2023-02-11
«Tradizionalisti cattolici pericolosi». L’Fbi lancia la fatwa, poi ci ripensa
Pubblicato dai media un incredibile rapporto del Bureau che bolla intere comunità di fedeli come congreghe di antisemiti e suprematisti. Dopo lo scandalo, il documento è stato ritirato: «Non rispetta i nostri standard».Qualcuno continua a ripetere che la politicizzazione dell’Fbi sarebbe un’invenzione dei repubblicani. Peccato che, a ben vedere, le cose non stiano esattamente così. Eh sì, perché, oltre a mettere nel mirino i pro life e le associazioni di genitori contrarie all’indottrinamento liberal nelle scuole, il Bureau ha trovato anche un altro «nemico»: i cattolici tradizionalisti. Il motivo? Risulterebbero inclini a connessioni con movimenti estremisti e violenti. Ma andiamo con ordine. Mercoledì, il sito Uncoverdc, ha pubblicato una circolare interna della sezione dell’Fbi di Richmond, datata 23 gennaio 2023. Secondo il documento, almeno una parte del mondo cattolico tradizionalista «presenta opportunità di attenuazione delle minacce», in quanto sarebbe caratterizzato dall’«adesione a un’ideologia antisemita, anti-immigrati, anti-lgbtq e improntata al suprematismo bianco». Non solo: come «prova» di radicalismo viene menzionata anche l’opposizione all’aborto. È interessante notare come il documento citi tra le proprie fonti la rivista progressista Salon e il Southern Poverty Law Center: una onlus che è stata spesso accusata di bollare faziosamente alcune associazioni conservatrici e cristiane come gruppi d’odio. Una onlus che vanta anche delle porte girevoli con il Partito democratico: basti pensare che la vicepresidente del cda è Karol Mason, che fece parte del comitato elettorale di Barack Obama nel 2008 e lavorò al Dipartimento di Giustizia durante la sua presidenza tra il 2013 e il 2017. Non solo: la Ceo, Margaret Huang, ha precedentemente lavorato presso il Robert Kennedy Center e, prima ancora, nello staff del senatore dem Claiborne Pell. Ora, il fatto che l’Fbi si serva dei rapporti prodotti dal Southern Poverty Law Center ha destato più di una perplessità. E, guarda caso, proprio l’altro ieri il National Catholic Register ha riferito che il Bureau ha fatto marcia indietro, sconfessando il documento contro i cattolici tradizionalisti. In particolare, l’agenzia federale ha dichiarato che «rimuoverà il documento dai sistemi dell’Fbi» perché non soddisfa i «rigorosi standard dell’Fbi». «Dopo aver appreso del documento», si legge in una nota ufficiale del Bureau, «il quartier generale dell’Fbi ha rapidamente iniziato ad agire per rimuovere il documento dai sistemi dell’Fbi e condurre una revisione della base del documento. L’Fbi si impegna a svolgere un solido lavoro analitico e a indagare e prevenire atti di violenza e altri crimini, pur sostenendo i diritti costituzionali di tutti gli americani, e non condurrà mai attività investigative né aprirà un’indagine basata esclusivamente su attività protette dal Primo emendamento». Eh già, perché qui il sospetto è che potesse configurarsi una violazione proprio del Primo emendamento, che impone al potere pubblico il rispetto della libertà religiosa. C’è semmai da chiedersi se il Bureau avrebbe sottoposto a revisione il documento sui tradizionalisti, qualora non fosse uscito sulla stampa. D’altronde, non è la prima volta che l’Fbi si comporta in modo allarmante, da quando Joe Biden è in carica. L’anno scorso, il Bureau ha usato il pugno duro contro vari attivisti antiabortisti. Uno dei casi più eclatanti è stato quello di Mark Houck: padre di famiglia arrestato a settembre, mentre ben 25 agenti facevano irruzione in casa sua. Accusato di aver violato il Face Act (che vieta di impedire a una persona di ricorrere all’aborto), è stato alla fine assolto il 30 gennaio scorso. Era invece il 4 ottobre 2021, quando il Dipartimento di Giustizia emise un memorandum, in cui si prescriveva la mobilitazione dell’Fbi per mettere nel mirino i genitori che protestavano contro i curricula liberal introdotti negli istituti scolastici. Se è vero che si erano verificati alcuni episodi di spiacevole concitazione, è altrettanto vero che ricorrere agli agenti federali è apparso forse un tantino esagerato. Anche perché non è che l’Fbi e il dipartimento di Giustizia si siano mossi con troppa solerzia contro gli attivisti pro aborto che, dopo la sentenza della Corte suprema su Roe v Wade dello scorso giugno, si sono macchiati di atti vandalici contro chiese e centri per le nascite. Tra l’altro, l’Fbi fu mobilitato in risposta a una lettera della National School Boards Association, che aveva associato i genitori che protestavano al «terrorismo interno». Sarà un caso, ma anche la National School Boards Association vanta varie porte girevoli con il Partito democratico (il suo Ceo dell’epoca, Chip Slaven, aveva lavorato nello staff del governatore dem Bob Wise). È in questo quadro complessivo che la nuova sottocommissione parlamentare contro la politicizzazione del governo federale, guidata dal deputato repubblicano Jim Jordan, sta concentrando la propria attenzione principalmente sull’Fbi. Durante le prime audizioni tenutesi l’altro ieri alla Camera, è stata ascolta l’ex agente speciale Nicole Parker. «Nel corso dei miei oltre dodici anni di servizio, la traiettoria dell’Fbi si è trasformata», ha detto. «L’Fbi è diventato un’arma politica, partendo dai vertici di Washington e scendendo fino agli uffici sul campo», ha aggiunto. Non solo. Pochi giorni fa, la commissione Giustizia della Camera ha emesso degli ordini di comparizione per il procuratore generale, Merrick Garland, e il direttore dell’Fbi, Chris Wray: l’obiettivo è quello di ottenere informazioni sul controverso memorandum del 4 ottobre 2021. Genitori, antiabortisti, tradizionalisti. Chi sarà il prossimo «nemico» dell’Fbi? Non lo sappiamo. L’unica cosa certa è che si tratterà di qualche gruppo poco amato dal Partito democratico.