2022-07-26
Ultradestra e Meloni mai così lontani. Ma fa comodo sostenere il contrario
Giorgia Meloni (Imagoeconomica)
Conservatrice e atlantista, la leader romana di Fdi ha da tempo intrapreso un percorso poco apprezzato dai movimenti neofascisti. Eppure alla sinistra, che coccola i «propri» estremisti, sembra non bastare mai.Finché si tratta di Paolo Berizzi, possiamo perfino comprendere. Ciascuno, nella vita, deve pur rimediare un mestiere per mettere due pagnotte in tavola, e in quel caso il mestiere consiste nel vellicare le pance tremolanti dei fanatici del «pericolo nero». Il fascistologo in assenza di fascismo in servizio a Repubblica produce ogni tanto articolesse in cui con grande godimento affastella spauracchi. Mescola Forza Nuova, Fratelli d’Italia, l’immancabile Lealtà Azione e altri movimenti che per nulla conosce ma che molto teme, al fine di creare un pastone fascistoide del tutto surreale, ma sufficiente a consentirgli di tirare la fine del mese. Sono sempre le stesse menate: un richiamo alla grottesca inchiesta di Fanpage, qualche rimando a eventi poco più che folkloristici tratti da cronache locali ormai stantie… Il tutto condito con abbondante disinformazione. Basterebbe un’analisi appena più approfondita – che chiunque sia in possesso di una licenza elementare potrebbe svolgere – per appurare alcuni fatti. I capi di Forza Nuova, indicati come responsabili del famigerato assalto alla Cgil, sono da mesi e mesi in attesa di una sentenza, e nel frattempo (da innocenti fino a prova contraria) hanno beneficiato di restrizioni della libertà dal sapore sudamericano. Nel frattempo tutte le forze politiche, con varie sfumature, hanno chiesto lo scioglimento del movimento o comunque non hanno mostrato particolari reticenze in proposito. Che Fratelli d’Italia o Lega abbiano qualcosa in comune con Roberto Fiore e altri – a livello ideologico, politico, materiale – è completamente falso. A ben vedere la «destra ufficiale» (o il centrodestra, chiamatelo come vi pare) negli ultimi anni ha nemmeno troppo lentamente reciso i fili che la legavano al mondo identitario. E, tra parentesi, non è affatto detto che sia una cosa positiva. Non parliamo soltanto di allontanamenti, espulsioni, circolari interne eccetera, che pure ci sono stati, e non esclusivamente per rifarsi il trucco. No, ci riferiamo proprio ai contenuti delle proposte politiche. L’insistenza sul fascismo di ritorno era ridicola e strumentale anche nel 2018, ma allora al centro del dibattito si ergevano, potenti, il sovranismo e il populismo. Si discuteva molto di immigrazione e di sicurezza, gli argomenti cosiddetti «di destra» facevano parte dell’agenda. Oggi, però, di sovranismo – nel discorso pubblico – non c’è nemmeno l’ombra, anche se pure una parte della sinistra ha messo piede su quel terreno. Al massimo, in alcuni ambienti, si ragiona di conservatorismo di stampo anglosassone. Il moderatismo venefico impera. Anche l’americanismo è ritornato ad affacciarsi. Fratelli d’Italia non è mai stato così atlantista, e ha imboccato questa strada ben prima che si manifestasse la possibilità di andare a elezioni anticipate, alienandosi così molte simpatie fra gli identitari. Eppure sui giornali si lanciano allarmi sulle quinte colonne putiniane, sui complotti russi orditi dai pericolosi populisti. Come no. Vogliamo continuare? Di immigrazione si discute pochissimo. Gli argomenti tradizionali sono quasi scomparsi. E non parliamo di quelli che vengono normalmente liquidati quali «temi etici»: sembra che tutti ne abbiamo paura. Dell’aborto si parla sempre in maniera obliqua, sul gender si tende a sorvolare, il timore di indispettire il mondo arcobaleno è sempre fortissimo. Giorni fa, Giorgia Meloni, sul Messaggero Veneto, ha addirittura dovuto avanzare alcune puntualizzazioni sul discorso da lei tenuto davanti agli spagnoli di Vox, dichiarando di aver usato toni un filo eccessivi. Lo ha fatto, probabilmente, poiché ogni giorno i media liberal mugugnano, e non perdono mai l’occasione per citare (anche qui del tutto immotivatamente) Francisco Franco. A nostro avviso, l’intervento spagnolo della leader di Fratelli d’Italia era inattaccabile. Di fronte a chi vuole rendere la vita umana un bene di consumo secondo voi bisogna usare una vocina flebile o paroline gentili? La Meloni, in Spagna, è stata fin troppo educata. Poi ha puntualizzato, ha spiegato, ha motivato, ha mostrato la guancia moderata. E nonostante ciò le danno della fascista. Anzi, accusano di fascismo l’intero arco moderato-conservatore, compresa Forza Italia che negli ultimi due anni sembrava essere diventata l’ombra del Pd. Ha iniziato il giornale unico Stampa-Repubblica, il New York Times ci ha messo il carico internazionale, gli gnomi locali hanno proseguito l’opera. È stupido, offensivo e patetico, essenzialmente per due motivi. Il primo è che la (presunta) estrema destra non nutre grande simpatia per l’attuale agenda politica del (presunto) centrodestra. Anche perché quest’ultimo di tratti anti sistema non ne ha più manco mezzo. Mentre la sinistra istituzionale prosegue a coprire antagonisti e centri sociali (accade ad esempio a Torino, come abbiamo dimostrato nei giorni scorsi), politici e rappresentanti di destra tendono a evitare manifestazioni, feste e persino commemorazioni che dovrebbero far parte della memoria storica di una intera comunità. Dove starebbe, dunque, il fascismo? Dove i fascisti? Nelle citazioni di Tolkien? Non fateci ridere. Il secondo motivo che rende questo psicodramma nero semplicemente degradante è il fatto che – mentre la destra sembra temere la propria ombra – i progressisti si fanno sempre più autoritari, violenti, illogici. Da quanto è caduto Draghi cianciano di tradimento, di irresponsabilità. Accusano (ancora!) di fascismo chi chiede le elezioni, trattano da sabotatore chi non accetta che restino al governo senza passare dalle urne. A ben vedere, dunque, se qui c’è qualcuno che cova propositi autoritari, beh, quel qualcuno sta a sinistra. E anche qualora i progressisti non dovessero vincere a settembre, avranno comunque ottenuto risultati, forzando i loro avversari a normalizzarsi e adeguarsi sempre più al discorso dominante. Da tutta questa pantomima, se non altro, emerge una certezza: forse la sinistra odia il fascismo, ma di certo odia di più la democrazia.