2021-01-30
L’Ue pubblica l’accordo ed esulta. Ma era segreto col suo benestare
Ursula von der Leyen (Ansa)
Bruxelles «rende noto» il contratto con Astrazeneca, dapprima riservato grazie al placet della Commissione. Però lo riempie di omissis: restano ignoti quantità, tempistiche e prezzi.Quella di ieri, per Ursula von der Leyen, è stata una giornata campale. Meglio, trionfale. La cotonatissima presidente della Commissione Ue finalmente costringe Big Pharma a un'operazione di trasparenza senza precedenti. A nome degli europei tutti, stremati dal virus e dai ritardi delle case farmaceutiche, chiede e ottiene la pubblicazione del contratto per l'acquisto dei vaccini Astrazeneca, dopo che la compagnia anglo-svedese ha tagliato del 60 per cento le forniture nel continente, facendo coriandoli di già approssimativi piani sanitari. Ma per fortuna c'è Ursula. Dietro quel sorriso benevolente, c'è una donna implacabile. Pronta a vendicare ogni ingiustizia: «Il contratto è chiarissimo, gli impegni precisi. Capisco che abbiano difficoltà iniziali, ma vogliamo sapere perché non sono in grado di adempiere a ciò che abbiamo stipulato. Astrazeneca deve fornire le dosi di vaccino nei tempi stabiliti».Ora, non vorremmo passare ancora una volta per guastafeste. Bisogna sottolineare che, nonostante i proclami sulla trasparenza, il contratto era precedentemente segreto col benestare dell'Ue, che aveva accettato tale condizione alla sua firma. In secondo luogo, le pagine pubblicate hanno più omissis dei verbali del nostro Comitato tecnico scientifico. Nelle trentuno pagine, il bianco della trasparenza viene sistematicamente intervallato da parole, capoversi e persino intere pagine pittate di nero. Corvine pecette piazzate proprio lì, dove speravamo non fossero. Ad esempio: l'azienda ha comunicato di poter distribuire, nei primi tre mesi di quest'anno, 31 milioni di dosi invece che le 80 previste. Una sostanziosa riduzione che porta dritta allo scontro con l'Ue e i Paesi membri. Dunque, decisive domande ci frullavano in testa. Qual era il calendario delle consegne? Omissis. Quante fiale dovevano consegnare i nostri eroi? Omissis. Entro quando? Omissis. Si può sapere il prezzo? Omissis. E la tempistica dei pagamenti? Omissis. A Ursula piace indossare rassicuranti tailleurini color panna. Ma stavolta la presidente della Commissione europea farebbe bene ad abbigliarsi da misteriosa dark lady. Della manovra chiarificatrice c'è poco da menar vanto. Anche perché la visione dell'imbrattato accordo è stata possibile solo grazie alla generosa concessione di Astrazeneca, che ovviamente s'è premurata di sterilizzare ogni ipotetica accusa. Eppure, pensa un po', tutti i Paesi europei s'erano affidati con fiducia all'Ue. Sarebbe stata Ursula a contrattare sui salvifici vaccini, mica Robertino Speranza, ex assessore al'Urbanistica di Potenza diventato ministro della Salute. Giusto. Certo ci sono paesi che, da soli, se la sono cavata egregiamente: gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, il piccolo Israele. Delegare al singoli Stato poteva però essere controproducente. Il futuro del continente viene quindi affidato alle sperimentate capacità negoziali di Ursula. Calende greche, invece. Alla conseguente ira funesta della presidente, risponde l'amministratore delegato di Astrazeneca, Pascal Soriot, con un'intervista ad alcuni giornali europei. Il manager dunque rivela: «Nell'accordo c'è scritto: faremo del nostro meglio, non c'è un obbligo sulla consegna...». La parola chiave del succitato contratto è «best reasonable efforts». Traducibile nel «massimo sforzo ragionevole». E starebbe proprio lì, in quel «reasonable», l'arcano. Avrebbero provato a mantenere gli impegni, certo. Ce l'avrebbero messa tutta, davvero. Avrebbero fatto del loro meglio, per carità. Sempre e comunque, «ragionevolmente». Nemmeno Giuseppe Conte, l'avvocato di Volturara Appula issato a Palazzo Chigi, ci sarebbe cascato. Perfino il nostro premier, previa telefonatina al mentore Guido Alpa, avrebbe magari obiettato. La fiduciosa Ursula, invece, no. Ieri, a qualche mese dalla firma, ha così esplicitato quello che pure uno studente del primo anno di giurisprudenza poteva intuire, nonostante la didattica a distanza: «Il massimo sforzo possibile non esiste». All'iniziale smarrimento comunque, segue quindi libera interpretazione giuridica: «Era applicabile solo fintanto che non era chiaro se potesse sviluppare un vaccino. Quel tempo è ormai passato. Il vaccino adesso c'è».Ma l'accordo pubblicato sembra, purtroppo, dar ragione ad Astrazeneca. L'azienda non ha alcun obbligo «nei confronti di alcuna persona o terza parte per quanto concerne le dosi iniziali per l'Europa o che confligga o sia incoerente in modo rilevante con le condizioni di questo contratto, oppure che possano impedire il completo adempimento degli obblighi previsti». Replica degli interessat: formulazione giuridica standard. Appunto. La lapalissiana frase potrebbe superare persino un'altra delle obiezioni di von der Leyen: Astrazeneca non deve rallentare la produzione destinata all'Ue a causa di accordi con diversi Paesi. Come la Gran Bretagna, dove ha sede l'azienda. Insomma, l'Europa deve aver accesso anche a parte dei vaccini prodotti Oltremanica. Peccato che il documento non riveli quante dosi dovrebbero essere consegnate e con quali scadenze. O meglio, ci sarebbe pure scritto. Ma Astrazeneca, a dispetto dell'esultanza di Ursula, ha coperto quei numeri con una pecetta color tenebra.