2019-06-11
«Torna di moda la camicia a maniche corte»
True
Luigi Lardini, fondatore del marchio che porta il suo nome, il 17 giugno inaugura le vendite online e ha lanciato il progetto Denim 01: «Per la prossima estate ci ispiriamo a Cuba. I maschi curano troppo poco l'abbigliamento. Viva i tagli morbidi: basta giacche e pantaloni strizzati».Per Stefano Ricci sete tecniche e tinte forti, dal rosso al giallo. Torna Pitti: la Fortezza da Basso ospiterà fino al 14 giugno 1.220 espositori da 35 Paesi. Una via trasformata in passerella, un defilé a cielo aperto. I primi diplomati del corso triennale in Fashion Design Collection di Istituto Marangoni Firenze hanno presentato le loro collezioni in una sfilata che rappresenta un passo concreto verso il loro futuro professionale nel mondo della moda.Lo speciale comprende tre articoli e gallery fotografiche.È il marchio del fiorellino, i quattro petali più famosi del mondo. Un segno distintivo inconfondibile che vince quotidianamente l'oscar della televisione per la presenza costante in trasmissioni e talk show. Luigi Lardini inventò in simbolo della sua griffe nel 2008: «Volevo che le nostre giacche si riconoscessero al primo sguardo e ho pensato a qualcosa di romantico - noi italiani siamo sentimentali - così è nato il fiore, che non è né una margherita né un quadrifoglio». Lardini, senza dubbio, è l'uomo delle intuizioni che precorrono i tempi e i concorrenti. Perché l'idea del piccolo oggetto da infilare nell'asola del revers l'hanno poi copiata tutti. «Se ne vedono di ogni tipo, non c'è marchio che non ne abbia inventato uno». La prima lampadina si accese nella mente di Luigi nel 1978. Lui allora era un diciottenne con una grande passione per lo stile, tanto da creare una collezione di capi da uomo. Il fratello Andrea e la sorella Lorena intuirono le potenzialità dell'iniziativa e, anche grazie al padre che li supportò, aprirono un laboratorio sartoriale nel loro paese, Filottrano, borgo medievale in provincia di Ancona. Nel giro di pochi anni la lista dei clienti che fanno confezionare i loro capispalla da Lardini inizia ad annoverare i nomi più importanti a livello internazionale. Dopo 41 anni di storia (e 10 milioni di giacche prodotte) si può dire che è stato un grande successo di famiglia: presto si aggiunge la sorella Annarita e oggi ben sei figli dei fratelli fondatori, la seconda generazione, lavorano in azienda. «È così, la famiglia è il nostro pilastro. Il senso del dovere ha consentito la continuità: nel futuro più retail e innovazione tecnologica». La sfida è iniziata con una collezione che portava il loro nome, a cui è seguita la partnership con Gabriele Pasini. «Abbiamo affiancato all'attività di produzione per altre aziende un progetto tutto nostro, un modello di business che non abbandoniamo: non sacrifichiamo le aziende con cui lavoriamo da anni per i nostri home brand, e viceversa». A Filottrano si producono 2.000 capi al giorno (sono 1.400 i lavoratori all'interno dell'azienda e quelli nei laboratori) che raggiungono i mercati internazionali attraverso una catena distributiva in continua espansione, che oggi conta 700 punti vendita in selezionatissimi multibrand e corner nei migliori department store non solo in Europa ma anche in Giappone, Corea, Russia, Cina e Usa: Lardini esporta il 70% della sua produzione. «Verso fine anno apriremo ad Anversa e il 17 giugno inizieremo le vendite online, abbiamo aspettato per fare bene». Nel 2016 c'è stato un incremento del fatturato del 30% di Lardini uomo e si prevede un traguardo del +30% per il 2018, oltrepassando così i 90 milioni. Quali sono le novità che portate al Pitti, al via oggi? «Una nuova collezione, ispirata a Cuba e all'Avana. Penso ai colori delle auto d'epoca, le Ford Thunderbird e Fairlane, le Oldsmobile e le Chevrolet Bel Air, giusto per dirne qualcuna, sfacciatamente a tinte forti. A quelli delle case, così accesi e allegri. Bisogna dare un po' di ottimismo attraverso la moda, basta tinte scure che mettono tristezza. E l'estate dà una mano. Presentiamo capi esclusivi e d'archivio, come la camicia guayabera - simbolo dell'abbigliamento cubano - realizzata in lino o le stampe floreali che rimandano all'immaginario della spiaggia di Varadero». Resta la classicità dei vostri abiti.«Senza dubbio. Tenendo conto che le linee si sono ammorbidite. Basta ai pantaloni troppo stretti, ormai inguardabili anche se è molto faticoso far capire che sono ineleganti e senza stile. Anche le giacche si allungano e non sono più strizzate. Non torniamo agli anni Ottanta, ma smettiamola di essere ridicoli. E poi il mio spassionato amore per le camicie a manica corta, le portavo io, i miei genitori. Si indossano in maniera contemporanea, a strati e con T shirt».C'è anche il nuovo progetto Denim 01.«Si tratta di cinque capi con etichettatura esclusiva - una giacca doppiopetto, una monopetto, una workshirt, un pantalone cinque tasche, mai stato presente nelle nostre collezioni, e un pantalone chino - in pregiati tessuti giapponesi. E quattro T shirt in cotone organico, con un packaging sostenibile e riciclabile, realizzate in collaborazione con l'illustratore Andrea Mancini, che si è ispirato alle emozioni immortali dell'Avana». Vista la grande quantità di proposte, per un uomo è semplice vestirsi bene, la moda aiuta.«Sì, se una persona si specchia e si vede bene la moda dà sicurezza. Oggi si impara a vestirsi anche guardando i social, dove è tutto immediato e più semplice. Non è cosi difficile, basta stare attenti a non mischiare i colori in modo inappropriato e il gioco è fatto. Ma vedo ancora uomini che vanno in giro con il pinocchietto in città, senza rendersi conto che non sono al mare. Le nuove generazioni sono più attente, invece gli uomini di una certa età si lasciano andare mentre le loro mogli sono molto curate. Il nuovo maschio presta più attenzione al corpo che all'abbigliamento. Vanno nelle spa e magari son vestiti male».