizzazione, anche in Italia, per i vaccini aggiornati di Pfizer e Moderna, ieri, ha annunciato che il suo prodotto aggiornato ha un’ottima copertura anche per la variante Pirola, che spopola in America, mentre da noi, non è ancora arrivata e domina la variante Eris. Invita alla «razionalità», il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato. «Dobbiamo monitorare l’occupazione di posti nei reparti ordinari e di terapia intensiva, evitare inutili allarmismi e verificare l’incidenza. Oggi finalmente», aggiunge, «la pandemia non c’è più e ci deve essere un approccio puntuale, razionale e senza isterismi che veda il servizio sanitario prendere in carico il Covid come una delle tante malattie che possono colpire la popolazione».
La poetessa russa Anna Achmatova. Nel riquadro il libro di Paolo Nori Non è colpa dello specchio se le facce sono storte (Getty Images)
Nel suo ultimo libro Paolo Nori, le cui lezioni su Dostoevskij furono oggetto di una grottesca polemica, esalta i grandi della letteratura: se hanno sconfitto la censura sovietica, figuriamoci i ridicoli epigoni di casa nostra.
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Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
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