2024-01-08
Così gli uomini di Renzi offrivano la banda larga al colosso cinese Huawei
Piero Amara (Imagoeconomica)
Dall’indagine sull’avvocato Piero Amara, emergono i contatti e gli scambi di documenti tra i fedelissimi dell’ex premier e i rappresentanti del colosso delle telecomunicazioni.Faccendieri, spie, aziende strategiche straniere. Intorno al governo di Matteo Renzi girava di tutto, ma adesso il fu Rottamatore, milionario grazie a consulenze per non meglio identificati servigi resi a potenze per nulla democratiche, fa la morale ai cerchi magici altrui.Eppure i suoi collaboratori più stretti sono stati in contatto per anni con l’avvocato siracusano (oggi radiato dall’ordine) Piero Amara, l’uomo che avrebbe inventato di sana pianta la loggia Ungheria (anche se il gup Guido Salvini ha ordinato ulteriori approfondimenti investigativi). Il sedicente grembiulino ha raccontato di questi suoi rapporti a numerosi magistrati.Per esempio ha ammesso davanti al procuratore di Perugia Raffaele Cantone di aver gestito personalmente la vicenda del fascicolo della Corte dei conti aperto dal giudice Raffaele De Dominicis (per poche ore assessore al Bilancio in pectore della giunta grillina di Roma) sull’utilizzo di Renzi di un aereo di Stato per andare a sciare a Courmayeur.Un bigliettino firmato dal faccendiere venne sequestrato nell’ufficio di Andrea Bacci, uno dei petali del primo Giglio magico.Bacci è stato, lo ricordiamo, compagno di avventure imprenditoriali di Tiziano Renzi e per Matteo una sorta di factotum: consigliere d’amministrazione di partecipate, autista, ristrutturatore di casa e altre cose di questo genere.Per un certo periodo, con il fu Rottamatore al governo, era diventato persino una sorta di ufficiale di collegamento tra Palazzo Chigi e le aziende, pubbliche e no.Ebbene su quel biglietto era scritto: «Procuratore Corte dei conti di Roma ha fascicolo contro Renzi per viaggio Courmayeur. Vuole gestirlo e vorrebbe incontrare Luca. Gli hanno mandato avvocato Bianchi, ma lui preferirebbe avere rapporto diretto. Devo dare risposta per eventuale disponibilità a incontro a casa mia io, tu, procuratore Corte dei conti, Luca. No posti pubblici». Oggi Bacci ha ricordi vaghi della storia, mentre Amara, che nel 2018 aveva riferito ai pm di Roma di non sapere come fosse finita la questione, a fine 2021, davanti ai pm di Perugia, ha affermato: «Io lo so che si sono incontrati, io ne sono certo». A dirglielo sarebbe stato Bacci.E con i magistrati umbri ha aggiunto: «Credo che incontrò sia Luca Lotti che Renzi». Ieri con noi Amara ha confermato: «Vide entrambi. Questo il mio nitido ricordo».L’ex legale siciliano ha parlato anche dei rapporti del Giglio magico con Huawei. E il procuratore aggiunto di Firenze Luca Turco ha aperto un apposito fascicolo sul caso.Un’indagine del 2021 di cui si sa ben poco e che è affiorata solo grazie agli incroci con la più celebre inchiesta sulla loggia Ungheria. Bacci è stato interrogato in veste di indagato. Come sia finita non è chiaro. Ma la vicenda è abbastanza scivolosa.Infatti la Nato considera Huawei una minaccia per la sicurezza dei Paesi dell’alleanza atlantica.E anche se l’Italia, forse in nome dello storico bilateralismo, per anni ha tenuto rapporti ambigui con Pechino, oggi il governo Meloni sta tentando di raddrizzare la rotta.L’ex professionista siracusano nel capoluogo toscano è partito da lontano e ha ricordato altri tentativi di intrufolarsi nel settore delle telecomunicazioni: «Lotti (Luca, ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ndr) fece proporre Bacci come amministratore di Telecom Sparkle. Fece questa operazione all’insaputa di Renzi. A un certo punto Marco Minniti (ex ministro dell’Interno, ndr) chiamò Marco Patuano (all’epoca ad del gruppo, ndr) facendogli presente che la sua nomina non era gradita al governo».Bacci, che di Amara è stato socio in un’azienda, Teletouch, che avrebbe dovuto fornire uno speciale microchip proprio a Telecom, ha un’altra versione: «I rapporti con Patuano li aveva Amara ed è stato lui a propormi per Telecom Sparkle. Immagino che, dopo, sarebbe venuto a chiedermi qualcosa di strano se avesse avuto là dentro una persona amica. Io replicai: “Guardate che sono un uomo di Renzi, prima di rispondervi ho bisogno di avere un’autorizzazione da lui. Così una mattina passai dal suo parrucchiere in via di Sant’Agostino per dirgli della proposta che mi avevano fatto e lui mi rispose “subito, di corsa”, me lo ricordo come se fosse oggi. Poi molto probabilmente o è cambiato qualcosa o Renzi mi ha preso per il culo».Nel verbale Amara tocca anche la questione dei rapporti con la Cina: «La società telefonica Huawei voleva entrare in ltalia. Bacci mi mise in contatto con i responsabili di tale società. lo fui nominato loro consulente, proprio per consentirgli di incontrarsi con Lotti. Dopo tale designazione ho organizzato degli incontri a Palazzo Chigi. Io avrei preso dei soldi, senza di fatto fare alcuna attività».A questo punto i magistrati ricordano all’indagato: «Nelle dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria di Milano ha riferito che Lotti ha ricevuto il responsabile delle relazioni esterne della società Huawei solo dopo essersi accertato che tale società avesse stipulato un contratto di consulenza con il suo studio e che tra i professionisti che avrebbero prestato la consulenza era indicato anche Andrea Bacci, il quale avrebbe girato/condiviso la sua quota con Lotti». Amara conferma le precedenti affermazioni e soggiunge: «Da tale società, tuttavia, non ho ricevuto alcuna ricompensa, visto che l’obiettivo prefissato non venne raggiunto da Huawei».Ma vediamo che cosa hanno scoperto a Firenze sui rapporti del Giglio magico con Huawei.Dall’analisi del pc di Bacci emerge che il 5 settembre 2015 l’imprenditore aveva ricevuto una comunicazione dall’account della responsabile delle relazioni pubbliche di Huawei Italia Maja Novacic e per conoscenza il messaggio era indirizzato anche a Giancarlo Cecchi (ex direttore generale della Provincia di Prato, indagato e assolto nell’inchiesta sul crac del Credito cooperativo fiorentino) e all’allora ceo di Huawei Italia Edward Chan. Questo il testo: «Caro Andrea, Dopo aver studiato attentamente il documento fornito dal governo, e che troviamo molto ambizioso e stimolante, alleghiamo qui il file con alcuni suggerimenti su come trarre ancora più vantaggio e massimizzare i risultati dal piano banda ultralarga e dalla sua attuazione. Spero che possa essere di interesse per il signor Lotti e il suo team, e saremmo felici di incontrarci di nuovo e discutere di alcune specifiche. Grazie ancora per questa opportunità».Al messaggio di posta sono allegati due documenti. Il primo si intitola «Huawei suggerimenti» e il secondo, «Ubb Italia original», composto da nove pagine, ovvero il piano che il governo, tramite, Bacci ha fatto recapitare ai cinesi in attesa dei correttivi.Tre giorni dopo, l’8 settembre, Bacci inoltra il messaggio all’indirizzo governativo di posta elettronica di Lotti: «Buongiorno, in allegato, come da tua richiesta, alcuni suggerimenti e note informative sul Progetto “banda larga”. A presto. Andrea». La Guardia di finanza riassume così il contenuto del materiale: «Dalla lettura dei due documenti allegati si evince, in estrema sintesi, che vengono forniti al destinatario elementi per poter avviare una strutturata programmazione di gare d’appalto regionalizzate al fine di dotare il Paese di una capillare rete in fibra ottica per le telecomunicazioni».Il 5 febbraio 2016 Bacci riceve una email priva di testo da Amara. Ad essa è allegato un file denominato «accordo quadro per servizi di consulenza legale e aziendale».Gli investigatori delle Fiamme gialle annotano: «Dalla lettura del documento si evince che trattasi di una bozza di contratto predisposto da Amara (o dal suo staff) con controparte la società Huawei, con il quale, in estrema sintesi, lo studio legale propone una consulenza continuativa alla società da remunerarsi con una quota fissa pari a 120.000 euro annui più una quota variabile parametrata ai risultati ottenuti».Nell’articolo 2 della bozza si legge che lo studio Amara «garantisce al Cliente una cura costante in termini di relazioni istituzionali e un’assistenza tecnica anche in relazione all’esame, analisi e partecipazione alle singole operazioni d'impresa».Gli investigatori, nell’informativa, specificano che «tra i professionisti indicati nella bozza di contratto non figura Bacci», diversamente da quanto asserito da Amara. Anche se non si comprende, a questo punto, il motivo dell’invio del file. Bacci ci offre la sua versione: «Quelli di Huawei volevano fare la fibra ed entrare in quel business. È stato Amara che me li ha fatti conoscere, una sera mi ha portato a cena con questo Edward Chan. Poi ho parlato con Lotti di questo loro interesse. Non si è mai discusso di un mio ritorno economico per il ruolo di intermediario, anche perché la cosa è quasi subito morta lì». Ma se i vertici a Palazzo Chigi non devono sorprendere in vista della realizzazione di un’opera strategica, a stupire è che documentazione relativa a un’infrastruttura così sensibile sia stata veicolata attraverso canali totalmente non ufficiali.Da Huawei preferiscono non commentare la vicenda. Trapela solo che la Novacic non avrebbe più nel computer copia di quelle mail e non ricorderebbe più nulla, se non l’appuntamento a Palazzo Chigi, «uno dei tanti incontri sullo stato dell’arte».Ma c’è un altro curioso incrocio tra Huawei e il Giglio magico ed emerge dalla storia allo zucchero filato tra l’ex ministra delle Riforme Maria Elena Boschi e il suo fustaccione, il dentista-attore Berruti. Quest’ultimo, un po’ a sorpresa è stato, almeno sino a pochi mesi fa, uomo immagine in Italia di Huawei, come risulta dai suoi canali social. «È vero, è stato utilizzato, ma è uno dei tanti» ci informano dall’azienda cinese. Ma non sanno dare altre notizie. «Usa diverse agenzie e non è facile ricostruire il rapporto».
Il ministro della Salute Orazio Schillaci (Imagoeconomica)
Orazio Schillaci e Giuseppe Valditate (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 5 settembre 2025. Il nostro Fabio Amendolara ci racconta il caso dei due turchi armati arrestati a Viterbo.