2020-06-20
Usa 2020: Trump guarda alla Corte Suprema
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La Corte Suprema potrebbe finire al centro della campagna elettorale per le presidenziali. Due recenti sentenze del massimo organo giudiziario statunitense sono infatti destinate a produrre ripercussioni nel dibattito politico americano. Senza trascurare che, tra non molto, potrebbe ripresentarsi la questione della nomina di nuovo giudice.Pochi giorni fa, la Corte ha innanzitutto stabilito che licenziare un dipendente in quanto omosessuale o transgender costituisca una violazione del titolo VII del Civil Rights Act del 1964. La sentenza ha provocato non poche polemiche, oltre a una spaccatura in seno agli stessi giudici di orientamento conservatore. Al di là dei togati di nomina liberal, a suo favore si sono infatti schierati sia Neil Gorsuch (nominato da Donald Trump nel 2017) sia John Roberts (nominato da George W. Bush nel 2005). Situazione (solo) in parte analoga si è verificata con una seconda sentenza, che ha bloccato il tentativo della Casa Bianca di abolire il "programma Daca": una politica, messa in campo dall'amministrazione Obama, per salvaguardare dal rimpatrio i clandestini, entrati in territorio statunitense, quando erano minorenni (i cosiddetti dreamers). Anche in questo caso, Roberts (ma non Gorsuch) si è schierato a fianco dei giudici liberal.Le sentenze non sono granché piaciute a Trump che, pochi giorni fa, ha twittato: "Rilascerò un nuovo elenco di candidati giudici conservatori alla Corte suprema, che potrebbe includere alcuni, o molti di quelli già presenti nell'elenco, entro il 1° settembre 2020". Non dimentichiamo che, nel corso della campagna elettorale del 2016, Trump – a seguito della morte di Antonin Scalia – presentò una lista (aggiornata successivamente più volte) di togati conservatori, da cui promise che avrebbe scelto chi nominare al supremo organo giudiziario americano: una mossa, principalmente studiata per assicurarsi il sostegno delle frange repubblicane più a destra, che – all'epoca – ancora non si fidavano completamente di lui. E' del resto in questo senso che, alla Corte Suprema, l'attuale presidente ha successivamente nominato Gorsuch e Brett Kavanaugh. Senza poi dimenticare un elevato numero di togati conservatori alle corti federali inferiori.Ora, queste ultime due sentenze mostrano una serie di aspetti significativi. In primo luogo, sconfessano i critici che, in questi anni, avevano parlato di una Corte Suprema politicizzata e prona ai voleri di Trump. E' vero che i giudici di nomina repubblicana sono cinque e quelli di nomina democratica quattro: ma, come abbiamo visto, questo non esclude che possano essere emessi verdetti non in linea con le politiche della Casa Bianca. D'altronde, la Costituzione garantisce ai giudici l'inamovibilità e l'intangibilità di trattamento economico: un fattore introdotto proprio a tutela della loro indipendenza. Tra l'altro, non va neppure dimenticato che non sia certo la prima volta che Roberts si è schierato con il blocco liberal (nel 2012, per esempio, fece altrettanto, pronunciandosi a favore di Obamacare). In secondo luogo, bisogna considerare i risvolti politici della situazione. Alcuni ritengono che queste sentenze potrebbero indebolire il gradimento di Trump tra gli elettori conservatori duri e puri: un'ipotesi francamente improbabile. Anche perché, come abbiamo visto, questa situazione dà paradossalmente un altro argomento elettorale al presidente, che si sta già impegnando nel nominare un nuovo togato di fede conservatrice.Certo: è pur vero che, al momento, non vi siano posti vacanti nella Corte Suprema. Ma non bisogna dimenticare il caso di Ruth Ginsburg: nominata da Bill Clinton nel 1993, si tratta del componente anagraficamente più anziano. Una donna che – in particolare – ha riscontrato parecchi problemi di salute negli ultimi tempi. Non è quindi escluso un suo prossimo ritiro. Una simile eventualità sarebbe politicamente vantaggiosa per Trump, che avrebbe non solo la possibilità di nominare un nuovo togato ma anche – e forse soprattutto – di sostituire colei che – a tutti gli effetti – rappresenta un'icona dell'universo progressista. Il problema, per il presidente, risiede tuttavia nella tempistica. E' abbastanza difficile che la Ginsburg possa fare un passo indietro prima delle prossime presidenziali. Ragion per cui Trump dovrebbe innanzitutto assicurarsi (banalmente) di essere rieletto. E, in secondo luogo, risulterebbe comunque necessario che i repubblicani mantengano la maggioranza in Senato (che il prossimo novembre sarà rinnovato per un terzo). Non bisogna infatti dimenticare che i giudici vengono, sì, nominati dal presidente, ma devono poi essere confermati dalla camera alta. E' quindi esattamente in tal senso che, oltre allo scontro elettorale per la Casa Bianca, è alle elezioni per il Senato che bisogna guardare con attenzione.Anche perché la questione potrebbe presto entrare nel duello tra Trump e Joe Biden. Il candidato in pectore del Partito Democratico non ha soltanto elogiato le due recenti sentenze della Corte Suprema. Ma, lo scorso febbraio, ha assicurato che – se eletto – nominerebbe come giudice una donna afroamericana: una scelta che, in caso, si rivelerebbe senza precedenti. Il primo componente afroamericano del massimo organo giudiziario fu Thurgood Marshall (nominato da Lyndon Johnson nel 1967), mentre la prima donna fu Sandra Day O'Connor (nominata da Ronald Reagan nel 1981). Tuttavia, al di là dell'etnia, per Biden il nodo riguarderebbe in caso l'orientamento del giudice da lui nominato. L'ex vicepresidente si ritrova infatti con un elettorato potenziale che va dai centristi all'estrema sinistra: ragion per cui, sarà per lui in caso non poco difficile trovare una figura in grado di accontentare visioni tanto contraddittorie.