2022-11-11
Tutte le giravolte della sinistra per fermare la flat tax
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
Fino a ieri era tacciata di essere incostituzionale, oggi che viene estesa ai dipendenti è accusata di danneggiarli.Prima era semplicemente e inesorabilmente «incostituzionale». Adesso che va in scena in formato ridotto, «penalizza dipendenti e pensionati». Non è mai il momento giusto per adottare la flat tax, la «tassa piatta» che è un caposaldo del programma con il quale il centrodestra ha vinto le ultime elezioni. Almeno a giudicare dalle critiche del centrosinistra e di Repubblica, il giornale partito che vigila sul governo Meloni. Nella manovra finanziaria 2023 che l’esecutivo sta discutendo e che sarà pronta entro tre settimane arriverà sicuramente la flat tax, per la quale si sta studiando, oltre all’estensione del tetto (da 65.000 a 85.000 euro) per le partite Iva (15%), anche una versione «incrementale» (sull’incremento di reddito nel 2022 rispetto al maggiore dei redditi dichiarati nei tre anni precedenti) per i titolari di redditi da lavoro o di impresa non aderenti al regime forfettario. Si tratta quindi di una misura anche per i lavoratori dipendenti e sarebbe del 15% per tutti i contribuenti. Non è la flat tax al 23% proposta dalla Lega di Matteo Salvini nel suo programma elettorale e neppure quella «vera» al 15% promessa da Forza Italia, perché qui il tetto del 15% si applicherebbe solo agli incrementi di redditi e non a tutto il reddito. Per questo motivo è detta «flat tax incrementale» ed era quella nel programma di Fratelli d’Italia, che ha un pregio rispetto alle proposte «cugine»: non dovrebbe creare pericolose voragini nel gettito e sarebbe molto più abbordabile per delle finanze pubbliche che devono anche trovare 21 miliardi di aiuti per il caro energia di famiglie e imprese. La sola ipotesi «moderata» della flat tax ha suscitato le proteste di Repubblica, che ieri ha pubblicato un articolo critico fin dal titolo: «Così la flat tax penalizza dipendenti e pensionati e premia le partite Iva». Assunto dell’analisi è che già oggi «dipendenti e pensionati pagano un’Irpef tre o anche quattro volte più alta degli autonomi, agevolati dalla flat tax al 15%». Con la flat tax incrementale, il vantaggio per le due categorie di dipendenti «sarebbe davvero minimo, tra lo zero virgola e l’1%, perché in Italia i salari non crescono da anni», come sanno bene al quotidiano della famiglia Agnelli Elkann. Quanto alle pensioni, salgono solo quando c’è l’inflazione, registrata però l’anno dopo (nel 2023 è prevista al 7,3%). Ora, è davvero curioso l’uso del verbo «penalizzare» per una tassa piatta che non va a togliere nulla a nessuno. Il fatto che possa convenire di più ai lavoratori autonomi non equivale a dire che vada a frugare nelle tasche di lavoratori dipendenti e sindacati. I quali invece avranno comunque delle riduzioni fiscali, ancorché tutte da verificare e forse di dimensioni non indimenticabili. Sarebbe più comprensibile criticare questa tassa piatta sugli incrementi sostenendo che non è più una vera tassa piatta, ma è anche vero che, comunque la si pensi, era questa la versione di flat tax su cui c’era l’accordo nel centrodestra e quindi non si può parlare di promessa tradita. Diciamo che, per il momento, ha vinto la versione più prudente. E del resto c’è da capirlo, visto che sia a Bruxelles sia in Italia c’è grande attenzione al fatto che il nuovo governo cammini nei rigidi binari dell’ortodossia comunitaria e sotto il controllo dei famosi mercati, armati di spread. Comunque, qualcosa si doveva dire contro questa flat tax, dopo aver sentito per due anni accuse di incostituzionalità. Ancora lo scorso 12 agosto, il segretario del Pd, Enrico Letta, andava dicendo: «La flat tax? È come un miliardario che propone che tutti paghino la stessa aliquota. È una vergogna ed è anticostituzionale. L’unico modo per coprirla sarebbe chiudere i servizi pubblici, come fare parti uguali tra diseguali, come diceva don Milani» (intervista a La Stampa). Due giorni prima, il capo di M5s, Giuseppe Conte, tuonava così da Radio24: «Chi la propone, Berlusconi e il centrodestra, ha governato 20 anni e non l’ha mai fatto. Perché? Perché avvantaggia i ricchi e fa pagare chi ha reddito basso, in più occorrono decine e decine di miliardi. È assolutamente irrealizzabile una presa in giro». Va detto che due economisti contrari alla flat tax come Tito Boeri e Roberto Perotti, in passato sono stati chiarissimi: «Sgombriamo il campo dalla critica più diffusa alle flat tax di Salvini e Berlusconi: che siano incostituzionali. Non lo sono affatto, ed è sorprendente che molti continuino ad appigliarsi a questa critica senza fondamento». La definizione di progressività ricordata dai due studiosi è che «un individuo con reddito più alto paga in tributi una percentuale più alta del proprio reddito» e l’articolo 53 della Costituzione dice fra l’altro che «il sistema tributario è informato a criteri di progressività». «Non dice affatto», scrivono Boeri e Perotti, «che ogni singolo tributo debba essere progressivo, altrimenti Iva e accisa sulla benzina sarebbero incostituzionali» (Repubblica, 17 agosto 2022). Adesso che non è più incostituzionale, la flat tax «toglie» a dipendenti e pensionati. Domani «penalizzerà» gli studenti.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)