2020-01-24
Trump rompe il tabù e va alla marcia pro life
Jayme Gershen/Bloomberg via Getty Images
Non era mai accaduto che un presidente Usa annunciasse la sua presenza al raduno clou del fronte per la vita. Un giorno storico per la battaglia contro l'aborto, ma Avvenire preferisce ignorarlo per raccontare ai bambini che il cattivone è sotto «processo».La grandezza di un uomo come Donald Trump, al di là degli ormai innegabili successi economici, politici e sociali, si situa proprio nelle scelte non conformiste ripetute con costanza - in barba al pensiero unico -dal presidente americano. Scelte e idee in verità dichiarate già prima della sua elezione (2017), ma poi confermate dopo, malgrado l'ostilità dell'universo mediatico e lobbistico dei 5 continenti. Così, dopo aver già fatto molto in questi 3 anni di governo per tutelare i medici non abortisti e garantire la libertà di pensiero alle Chiese e alle istituzioni contrarie all'imposizione (obamiana-clintoniana) dei cosiddetti diritti riproduttivi delle donne, Trump ha annunciato che prenderà parte di persona alla Marcia per la vita di oggi.Da quasi mezzo secolo l'evento porta in piazza centinaia di migliaia di americani favorevoli alla tutela della vita senza compromessi e ormai è divenuto un appuntamento mondiale dei pro life. Giovani e vecchi, ricchi e poveri, uomini e donne, bianchi e colored, tutti uniti sotto il medesimo ideale etico e politico: proteggere la vita umana innocente dal concepimento - e non solo dalla nascita - sino alla morte naturale, e questo per ogni essere umano, sano o malato, amato o non (più) voluto e magari scartato dagli altri (eugenetica).E siccome i pro life statunitensi mettono al primo posto la difesa della vita e non le ambigue ragioni della politica - come spesso è capitato invece qui da noi - l'attuale presidente della Marcia, Jeanne Mancini, ha dichiarato, per nulla infastidita dalla presenza del presidente più ostracizzato di sempre, di essere «profondamente onorata di accogliere Trump alla quarantasettesima Marcia annuale per la vita». Tanto più, prosegue l'attivista, che egli sarà «il primo presidente della storia ad assistervi di persona e a poter notare sino a che punto i nostri marciatori sono appassionati difensori della vita e della protezione dei nascituri».Si tenga a mente che la Marcia si tiene sempre a gennaio, malgrado il clima glaciale, proprio per ricordare la discutibile decisione della giustizia americana che 47 anni fa aprì la legislazione all'aborto, sancendo uno strappo giuridico e morale che non si è mai più rimarginato nelle coscienze.Mike Pence, il vice di Trump, aveva già partecipato alla March for life in passato, e nel 2019 disse che il presidente si sarebbe opposto ad ogni evoluzione giuridica che fosse andata nel senso dell'indebolimento delle tutela della vita umana. E infatti Trump ha sottratto liquidi importanti alle industrie dell'aborto, come Planned parenthood, e li ha dirottati verso obiettivi più umani e condivisi: scuole, strade, solidarietà sociale.Che il presidente più disprezzato dalle élite globaliste e finanziarie scriva un simpatico tweet ai marciatori americani («See you on Friday») è una di quelle buone notizie che possono dispiacere solo a coloro che hanno messo la politica sopra la morale, e la rispettabilità sociale al posto della coscienza. Come se tutto questo non fosse di palmare evidenza, il quotidiano dei vescovi italiani continua una sua guerra personale contro l'amministrazione americana, dopo l'epoca d'oro della pax vatican-obamiana. Persino Popotus, il giornale di attualità per bambini annesso ad Avvenire, sul numero di ieri, dedica l'intera copertina a Trump, con una foto che ricorda Cattivissimo me e con il titolo un pochino tendenzioso di «Il più potente va a processo».Ora, se si volesse spiegare ai bambini lettori di Popotus il senso e i meccanismi dell'istituto tipicamente americano dell'impeachment, verrebbe da dire why not. Ma è lo strabiliante sottotitolo a dare il tono al pezzo: «Donald Trump viene giudicato dal Senato americano, accusato di aver violato i suoi doveri ma il verdetto non sarà imparziale: metà dei senatori sono suoi compagni di partito».Uno lo legge e lo rilegge e si domanda quale mente arguta, o annebbiata, abbia potuto concepire cotale strafalcione. L'impeachment, come spiega sempre l'articolo di Poputus per i supposti bambini interessati a quanto succede oltreoceano, non è un processo in senso stretto davanti a un tribunale, bensì «una valutazione che i parlamentari devono dare» circa i comportamenti di un membro dell'esecutivo. E a votare sono i membri del Senato, da sempre democraticamente distribuiti tra democratici e repubblicani.Ma allora cosa c'è di strano se metà dei senatori sono «suoi compagni di partito»? Non sarebbe accaduto anche con il canonizzato Obama, con Bush (padre e figlio), con Clinton (marito e moglie), eccetera? E chi può dire in anticipo che un senatore repubblicano non voti contro Trump, qualora lo ritenga colpevole, mentre uno democratico a suo favore, ritenendolo innocente? La giustizia va al di là delle casacche, e la corretta informazione dovrebbe brillare proprio in chi crede nell'esistenza di norme morali universali…Del resto, chi il suo cane vuole ammazzare, una scusa ha da trovare. E sulla partecipazione storica del presidente Trump alla Marcia in difesa della vita, a cui partecipano anche molti vescovi statunitensi, su Avvenire non c'è traccia. Troppo presi dall'impeachment e dal suo «verdetto non imparziale»?