I ragazzi della generazione Z che si dichiarano non binari, ovvero con un’identità di genere non strettamente maschile o femminile e con una sessualità fluida, correrebbero rischi maggiori di contrarre infezioni a trasmissione sessuale. È quanto risulta da una ricerca della Fondazione Foresta di Padova, basata su questionari anonimi. E le dimensioni del fenomeno sembrano fatalmente destinate ad allargarsi.
Un sondaggio della Gallup tra i cittadini statunitensi ha rilevato che nella generazione Z (che comprende i nati tra il 1997 e il 2004), il 19,7% degli intervistati si è detto Lgbt, contro l’11,2% dei Millennials (1981-1996). Fulminante il commento via Twitter di Elon Musk: «Quello Lgbt ormai è il club dei ragazzi fighi». Certo, probabilmente è anche di moda dichiararsi bisessuali o gay, ma i due dati, messi assieme, segnalano un problema oggettivo: serve maggiore prevenzione sanitaria tra i ragazzi, che spesso poco sanno di malattie veneree e di strumenti per prevenirle.
Lo studio veneto è stato condotto da Carlo Foresta, che è stato ordinario di Endocrinologia all’Università di Padova e membro del Consiglio superiore di sanità e si inserisce nel progetto «Prevenzione andrologica permanente nelle scuole». Le informazioni sono state raccolte tra oltre 4.000 studenti delle ultime classi delle scuole padovane attraverso lo strumento dei questionari anonimi e delineano un quadro allarmante per quanto riguarda le malattie legate all’attività sessuale.
La Fondazione ha, innanzitutto, rilevato che i comportamenti di omobitransfobia provocano «un disagio sociale nei giovani non binari, manifestato da comportamenti a rischio più frequenti rispetto ai coetanei con chiara identità sessuale». In particolare, l’uso di marijuana sarebbe al 49% contro il 39% dei «binari»; il ricorso a partner multipli sarebbe al 15% contro il 10% e le infezioni trasmesse sessualmente sarebbe otto volte di più (8% contro l’1% dei «binari»). Numeri simili anche per chi ha dichiarato un orientamento omosessuale o bisessuale, rispetto ai coetanei etero: il fumo è al 39% contro il 27%; la marijuana è al 57% contro il 47%; le malattie trasmesse con il sesso sono al 3,3% contro lo 0,6% dei coetanei «binari».
Insomma, a tirare le somme dello studio, tra chi non si identifica strettamente in un’identità di genere maschile o femminile girerebbero più droghe leggere, ci sarebbe una tendenza maggiore ad avere più partner e più malattie veneree, dovute a una maggior tendenza ad avere rapporti non protetti. E lo stesso varrebbe in buona parte anche per gli omosessuali. Interessante anche il dato generale che emerge dalla ricerca: il 15% dei maschi e il 30% delle femmine si dichiarano «non eterosessuali», mentre il 2% rifiuta un’identità binaria.
Il professor Foresta spiega che «molti ragazzi preferiscono non definirsi solo come etero, omo, o bisessuali, ma loro stessi dichiarano una sessualità fluida, diversa dal concetto di gender fluid per l’identità di genere». Insomma, una sessualità ancora in fase «sperimentale», probabilmente con gusti destinati a cambiare nel tempo e in cui l’orientamento sessuale non prevede una rigidità di scelte o di desideri.
Esperienze anche occasionali, che però possono portare a una minore attenzione verso la prevenzione delle varie malattie in agguato. Tornando ai rischi che corrono i giovani con orientamento non etero e identità di genere non binaria, lo studio rileva l’importanza giocata da varie forme di disagio, legate all’autodeterminazione e all’autoaccettazione dei ragazzi, specie quando ci sono casi di solitudine, scarsa accettazione del proprio corpo, difficoltà nei rapporti familiari ed episodi di bullismo, anche cyber. Insomma, tutte le varie forme di difficoltà di dialogo, a scuola, come in famiglia o tra gli amici, possono portare a varie forme di dipendenza e a una certa imprudenza nei comportamenti sessuali.
Infine, per quanto riguarda l’Hiv, lo studio segnala che il problema riguarda tutti i diciottenni, di ogni genere e inclinazione, nel senso che se ne parla poco in generale e, negli ultimi anni, si è creato un clima di «falsa rassicurazione» che porta a una minore prevenzione, anche nelle scuole.
Dagli Stati Uniti arriva, invece, la conferma che è in forte aumento, tra i più giovani, il numero di coloro che si dichiarano appartenenti alla comunità Lgbt. Un sondaggio della Gallup ha rilevato che nella generazione Z sono arrivati al 19,7%, contro l’11,2% registrato tra i Millennial (1981-1996). Il sondaggio è stato ritwittato da The Rabbit Hole, una comunità social di destra molto seguita e che, recentemente, ha incassato anche l’endorsement di Elon Musk.
Il proprietario di Twitter e fondatore di Tesla ha prontamente rilanciato la notizia con un commento dei suoi: «Nel corso degli ultimi decenni, tra le élite occidentali, gli Lgbt sono passati dall’ostracismo (o peggio) all’essere il club dei ragazzi fighi». In effetti, anche negli Usa il sospetto di molti è che ormai sia cool, per un ragazzo, dichiararsi gay o bisex anche senza esserlo veramente.






