2021-09-16
Tutti i segreti di Amara sulla loggia Ungheria
Piercamillo Davigo (Ansa)
Depositati i racconti dell'ex avvocato dell'Eni sulla presunta associazione massonica che ha fatto tremare i palazzi romani. Confuse e contraddittorie le ricostruzioni. «Nel gruppo, generali della Finanza e dei carabinieri e anche l'ex capo del Dap».Nei verbali di Piero Amara, avvocato passato anche per i servizi sociali col nome in codice Zorro, che ha costruito la sua collaborazione con la giustizia dopo il suo arresto, e che i magistrati di sette Procure hanno maneggiato, sembrano essersi mescolate bugie a mezze verità di cui tutti parlano, creando in corridoi e crocicchi dei palazzi di giustizia non poco panico tra gli addetti ai lavori. Ma questo avviene finché nessuno sa cosa c'è scritto. Da quasi un anno e mezzo circolano voci che vengono usate per ricattare o infangare le persone citate, come è successo con il consigliere del Csm Sebastiano Ardita. L'uso distorto di quel materiale giudiziario, però, come deve aver pensato anche Nino Di Matteo (che per primo ha denunciato quello che stava accadendo) cessa nel momento in cui diventa di dominio pubblico. Tant'è che tutti coloro i quali sono stati tirati in ballo hanno smentito in modo secco. Allo stesso tempo, che le indagini sulla fantomatica loggia Ungheria non dovessero conseguire risultati era già cosa nota. Ma che venissero depositati i famosi verbali resi da Amara alla Procura di Milano con un insignificante avviso notificato aduna impiegata del Csm di certo nessuno se lo aspettava. E questo potrebbe significare che quelle indagini probabilmente non dovevano proprio essere fatte. Ieri il procuratore aggiunto Laura Pedio, che con Paolo Storari ha maneggiato per prima a Milano la bomba Amara, è finita sul registro degli indagati a Brescia per l'ipotesi di omissione in atti d'ufficio. È in compagnia del procuratore Francesco Greco, pure lui indagato in relazione a quanto messo a verbale dal pm Paolo Storari, accusato a sua volta di rivelazione di segreto per essersi rivolto all'allora componente del Csm Piercamillo Davigo, sostenendo che i suoi capi avrebbero voluto insabbiare le dichiarazioni scottanti su personaggi eccellenti. Alcuni dei quali avrebbero addirittura dovuto indagare su Amara stesso come, ad esempio, l'ex procuratore di Perugia Luigi De Ficchy. Ora si apprende che Amara è arrivato a sostenere che a De Ficchy, lui e l'imprenditore Fabrizio Centofanti, avrebbero pure fatto delle «cortesie» che sarebbero state ricambiate da un «trattamento di favore» riservato ai due a Perugia e sul quale non sarebbe mai stata fatta alcuna attività di indagine.Nelle dichiarazioni a singhiozzo sui tentativi di inquinare processi, aziende di Stato e nomine delle toghe e sulle confessate corruzioni giudiziarie in chiave massonica, il testimone coccolato da più di una Procura ma smentito più volte, ci ha piazzato di tutto.Nell'interrogatorio del 14 dicembre 2021, alle ore 14.15, Amara ha raccontato di aver «segnalato» il figlio di De Ficchy «allo studio romano Dla Piper e in effetti fu inserito nello studio legale». Per aggiungere: «Questa richiesta mi fu fatta personalmente da De Ficchy che ho incontrato in un bar di fronte al Csm a Roma. Credo che ciò sia avvenuto nel 2016. L'assunzione del figlio di De Ficchy presso Dla Piper fu mediata da Centofanti a cui io ho formulato la relativa richiesta. Faccio comunque presente che De Ficchy conosce anche lui Centofanti». Nello stesso interrogatorio i pubblici ministeri Pedio e Storari chiedono ad Amara: «Lei ha avuto rapporti diretti con la Severino (Paola Severino, ndr) che attestassero la partecipazione di quest'ultima a Ungheria?». E Amara risponde di «non avere avuto rapporti diretti con lei». Un attimo dopo ha aggiunto: «Su questo tema faccio però presente che Paola Severino è presente nella lista degli appartenenti a Ungheria e la sua partecipazione mi è stata riferita chiaramente da Michele Vietti». Tra decine di nomi i due pm fanno la domanda a bruciapelo solo su Severino, sperando probabilmente che saltasse fuori qualcosa di legato alla vicenda Eni, della quale l'avvocato Severino è un difensore. Nello stesso verbale, Amara tira in ballo i vertici delle forze dell'ordine. E, particolare finora mai emerso, dichiara di aver saputo da Denis Verdini dell'appartenenza alla loggia del generale della Guardia di finanza Toschi e dei generali dei carabinieri Tullio Del Sette ed Emanuele Saltalamacchia. Con Del Sette Amara sostiene perfino di essersi visto più di una volta al ristorante accanto al museo Explora di Roma, in compagnia del direttore generale del Consiglio di Stato Serrao anche lui, secondo Amara, appartenente a Ungheria. Nello stesso interrogatorio dichiara di aver saputo che anche il generale Giuseppe Zafarana, attuale comandante generale della Guardia di finanza, risulta nel club, introdotto, a dire di Amara, da tale Giuseppe Toscano, all'epoca procuratore aggiunto a Catania. Del procuratore aggiunto di Roma Lucia Lotti si era già scritto. Ma che Amara sostenesse di averla introdotta in Ungheria tramite Giovanni Tinebra (ex capo del Dap deceduto nel 2017 e che forse proprio per questo motivo viene tirato in ballo più volte da Amara), è una novità. «Fu affiliata», dice Amara, spiegando che «all'epoca la Lotti era procuratore di gela da poco tempo». E nelle carte che hanno fatto un giro vorticoso tra Milano, Roma, Perugia, Catania, Reggio Calabria, Potenza e Firenze, ci sono finite pure le vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi a Caltanissetta. Amara riconduce la nomina di Tinebra al Dap alla «gestione complessiva delle vicende processuali di Berlusconi a Caltanissetta». E premette che sarebbe stato lo stesso Tinebra a confidarglielo (così come, sostiene Amara, gli avrebbe chiesto di «intervenire su politici per far ottenere incarichi» ad amici magistrati). «Tinebra», secondo Amara, «voleva che fosse richiesta l'archiviazione» per Berlusconi. E il sostituto Alessandro Centonze, nel romanzo massonico dell'avvocato, pur non volendo, l'avrebbe chiesta. «In virtù del vincolo associativo». Parola di Zorro.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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