2025-03-11
L’Ue in armi spacca la sinistra in tre piazze
Giuseppe Conte ed Elly Schlein (Ansa)
Il Pd va alla manifestazione pro Europa con una linea ambigua: sì alle spese per la Difesa, ma solo se ci fosse un esercito comune. La base storce il naso, malumori pure nella Cgil. Il M5s sta a guardare, mentre Rizzo e Potere al popolo lanciano cortei alternativi.I bambini hanno fatto talmente tanto baccano che alla fine è dovuto intervenire il papà a riportare un po’ d’ordine. Ieri, dalla prima pagina del Corriere della Sera, Paolo Mieli si è premurato di spiegare al Partito democratico quale sia la linea da tenere, ovvero si sta con i vertici europei senza se e senza ma. «Per merito di un provvidenziale articolo di Michele Serra - che, dalle colonne di Repubblica, ha “convocato” una manifestazione a favore dell’Europa - si è attivato un movimento che sembrava dovesse portare il Pd a un allineamento con i partiti socialisti dell’intero continente», ha scritto Mieli.«Dando per scontato che Giuseppe Conte si sarebbe tenuto a distanza dal raduno europeista, mantenendosi in sintonia con l’asse Trump-Putin. Invece all’interno della sinistra (quella per intenderci di provenienza comunista e democristiana) si è scatenato un putiferio di distinguo e precisazioni che in qualche caso ha sfiorato il ridicolo. La segretaria del Pd Elly Schlein, dopo una tempestiva adesione all’appello di Serra, stava quasi per affogare nell’onda di polemiche che hanno addirittura portato alla richiesta (Luigi Zanda) di un congresso straordinario».La descrizione è in effetti corrispondente alla realtà: attorno alla manifestazione del 15 è stato allestito un circo di pagliacci, a dire il vero più patetico che ridicolo. Mieli vuole appunto mettere fine alla farsa, dettando la linea: «Dall’esperienza passata della Meloni, Schlein avrebbe dovuto apprendere che, quando si è all’opposizione, sulle questioni di principio - come sono ad ogni evidenza quelle connesse a Putin, Trump e Zelensky - si tiene duro. È così che ci si candida a guidare un futuro governo. Stavolta l’ha salvata in extremis Stefano Bonaccini. In tal modo, pur con qualche ammacco, potrà presentarsi gioiosa alla manifestazione di sabato prossimo».Di nuovo, il messaggio è cristallino: se Bruxelles dispone, si obbedisce e zitti. Ed è vero anche che Stefano Bonaccini abbia riportato un filo di unità, allineandosi alla posizione di Elly Schlein. Ci sono tuttavia almeno un paio di punti da considerare. Il primo è che la linea del Pd su cui Bonaccini e Schlein hanno trovato una traballante intesa rimane grottesca. In pratica sono contro il riarmo, ma solo perché non avviene nel quadro di un progetto di difesa comune. Se le armi servissero a un esercito Ue, allora sarebbero d’accordissimo a prenderle. Dunque stanno con l’Ue ma anche contro, sono anti armi ma pure a favore. Viene addirittura da comprendere Giuseppe Conte quando dice che in quella piattaforma confusa lui non ci si ritrova e se i dem non chiariscono non potrà partecipare.Anche in virtù di questo caos totale, c’è il piccolo inconveniente della base, che in buona parte è schifata dal bellicismo. A prescindere dagli ordini che arrivano da Mieli, infatti, qualcuno a sinistra ancora ricorda il pacifismo e proprio non la manda giù. Massimo Cacciari sulla Stampa ha messo in fila alcune domande rilevanti: «Se neppure le spese per il cosiddetto riarmo verranno decise e gestite unitariamente, se ognuno continuerà a sviluppare i propri personali sistemi, i propri carri armati, caccia, incrociatori e baionette, quale Arlecchino di esercito e di difesa comune ne uscirà? Basta per una politica autentica di difesa la decisione di aumentare la spesa per armi? È soltanto una questione di percentuali sul Pil e non di organizzazione e di strategia? La priorità è oggi finanziare la guerra e non sostenere salari e servizi? Armarsi è necessario? Evitiamo almeno, per favore, il rischio di bruciare risorse in ordine sparso a esclusivo vantaggio di chi le armi le produce e le vende». Il filosofo, al solito, ha toccato parecchi nervi scoperti, e la sua critica è perfino tra le più moderate. L’Anpi nei giorni scorsi ha diffuso un comunicato di durissima condanna delle operazioni di riarmo, ma ha comunque deciso di aderire alla sfilata del 15. La cosa non è andata giù a tantissimi iscritti che hanno firmato un appello circolante in Rete. «Siamo iscritte e iscritti all’Anpi», si legge nel testo, «orgogliosi della nettezza con la quale la nostra associazione si è battuta in questi anni, spesso subendo attacchi violenti, contro l’invio delle armi in Ucraina, per il cessate il fuoco, la trattativa e la Pace. [...] Se fossimo stati ascoltati centinaia di migliaia di giovani russi e ucraini non sarebbero morti. Siamo pertanto sorpresi e sconcertati della decisione presa dalla Segreteria nazionale di partecipare alla manifestazione del 15 marzo lanciata da Michele Serra e dal quotidiano La Repubblica. Riteniamo infatti sia un grave errore partecipare in qualsiasi forma ad una manifestazione ambigua e sostanzialmente orientata alla prosecuzione della guerra da parte della Ue, proprio mentre si aprono spiragli di pace. Chiediamo alla Segreteria nazionale di riconsiderare la decisione di partecipare a una piazza che non rappresenta i nostri valori fondativi». Nella Cgil circolano malumori analoghi. Basta dare una occhiata ai commenti pubblicati sulla pagina Facebook di informazione del sindacato chiamata Collettiva: il dissenso è chiaramente visibile. Quanto all’Arci, è stata l’unica coerente: per non allinearsi al bellicismo d’accatto ha deciso di disertare la piazza.E non è mica finita. Alleanza verdi e sinistra ha fatto sapere che manifesterà con le bandiere della pace, ma intanto all’interno c’è chi ha stracciato la tessera in polemica. Nel Pd i più si adeguano alle indicazioni della segreteria, e andranno a sfilare, ma intanto ogni giorno c’è chi rifila bordate al bellicismo. Giusto ieri mattina, a Radio Cusano Campus, Laura Boldrini ha demolito ReArm Europe: «Questa Europa che si riarma si sta incamminando sul terreno sbagliato, è sbagliata l’idea che ogni Stato si armi fino ai denti quando ci sono sistemi di difesa che non interloquiscono gli uni con gli altri. Per fare che cosa si armano gli Stati? Per sottrarre le risorse ai fondi di coesione che servono alle regioni più in difficoltà per fare debito pubblico. È una follia, si sta perdendo lucidità». Certo, poi ci sono Romano Prodi e Paolo Gentiloni a tifare per Ursula e i suoi piani militari, ma la verità è che i progressisti sono semplicemente esplosi, e che si è scavato un canyon fra chi ancora brama la guerra (di solito coloro che stanno al vertice) e chi invece la rifiuta (una bella fetta della base). A leggere dichiarazioni e comunicati, sembra che un bel po’ di gente a sinistra si troverebbe molto meglio a scendere in piazza con Marco Rizzo, che ha convocato una manifestazione sempre il 15 marzo e sempre a Roma (a Bocca della Verità) per chiedere Pace e sovranità.A dirla tutta ci sarebbe pure una terza piazza (Barberini, sempre a Roma), organizzata da Potere al popolo, che non sta col Pd e nemmeno con Rizzo benché sembri condividerne in fondo le ragioni. Boh. In ogni caso, la compresenza delle manifestazioni è la plastica rappresentazione della frammentazione in corso e dello spaesamento progressista.Ecco la tragica realtà: volevano essere tutti uniti per l’Europa e ne sono usciti tutti divisi ma comunque sottomessi a Bruxelles. Un capolavoro.
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