2021-09-16
«Tramò con Pechino contro Trump». Bufera sul capo di stato maggiore Usa
Il generale Mark Milley e Donald Trump (Ansa)
Il generale Mark Milley avrebbe comunicato in segreto con il suo omologo cinese: «Vi avviseremo in caso di attacco». Il militare avrebbe poi cercato di limitare il potere nucleare del presidente. Rischia l'accusa di alto tradimento.È uno scenario allarmante quello emerso dalle anticipazioni di Peril: il nuovo libro dei giornalisti, Bob Woodward e Robert Costa. Un libro che, oltre a ricostruire le ultime (tumultuose) settimane dell'amministrazione Trump, getta una luce sinistra sul capo dello stato maggiore congiunto americano, il generale Mark Milley. In base a quanto trapelato, costui avrebbe infatti agito travalicando i propri poteri e aprendo la porta a scenari piuttosto inquietanti. Secondo il Washington Post, il libro rivela che Milley avrebbe innanzitutto avuto ben due conversazioni segrete con il suo omologo cinese, il generale Li Zuocheng, il 30 ottobre 2020 e l'8 gennaio 2021: due conversazioni con cui il militare avrebbe garantito a Pechino che gli Stati Uniti non avrebbero effettuato un attacco militare ai suoi danni. «Generale Li, voglio assicurarvi che il governo americano è stabile e che tutto andrà bene», dichiarò Milley nella prima telefonata, «Non attaccheremo o condurremo alcuna operazione cinetica contro di voi». «Milley», riporta il Washington Post, «è arrivato al punto di promettere che avrebbe avvisato il suo omologo in caso di attacco statunitense, sottolineando il rapporto che avevano stabilito attraverso un canale segreto». Una conversazione, come si può vedere, abbastanza inquietante. E che delinea l'ipotesi di un reato ben preciso: quello di tradimento. Una fattispecie, questa, che il codice degli Stati Uniti descrive come segue: «Chiunque, dovendo fedeltà agli Stati Uniti, muova guerra contro di loro o aderisca ai loro nemici, dando loro aiuto negli Stati Uniti o altrove, è colpevole di tradimento». Ma non è tutto. Come riportato dalla Cnn, il libro offre ulteriori dettagli sul comportamento di Milley. A seguito dell'irruzione in Campidoglio del 6 gennaio, il generale convocò una riunione segreta al Pentagono l'8, per avviare una revisione del processo di ricorso alle armi nucleari. In quell'occasione, il capo dello Stato maggiore congiunto intimò agli ufficiali presenti di non eseguire degli ordini, a meno che lui stesso non fosse coinvolto. Non solo: quel medesimo giorno, Milley ebbe una conversazione telefonica con la Speaker della Camera, Nancy Pelosi. «Se non sono riusciti nemmeno a fermare [Donald Trump] da lanciare un assalto al Campidoglio, chissà cos'altro potrebbe fare? E c'è qualcuno in carica alla Casa Bianca che stava facendo qualcosa tranne baciare il suo grosso culo?», chiese la Pelosi al generale, per poi proseguire: «Sai che è pazzo. È pazzo da molto tempo». Al che Milley avrebbe risposto: «Signora Speaker, sono d'accordo con lei su tutto». Cnn riferisce che, dopo quella telefonata, il generale avrebbe esortato all'allerta massima l'allora direttrice della Cia, Gina Haspel, e il direttore della Nsa, Paul Nakasone. L'invasione di campo è palese. La Costituzione americana stabilisce infatti che «il presidente sarà Comandante in capo dell'esercito e della marina degli Stati Uniti». Né lo Speaker della Camera né il capo dello Stato maggiore congiunto dispongono pertanto dell'autorità di interferire in tale materia. Tanto più che proprio il capo dello Stato maggiore congiunto è nominato dal presidente, previa ratifica del Senato (non certo della Camera!). Né quindi Nancy Pelosi aveva l'autorità di intervenire sui codici nucleari né Milley di sindacare sulle eventuali scelte di politica estera di Trump. Inoltre il presidente degli Stati Uniti detiene la pienezza dei poteri fino all'insediamento del suo successore: l'attuale capo dello Stato maggiore congiunto invece non solo ha interferito indebitamente nel periodo di transizione, ma addirittura prima delle elezioni presidenziali (una delle due telefonate con Li Zuocheng, lo abbiamo visto, risale al 30 ottobre 2021, con le elezioni che si sarebbero tenute il successivo 3 novembre). Gli stessi autori di Peril affermano che «alcuni potrebbero sostenere che Milley abbia oltrepassato la sua autorità e avocato un potere straordinario a sé». Entrambi tendono tuttavia ad assolverlo, parlando di una «buona fede» volta ad evitare una «guerra accidentale». Non la pensano però tutti così. Il senatore repubblicano, Marco Rubio, ha chiesto al presidente, Joe Biden, di licenziare Milley. In particolare, Rubio ha sostenuto che il generale «ha lavorato per minare attivamente il comandante in capo delle forze armate degli Stati Uniti in carica e ha contemplato una traditrice fuga di informazioni riservate al Partito comunista cinese». Richieste di dimissioni sono arrivate dall'ex membro del Consiglio per la sicurezza nazionale, Alexander Vindman, secondo cui Milley «ha usurpato l'autorità civile, ha rotto la catena del comando e ha violato il sacrosanto principio del controllo civile sui militari». Ricordiamo, per inciso, che Vindman testimoniò contro Trump durante l'inchiesta per impeachment dell'autunno 2019 e che non può quindi essere tacciato di lealismo verso l'ex inquilino della Casa Bianca, il quale, in un comunicato, ha a sua volta dichiarato che, se quanto trapelato corrispondesse al vero, si profilerebbe un'accusa di «tradimento». Il precedente aperto dal capo dello Stato maggiore congiunto è effettivamente grave. Inoltre, al di là dei fatti in sé stessi, immaginate soltanto che inferno sarebbe esploso, se il presidente danneggiato in questa vicenda fosse stato un democratico, invece di un repubblicano. Dove sono finiti di grazia quelli che gridano sempre al golpismo?
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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