2020-03-15
Un addio senza addio. I morti lombardi non hanno nessuno che li pianga
Non si fanno funerali e i parenti non assistono alle sepolture. Forni crematori congestionati a Milano, Bergamo e Brescia.Le vittime di questa guerra con un nemico invisibile, ma implacabile, si possono contare sulla carta dell'Eco di Bergamo: nell'edizione di domenica 9 febbraio le pagine dedicate agli annunci mortuari erano meno di due. Venerdì 13 marzo sono diventate dieci. Su quella di ieri, undici. Nomi, volti, storie, ricordi. Che si concludono quasi tutti con la formula devastante: a seguito del Dpcm dell'8 marzo 2020 sono sospese le cerimonie funebri e la solo presenza degli stretti famigliari. Così si muore ai tempi del virus. Incoronati, soli, negli asettici reparti di ospedale senza poter dire addio a chi si vuol bene. E dopo, attorno ad una bara, non c'è nessuno. Un dolore nel dolore per le famiglie, spesso in quarantena. Anche per questo i vescovi della Lombardia hanno lanciato appelli per dare conforto agli ammalati. Quello di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, ha lanciato un appello al personale sanitario: di fronte a persone morenti che vogliano la benedizione, «donategliela». Chi resta, può fare il riconoscimento del loro caro solo a distanza, senza poter celebrare l'ultimo commiato .Ora al dramma in Lombardia si aggiunge anche una nuova emergenza: non c'è più posto per le vittime, che sono troppe. La chiesa di Ognissanti del cimitero di Bergamo, il nuovo epicentro del virus con un terzo di tutti i contagiati della regione e dove proprio ieri è deceduto un operatore 47enne del 118, ospita una quarantina di bare in attesa di cremazione che ha tempi di attesa di circa cinque giorni. Sono state portate lì perché le camere mortuarie degli ospedali bergamaschi sono ormai piene, come lo è anche quella del cimitero della città. «Abbiamo chiuso il cimitero di Bergamo per poter meglio gestire questa emergenza. Abbiamo avuto l'autorizzazione da parte della Prefettura di Bergamo e di Ats di poter utilizzare la chiesa di Ognissanti come camera mortuaria, al cimitero accogliamo anche i feretri di persone decedute negli ospedali della città e che poi andranno sepolte in altri cimiteri», ha spiegato Giacomo Angeloni, assessore comunale ai servizi cimiteriali. Aggiungendo un dettaglio ancor più drammatico: «Numeri mai visti, c'è una sepoltura ogni mezz'ora». Il sindaco Giorgio Gori ha così emesso una direttiva di «ricevimento e custodia temporanea di feretri provenienti da strutture sanitarie cittadine o provinciali». Che non sono messe meglio. Ad Alzano Lombardo (13.700 abitanti) solo ieri mattina l'anagrafe comunale ha registrato 5 morti in più facendo salire la tragica conta a 50, mentre le salme in attesa di essere cremate o di avere una sepoltura sono circa 35. «Il forno crematorio di Bergamo è congestionato e quindi si accumulano le salme. Un'agenzia mortuaria ha trovato un canale per la cremazione fuori della Lombardia e qui le chiese di due dei sei cimiteri sono state convertite in camere mortuarie», ha detto Camillo Bertocchi, sindaco della cittadina della Bermagamasca. A Brescia il vescovo ha dato la disponibilità a individuare qualche chiesa in cui ricoverare le salme in attesa della sepoltura. Fra Giovanni, cappellano dell'obitorio degli Spedali civili, indossa una tuta bianca e la mascherina con il nome scritto con il pennarello. «I funerali non si celebrano e la sepoltura sta avvenendo senza parenti», ha detto al Giornale di Brescia il frate del Civile dove in questi giorni le 19 sale mortuarie sono state costantemente piene. All'ingresso, sulla bacheca nera con i numeri delle camere ardenti, non sono nemmeno più indicati i nomi dei defunti. Chi è morto per il coronavirus non può essere esposto. I feretri che non sono considerati più infettivi vengono spostati subito nelle camere mortuarie. E sempre più spesso agli addetti alle pompe funebri capita di non avere parenti cui rivolgersi perché sono in ospedale pure loro. Sempre al Civile, le bare di chi non è morto per le complicazioni da coronavirus sono state addirittura posizionate nella cappella dell'obitorio. Il tempio crematorio di Sant'Eufemia negli ultimi giorni sta accettando praticamente solo salme di residenti in città. I tempi di cremazione dalle 48 ore ai dieci giorni. Solo martedì la lista d'attesa comprendeva 120 nominativi. A Milano, il Comune ha messo a disposizione cento posti nell'obitorio e ha cambiato il regolamento dando alle famiglie non più trenta, ma cinque giorni, per decidere dove seppellire i defunti. Al Cimitero Maggiore le Messe di suffragio vengono celebrate senza i parenti del defunto, così come previsto dalle norme decise dalla Conferenza episcopale lombarda alla luce del decreto del governo. Ai funerali, in molti casi arriva soltanto il carro funebre con la salma. Un addio senza addio. Un problema è anche la cremazione: troppo richieste che non si riescono ad evadere. Nel capoluogo lombardo i forni crematori sono concentrati presso il cimitero di Lambrate dove è aperto dal 2004 anche il Giardino del Ricordo, uno spazio dedicato alla dispersione autorizzata delle ceneri. Due dei forni del polo crematorio, però, sono in manutenzione quindi gli altri viaggiano per ora a basso regime anche perché non possono raccogliere troppe salme. Almeno fino al 18 di aprile. Le celle frigorifere sono piene e per evitare il sovraccarico a Lambrate devono ricorrere a strutture private con un inevitabile aumento delle tariffe. Intanto, nel campo dietro al cimitero la scena che si è presentata di fronte all'obiettivo del nostro fotografo è impressionante: la terra smossa da poco, tante piccole croci bianche con scritto sopra i nomi dei defunti, in qualche caso le foto, ma senza la data di nascita. Immagini che evocano altre croci, quelle di Sarajevo. Immagini di guerra.
Jose Mourinho (Getty Images)