
Caracas ha pagato in lingotti il Casillo group, specializzato nel commercio di grano, a causa di inflazione e mancanza di dollari. Ma visto che Nicolás Maduro sta spostando parte della riserve auree in Paesi amici, Finanza e Dogane indagano sull'operazione.Da settimane sui media internazionali si discute dell'oro del Venezuela, il martoriato Paese sudamericano dove l'esercito del presidente Nicolás Maduro e gli oppositori del governo, guidati da Juan Guaidó si stanno fronteggiando in piazze e strade.Il regime chavista al tramonto starebbe attingendo disperatamente alle riserve auree della nazione. Tonnellate d'oro, secondo alcuni esponenti dell'opposizione, sarebbero state prelevate dalla Banca centrale venezuelana (le ultime 8 a marzo) e «messe in salvo» da Maduro in Paesi amici, come la Russia. L'anno scorso, 23.000 chili sarebbero volati in Turchia e altri 20.000 sarebbero stati ritirati senza indicazione della destinazione. L'oro esportato verrebbe fuso eliminando i sigilli originali e il ricavato della vendita finirebbe in trust finanziari privati che permetterebbero di aggirare le sanzioni Usa.Sarà per questo che in Italia non è passato inosservato uno strano volo avvenuto tra il 25 e il 26 aprile, nel pieno del ponte della festa della Liberazione. Alle tre del mattino del 26 è atterrato a Fiumicino un aereo proveniente dal Venezuela con a bordo una tonnellata d'oro purissimo, di quello che si usa nelle transazioni finanziarie. All'arrivo il carico è stato trattato alla stregua di un trasporto qualsiasi. Il nuovo sistema di monitoraggio Aida (Automazione integrata dogane e accise), utilizzato dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, aveva assegnato il canale verde al tesoretto, che è uscito subito dallo scalo senza controlli fisici. Ad attenderlo un furgone blindato di una società di sicurezza nostrana. La destinazione del trasporto non ci è nota, anche se qualcuno ha parlato del Vicentino, dove si trova uno dei più importanti distretti dell'oreficeria italiana. Il trasferimento da Caracas a Roma è stato effettuato con un velivolo di una società di spedizioni abilitata a lavorare a Fiumicino: mittente il traballante governo venezuelano, destinatario il barese Casillo group, specializzato nel commercio di grano. Un prodotto il cui nome (al plurale grana) spesso nel gergo comune viene utilizzato come sinonimo di denaro, visto che qualche centinaio d'anni fa a Napoli e in Sicilia c'era una moneta chiamata, appunto, grano. Nel nostro caso l'accostamento tra cereali e ricchezza è quanto mai azzeccato.Il 26 mattina, quando i lingotti avevano già lasciato lo scalo da tempo, qualcuno a Fiumicino si è insospettito e ha segnalato il carico eccezionale alla Procura di Civitavecchia. La Guardia di finanza e le Dogane, coordinate dal procuratore Andrea Vardaro, stanno verificando che quel trasporto non sia servito a mettere in salvo parte delle scorte auree di Maduro. I documenti d'accompagnamento attestano che l'oro sarebbe il corrispettivo per la cessione di grandi quantità di grano al regime di Maduro e quindi il metallo sarebbe stato importato regolarmente. Il governo venezuelano utilizzerebbe questo sistema di pagamento a causa di un'inflazione alle stelle e dell'esaurimento delle provviste di dollari.Eppure quel carico notturno non poteva non incuriosire sia per la provenienza sia per il destinatario, un'azienda agroalimentare che si occupa di grano e pasta e non di trading finanziario. Infatti sull'aereo viaggiavano barre d'oro da investimento con una purezza di 999,9 millesimi. I risparmiatori e gli investitori privati e istituzionali possono acquistare e vendere questo tipo di lingotti con l'esenzione Iva. L'imprenditore Pasquale Casillo, uno dei titolari dell'omonimo gruppo, rispedisce al mittente ogni possibile sospetto: «Non mi risulta che ci siano indagini in corso, abbiamo fatto tutte le comunicazioni necessarie alle autorità. L'oro è un regolare pagamento del governo venezuelano, che a causa dell'inflazione è costretto a ricorrere al metallo prezioso». Molto probabilmente le cose stanno come dice Casillo. Resta la notizia che il regime chavista ormai in ginocchio si approvvigioni di grano grazie alle riserve di una famiglia italiana e usi centinaia di lingotti per saldare i conti. La Casillo commodities spa è «la prima trading company italiana del grano duro» e «rappresenta un player primario sul piano internazionale nel commercio internazionale di cereali, svolgendo un'attività propulsiva nel comparto trading e sinergica rispetto alle attività di trasformazione», si legge sul sito del Casillo group. Tra i principali mercati di destinazione figurano, oltre all'Italia, Algeria, Cuba, Tunisia, Turchia e Venezuela. Nel 2014 (anno a cui risalgono gli ultimi dati disponibili sul sito del Casillo group) l'attività di commercializzazione di cereali ha movimentato una quantità pari a 3,3 milioni di tonnellate e il Venezuela ha rappresentato il quinto cliente, con il 9% dell'export totale.Il 95% della Casillo commodities è di proprietà della Casillo partecipazioni a sua volta controllata dalla Fch, le cui quote sono equamente divise tra i fratelli Pasquale, Francesco e Beniamino Casillo. Cardenia Casillo, l'unica sorella, possiede il 12,5% della Casillo partecipazioni.In conclusione, anche se in questa vicenda non si riscontrasse alcun reato, a Fiumicino non dimenticheranno facilmente la storia dei 37 milioni di euro d'oro (ieri sera un grammo era quotato 36,77 euro) trasferiti tra il 25 e il 26 aprile dal Venezuela sull'orlo della rivoluzione a Fiumicino. E anche se probabilmente non ci troviamo davanti alla versione sudamericana dell'oro di Dongo, il racconto dell'aereo carico di lingotti potrebbe passare agli annali come la leggenda dell'oro di Maduro.
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