2025-01-06
Il Canada si scrolla di dosso Trudeau. The Donald: «Diventi uno Stato Usa»
Il premier, woke e liberticida in era Covid, molla la guida dei liberali e resta ad interim.Il primo ministro canadese, Justin Trudeau, ha annunciato ieri le sue dimissioni da leader del Partito liberale. Questa decisione minaccia ora di provocare un effetto domino che, con ogni probabilità, porterà anche a elezioni anticipate (la naturale scadenza della legislatura cade nell’ottobre 2025). Nel frattempo, però, Trudeau rimarrà premier ad interim, in attesa che i liberali scelgano il loro nuovo leader. In lizza, per adesso, ci sono due donne: Melanie July, attuale ministro degli Esteri, e Chrystia Freeland, che fino a poco fa ha retto il dicastero delle Finanze, prima di sbattere la porta in faccia a Trudeau. Si conclude così, tra un pianto e uno sbadiglio, una monarchia quasi decennale (iniziata nel novembre 2015), nonché uno dei governi più woke della storia recente.Nella capitale Ottawa, in una sala stampa gremita, il premier ha rassegnato così le sue dimissioni: «Il Parlamento è paralizzato da mesi dopo quella che è stata la sessione più lunga di un governo di minoranza nella storia canadese», ha affermato Trudeau, come se la sua instabilità politica fosse quasi un merito. «Stamattina ho informato il governatore generale che abbiamo bisogno di un nuovo Parlamento. Lui ha accolto la mia richiesta e la Camera sarà ora sospesa fino al 24 marzo». Tracciando un bilancio della sua esperienza di governo, Trudeau ci ha tenuto a rivendicare, tra i suoi presunti successi, gli aiuti all’Ucraina e la gestione della pandemia (in realtà tutt’altro che esaltante, per usare un eufemismo).Definendosi un «combattente» che ha sempre lottato «per amore del Canada», Trudeau è poi passato ai toni patetici, ribadendo di «non essere uno che si ritira facilmente da una battaglia» e parlando di «passo indietro per il bene del Paese». Eppure, ha aggiunto, sarebbe stato costretto a molalre per permettere ai liberali di scegliere un leader in grado di vincere le prossime elezioni. Anche perché, ha spiegato togliendosi qualche sassolino dalla scarpa, «se devo combattere battaglie interne al partito, non posso essere la migliore opzione per le prossime elezioni». Al contrario, ha dichiarato, «abbiamo bisogno di una visione ambiziosa e ottimistica del futuro e Pierre Poilievre non la offre», facendo riferimento al candidato principe del Partito conservatore, attualmente con il vento in poppa in tutti i sondaggi e probabile successore di Trudeau alla carica di primo ministro. Con queste dimissioni, peraltro, non finisce solo la carriera politica del povero Justin, ma un’intera dinastia. Trudeau, infatti, è il rampollo della casata canadese più influente del dopoguerra, visto che suo padre Pierre è stato premier in più occasioni tra gli anni Sessanta e Ottanta. Sommando i vari mandati dei due si arriva a circa 25 anni di «regno».Malgrado Trudeau non si sia preso alcuna responsabilità nel suo discorso di commiato è chiaro che la sua popolarità, sempre più traballante, ha giocato un ruolo decisivo. A pesare, in questa caduta verticale, c’è stato sicuramente l’aumento del costo della vita, dai generi alimentari al mercato immobiliare. Eppure, al tempo stesso, non possono essere dimenticate tutte quelle disastrose misure woke che hanno alienato sempre più consensi alla sua figura e al suo partito: dalla cannabis libera al sostegno dei diritti Lgbt (come i bloccanti della pubertà), per arrivare fino alle sue numerose leggi censorie, tra cui quella contro l’«odio in Rete». Al culmine di questa tirannia wokista, nel 2022 Trudeau ordinò persino di congelare i conti correnti dei camionisti che stavano protestando contro le restrizioni anti Covid: una misura dal sapore orwelliano che fece molto discutere anche a livello internazionale. Non stupisce, a questo punto, che le sue gesta abbiano fatto perdere così tanti consensi ai liberali (dati dai sondaggi intorno al 20%), favorendo al contempo i conservatori, che oggi veleggiano intorno al 45%. Una volta annunciato il ritiro del premier canadese, si è espresso sulla vicenda anche Donald Trump, che ha individuato il motivo delle dimissioni di Trudeau nella sua minaccia di imporre dazi al 25% se Ottawa non bloccherà il traffico di droga e immigrati al confine tra i due Paesi. Nello stesso messaggio, affidato al suo social Truth, il tycoon ha inoltre rilanciato la proposta di fare del Canada il cinquantunesimo Stato americano. Quella che sembrava una boutade, a quanto pare, potrebbe essere qualcosa di molto più serio.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.