2023-05-28
Torna Houellebecq, un po’ pentito e un po’ no
Michel Houellebecq (Getty Images)
In uscita «Qualche mese della mia vita», in cui lo scrittore parla della controversa storia del suo porno e delle polemiche sull’islam. «Ho cambiato idea, non c’è legame tra religione e delinquenza». Ma non smette di provocare : «Vorrei intervistare Breivik».Torna Michel Houellebecq. Torna in libreria, torna anche, un po’ maldestramente, sui suoi passi. È, insomma, uno Houellebecq revenant, parola che in francese indica letteralmente l’atto di colui che «riviene», ma anche il fantasma, quale del resto appariva lo scrittore, pallido e stralunato, tra le lenzuola di un grottesco porno diffuso, assicura lui, suo malgrado. La sua ultima fatica si chiama, con un certo understatement, Qualche mese della mia vita, pamphlet in uscita per i tipi de La nave di Teseo. I mesi della sua vita di cui parla Houellebecq sono per l’appunto quelli del cortometraggio hard girato con il collettivo olandese Kirac insieme a due prostitute di Amsterdam e poi definito frutto di un raggiro, e quelli dei suoi guai seguiti all’intervista con Michel Onfray apparsa nel numero speciale della rivista Front populaire. Le frasi forti sull’islam pronunciate nel corso di quel colloquio lo hanno portato a un confronto con il rettore della Grande moschea di Parigi, nel corso del quale lo scrittore parrebbe aver maturato la consapevolezza di aver detto delle «stupidaggini». Due i passaggi incriminati: quelli in cui Houellebecq diceva: «Credo che il desiderio della popolazione francese “autoctona”, come si suol dire, non sia affatto che i musulmani si assimilino, ma semplicemente che smettano di derubarla e aggredirla», e un altro in cui, un po’ ambiguamente, prefigurava degli attentati in risposta agli attacchi islamisti. «Sono sempre più convinto», dichiara lo scrittore in una lunga intervista a Le Point in cui presenta la sua nuova uscita, «che il problema non è l’islam, è la delinquenza. I delinquenti sono tali perché la loro natura li porta verso il male e quando si impegnano nella jihad è per poter fare ancora più male. L’islam non è che un pretesto». «Ha dunque cambiato opinione sull’islam?», domanda l’intervistatore. Risposta: «Sì sono stato preso in una stupidità collettiva. C’è tutto un discorso che si è sviluppato sul legame tra islam e delinquenza che è semplicemente falso. La pratica assidua di una religione quale che sia non conduce alla delinquenza». Si tratta di frasi difficilmente interpretabili. Da una parte, infatti, Houellebecq sembra troppo severo con le proprie affermazioni passate (Sottomissione non è affatto un libello volgarmente «islamofobo», come del resto egli stesso riconosce in Qualche mese della mia vita, e non c’è quindi motivo di operare inversioni a U sull’argomento), dall’altra banalizza il tema in senso opposto a quanto fa chi dipinge tout court tutti i musulmani come delinquenti. Il punto è che delinquenza comune e religione fanno entrambi parte di un problema più ampio, complesso e stratificato. Un problema di civiltà, insomma. Non ci voleva lo Houellebecq pentito per farci capire l’ovvio, e cioè che le canaglie che spacciano e derubano nelle periferie francesi non sono soldati di Allah che stanno applicando con scrupolo filologico il Corano. C’è però da interrogarsi sulla preoccupante continuità che c’è spesso tra delinquenza comune e scelta salafita (il superstite del Bataclan, Salah Abdeslam, è una perfetta figura a cavallo tra i due mondi). Azzerare il livello del discorso limitandosi a chiedere «certezza della pena» per i delinquenti, come un assessore comunale a corto di idee, significa compiere significativi passi verso la banalizzazione del problema. Confusa e un po’ involuta appare anche la descrizione della vicenda del famoso porno, con clausole contrattuali imbarazzanti scoperte solo a cose fatte, un improvviso e implausibile ritorno di fiamma del pudore («Prendevo le scale per non incontrare nessuno in ascensore») e improvvisi squarci di sincerità («Credo che sia la mia vanità che mi ha trascinato lì: quando una ragazza mi dice che vuole venire a letto con me perché sono il più grande autore francese, io lo trovo normale. Forse non dovrei…»). Va detto che non su tutto Houellebecq ha cambiato idea. Vedi l’immigrazione: «Bisogna considerevolmente restringerla». O l’utero in affitto: «Io sono per la prostituzione, ma la gestazione per altri no, sono francamente contro per delle ragioni semplici: succede che la gravidanza vada male, il parto anche e che questo lasci degli strascichi. Ma non ne faccio un punto di rottura come con l’eutanasia. Lo stadio seguente alla gestazione per altri, la vendita di organi, quello sarebbe per me un punto di rottura». Non manca un sussulto del vecchio provocatore, come quando Houellebecq dichiara il suo interesse per lo stragista Breivik: «Sono stato invitato da un giornale norvegese e ho espresso l’idea che amerei e incontrare Anders Behring Breivik. Loro hanno respinto l’idea con indignazione, io non ho insistito, ma gli scrittori hanno il diritto di incontrare i criminali. Il risultato potrebbe valerne la pena». Chiusa sull’Ucraina: «È stata vittima di un’aggressione ingiusta, il mondo intero ha pertanto il dovere di aiutarla». Fermo restando che, tuttavia, «l’Ucraina è leader mondiale sul mercato della gestazione per altri».
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)