2023-05-21
Tregua armata fra Francia e Italia. La Meloni non molla sugli aiuti a Tunisi
Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron (Ansa)
Incontro fra Emmanuel Macron e il nostro premier dopo gli attacchi di Parigi sui migranti. Palazzo Chigi chiede all’Fmi di sbloccare i fondi per Saied: «Serve pragmatismo». Il prossimo G7 si terrà nel 2024 in Puglia.Proprio come in un match di pugilato lungo e dall’esito incerto, Giorgia Meloni si aggiudica un altro round contro Emmanuel Macron, il quale - diciamolo chiaramente - è per ora largamente in difetto. È stato lui, in più occasioni, a provocare il premier italiano sull’immigrazione, ed è stato il suo ministro degli Interni Gérald Darmanin, due volte solo in questo mese di maggio, ad agire da piromane politico, in modo tanto violento quanto gratuito, sempre sul medesimo tema. La Meloni ha tenuto i nervi saldi, ha evitato di raccogliere la polemica che gli altri ostinatamente rinfocolavano, ha derubricato l’agitazione dei francesi a questione di politica interna transalpina, e, ancora qualche giorno fa in Islanda, prima del G7 giapponese, ha fatto capire che avrebbe visto il presidente francese, ma non ha dato alcun segno di fretta nel voler fissare un incontro bilaterale chiarificatorio. E l’incontro, ieri a Hiroshima, c’è stato: 45 minuti di colloquio. Macron ha dovuto interpretare la parte di quello che va a Canossa: già prima del meeting, ha espresso solidarietà all’Italia (tweet in francese e in italiano) per la tragedia dell’Emilia Romagna. E poi c’è stato il confronto vero e proprio (l’ultimo era avvenuto circa un mese fa a Bruxelles, in occasione di un Consiglio europeo). Sul tavolo tre questioni: una ripresa di relazioni minimamente costruttive, il tema dell’immigrazione, l’imminente semestre di negoziato europeo sulla riforma del Patto di stabilità. Se a Parigi ci fosse totale razionalità politica, proprio quest’ultimo dossier dovrebbe portare la Francia a fare squadra con l’Italia. Infatti, la bozza proposta da Paolo Gentiloni è una trappola non solo per noi, ma pure per i transalpini, che a loro volta devono fare i conti con un ingente debito pubblico. Dunque, sarebbe ragionevole lavorare insieme per correggerla nel modo più profondo possibile. Ma - sorrisi e photo opportunity a parte - non c’è da farsi illusioni su Macron e sui suoi riflessi politici di fondo. Con eloquente durezza, un uomo che conosce la politica mondiale, Nile Gardiner (a suo tempo consigliere di Margaret Thatcher, oggi editorialista del Telegraph di Londra nonché personalità impegnata nel think tank americano Heritage foundation), lo definì un anno e mezzo fa «backstabber», cioè uno che ti pugnala alla schiena, un traditore seriale. E, nel caso della Meloni, sono almeno quattro le cose che fanno letteralmente impazzire di rabbia e di paura l’inquilino dell’Eliseo. Primo: il fatto di vedere nel governo italiano la prefigurazione di una sua possibile sconfitta in Francia per mano della destra. Secondo: il rischio, dopo le elezioni europee del 2024, di essere marginalizzato a Bruxelles. Terzo: il protagonismo italiano in Africa, proprio mentre Parigi perde posizioni in quel continente. Quarto: il rispetto di cui la Meloni gode in ambito Nato e che potrebbe consentire all’Italia di giocare un ruolo chiave sia nel quadrante mediterraneo sia rispetto alla grande partita energetica globale. Morale: ieri Macron ha dovuto sorridere a denti stretti. Ma non c’è da farsi illusioni sulla sua sincerità. Anzi, se nei prossimi 12 mesi avrà la possibilità di danneggiare Roma, non esiterà a farlo. Un po’ per necessità politica, un po’ perché - proprio come lo scorpione della favola di Esopo - questa è la sua natura. In ogni caso, in una conferenza stampa prima di ripartire, la Meloni ha gettato acqua sul fuoco, pur tenendo il punto sugli obiettivi: «Con Macron è andata bene come i precedenti incontri: siamo concreti al di là delle cose in campagna elettorale che ciascuno di noi ha. Siamo due Paesi vicini su moltissimi dossier. Il prossimo Consiglio Ue deve agire subito sulla Tunisia e c’è piena disponibilità a dare una mano non tanto all’Italia ma all’Europa di cui siamo la frontiera. Non possiamo diventare un campo profughi, l’unico mezzo è difendere la frontiera esterna».Sempre ieri, la Meloni ha anche incontrato il direttore dell’Fmi Kristalina Georgieva e il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. In questo trilaterale, la Meloni ha chiesto che non ci siano verso Tunisi rigidità eccessive. Per carità: i temi della democrazia e dei diritti umani meritano ogni rispetto. Ma non si può pretendere che la Tunisia si trasformi in poche settimane in una democrazia occidentale. A meno di aver già deciso di accettare l’esplosione di quel delicato Paese, con devastanti conseguenze sul terreno dell’immigrazione. Per questo il premier italiano ha chiesto «maggiore pragmatismo»: «La Tunisia è in una situazione difficilissima, una fragilità politica evidente e un rischio di default finanziario dietro l’angolo. C’è una certa rigidità dell’Fmi di fronte al fatto che non si sono ottenute dal presidente Saied tutte le garanzie che sarebbero necessarie». Conclusione in conferenza stampa: «Dobbiamo sempre considerare le alternative. Ricordiamo quello che è successo in Libia…». Quanto al G7 del 2024, la Meloni ha preannunciato che si terrà in Puglia.
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