2024-09-14
L’ex governatore ligure patteggia: 1.500 ore di lavori socialmente utili
Giovanni Toti (Imagoeconomica)
Accordo fra Toti e la Procura: 2 anni e un mese che verranno convertiti in attività per la collettività. Stessa scelta anche per Signorini. Da definire la posizione di Spinelli. Il gup si esprimerà il 15 ottobre.La notizia è che Giovanni Toti, imputato per corruzione e finanziamento illecito, ha chiesto il patteggiamento alla Procura di Genova e dovrà rispondere solo per corruzione impropria. Se il 15 ottobre l’intesa sarà ratificata dal giudice per l’udienza preliminare (gup), l’ex presidente della Liguria otterrà così una pena di due anni e un mese, da scontare tramite 1.500 ore di lavori di pubblica utilità che andranno definiti prossimamente, la confisca di 84.100 euro, l’interdizione temporanea dai pubblici uffici e l’incapacità di contrattare con le pubbliche amministrazioni per tutta la durata della pena. Sì al patteggiamento anche per l’ex presidente del porto di Genova Paolo Signorini: la pena di tre anni e cinque mesi gli dovrebbe permettere di evitare il carcere. Ancora invece non è chiaro l’orientamento dell’imprenditore Aldo Spinelli.Agli occhi dei detrattori, della sinistra forcaiola che sfrutterà la decisione nelle Regionali di ottobre, si tratta di un’ammissione di responsabilità che giustificherebbe l’accanimento giudiziario nei confronti del già governatore, arrestato lo scorso 7 maggio e costretto a dimettersi per porre termine a tre mesi di arresti domiciliari. Intercettato per quasi tre anni, accusato di corruzione, corruzione elettorale, finanziamento illecito e falso, si era visto rigettare l’istanza di revoca anche al Tribunale del riesame perché ci sarebbe stato rischio di inquinamento probatorio e reiterazione del reato. A nulla è valsa nemmeno la dichiarazione che non si sarebbe ricandidato alla guida della Regione Liguria. Il giornalista prestato alla politica rimase in stato di detenzione nella sua casa di Ameglia (La Spezia) per oltre 80 giorni. Dopo aver formalizzato il 26 luglio le sue dimissioni «irrevocabili», improvvisamente vennero meno le esigenze cautelari, a conferma della pesante intromissione della magistratura nella sfera politica, e l’ex governatore tornò libero il 1° agosto. Adesso patteggia, si è accordato con la Procura per rispondere solo di corruzione impropria. Reato che commette il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio quando accetta denaro o altra utilità, «o ne accetta la promessa», in cambio del compimento di un atto del suo ufficio. Toti l’ha definito «reato di contesto, legato non ad atti ma ad atteggiamenti, un’accusa difficile da provare per la sua evanescenza, ma altrettanto difficile da smontare per le stesse ragioni».In realtà, non si patteggia solo se si è colpevoli. L’accordo tra imputato e pubblico ministero, vagliato dal gup, permette sì di non andare a processo e di poter ottenere una condanna con sconti di pena, sia detentivi sia pecuniari, ma significa rinunciare a difendersi da un’accusa. E accettare una condanna definitiva. L’ha ben spiegato Toti, nel suo primo commento sul patteggiamento. «Come tutte le transazioni suscitano sentimenti opposti: da un lato l’amarezza di non perseguire fino in fondo le nostre ragioni di innocenza, dall’altro il sollievo di vederne riconoscere una buona parte». Le ragioni di questa scelta le conosce solo l’ex presidente della Liguria, supportato dal suo avvocato Stefano Savi. Non andare a dibattimento, fissato con rito immediato per il prossimo 5 novembre, certo vorrà dire mettere fine a un massacro politico, giudiziario e mediatico. Non ci saranno tempi lunghissimi (e costosi) di attesa per arrivare a sentenza, però Toti si era sempre dichiarato innocente rigettando ogni accusa di corruzione. Evitando il processo, in questo modo dice addio alla speranza di veder riconosciuta la propria innocenza tanto dichiarata, poco importa se poteva avvenire in primo grado, in appello, o in Cassazione. Umanamente comprensibile, la decisione di cercare un accordo è deleteria sotto il profilo politico. Il 27 e 28 ottobre in Liguria si svolgeranno le elezioni regionali e il patteggiamento dell’ex governatore è motivo di evidente imbarazzo per il centrodestra, che ha candidato alla presidenza della Regione il sindaco di Genova, Marco Bucci, contro Andrea Orlando per il centrosinistra. Soprattutto perché alla Verità risulta certo che i vertici di Forza Italia, Fdi e Lega fossero totalmente all’oscuro della scelta cui è giunto l’ex governatore.Toti nella lettera di dimissioni aveva difeso la sua coalizione che «fino a oggi mi ha lealmente sostenuto», e si era detto certo che «saprà portare avanti gli ambiziosi progetti che abbiamo cominciato a realizzare per questa terra». Ieri ha detto che l’accordo «pone fine alla tormentata vicenda che ha pagato una istituzione oltre alle persone coinvolte». Però adesso con quel patteggiamento condanna gli alleati del centrodestra a una campagna elettorale ingrata, e che dovrà essere cambiata in corsa. Il metodo Toti, di buon governo della Regione, non può essere più speso per contrastare le ambizioni della sinistra di mettere le mani sulla Liguria dopo «il disastro morale e politico del centrodestra», come ama ripetere Orlando. Il profilo forte, l’impegno di Bucci che si è messo a disposizione malgrado le sue delicate condizioni di salute, rischia di essere vanificato se la mobilitazione di Elly Schlein e dei suoi militanti, sempre dalla parte dei pm, delle inchieste giudiziarie per annientare l’avversario, userà come una clava l’accordo voluto dall’ex presidente pur di non andare a processo in un’inchiesta per corruzione elettorale.Per questo, da ieri la parola d’ordine è togliere dalla lista Bucci i fedelissimi di Toti.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)