2021-08-05
Top Ganna & C. sono i più veloci di sempre
Oro e record del mondo per il quartetto tricolore dell'inseguimento a squadre. Battuta in finale la Danimarca data per favorita. Batoste invece per il Settebello e l'Italvolley femminile della portabandiera Egonu: entrambi presi a pallonate dalla SerbiaSe avessero agguantato l'oro, aveva promesso Filippo Ganna, avrebbe portato i compagni di squadra a bere con licenza d'ubriachezza. Avrà pensato anche a questo ieri, magari ridacchiando, questa sorta di fulmine a pedali dalle fattezze umane nato nel 1996 a Verbania. Ieri, nella finale maschile di inseguimento a squadre con bici su pista, gli azzurri, Ganna su tutti, sembravano spinti da qualche forza misteriosa incompatibile con le leggi della fisica, come se il dio Eolo avesse consegnato loro la sacca dei venti da aprire al momento giusto per spazzar via gli ostici danesi. Primo posto dell'Italia con 3'42"032, podio storico, ennesimo record mondiale infranto, il quartetto che annovera pure Francesco Lamon, Simone Consonni, Jonathan Milan adesso può dedicarsi a bagordi festosi senza pesi sulla coscienza. E dire che gli scandinavi erano in vantaggio di otto decimi negli ultimi giri, con i nostri costretti a inseguire, a tentare l'ennesima impresa, qualcosa di memorabile come quella compiuta in semifinale, quando hanno superato i neozelandesi di soli nove millesimi di secondo. Intendiamoci, la Danimarca era tra i peggiori avversari possibili. Detentrice del record del mondo di specialità stabilito nel 2020, aveva già registrato il miglior tempo nel primo turno di qualificazione proprio davanti all'Italia (3'45"014 contro 3'45"895) e nelle semifinali aveva superato i britannici, da sempre tra le nazioni favorite in questa particolare disciplina, forti di una compattezza di squadra con pochi eguali. L'inseguimento su pista è un concerto per velocisti che risulta convincente solo se i quattro uomini di un team sono sincronizzati al dettaglio, si conoscono, sanno fare dell'intesa vincendevole l'arma per abbattere il cronometro. Poi, come spesso accade, in ogni concerto riuscito, spicca il solista dalle doti prodigiose. Nel quartetto italiano, l'affiatamento di Consonni e Lamon era lampante, l'ottimo inserimento del ventunenne Jonathan Milan ha dissipato ogni incognita sulla tenuta dei ciclisti, Ganna ha fatto il resto. L'atleta piemontese nel 2016 vinse i Mondiali nella categoria individuale con il tempo di 4'16"141, mentre ai Mondiali del 2020 aveva stabilito un incredibile 4'01"934, distinguendosi per una peculiarità decisiva: saper innescare la miccia nei momenti essenziali, governando le fiammate per recuperare eventuali svantaggi. «Credevo restasse un sogno, invece il sogno si è avverato. Dovevo mostrare ai ragazzi quanto fossi convinto delle nostre possibilità, ma non sapevo che cosa aspettarmi. Quello che abbiamo realizzato in questi giorni ha fatto venire le gambe molli ai nostri avversari, quando Pippo è andato avanti senza paura ci ho creduto». Poi si schermisce: «Vi assicuro che svolgere il compito degli altri tre è più gravoso, io ho dovuto solo mantenere il ritmo». Cinquantatré anni sono trascorsi dall'ultima volta in cui un quartetto azzurro ha conquistato una medaglia alle Olimpiadi nell'inseguimento a squadre. Allora gli eroi si chiamavano Cipriano Chemello, Giorgio Morbiato, Lorenzo Bosisio e Luigi Roncaglia, agguantarono la medaglia di bronzo a Città del Messico ai danni dell'Unione Sovietica. Allora come oggi, una caratteristica li contraddistingueva: il basso profilo, la dedizione che si fa militanza agonistica affrancandosi dalla tentazione della baracconata social-mediatica. Insomma, quel che è mancato, pare, alle ragazze dell'Italvolley, acclamate come totem arcobaleno anche per la presenza nella compagine dell'ottima Paola Egonu, tirata per la giacchetta a fini politici poiché di origini nigeriane - dunque perfetta per uno spottone sul multiculturalismo fiabesco, come era accaduto durante gli Europei di calcio al Belgio e alla Francia, non pervenute nelle partite che contavano - e però prese a pallonate dalle avversarie serbe: tre set a zero, 25-21, 25-14, 25-21 i parziali, italiane a casa nei quarti di finale. «Alle ragazze avevo raccomandato di staccarsi dai social e da tutto quello che le circondasse perché già di emozioni ne stavamo vivendo tante. Questa Olimpiade è stata una palestra tosta per tutti: per me che ho fatto cinque post sui social in sei anni è stato facile, forse per loro un po' più difficile», ha dichiarato l'allenatore Davide Mazzanti con una stoccata neanche poi così velata. La Serbia, del resto, così identitaria e leonina, è una gran brutta bestia per noi a Tokyo 2020. Pure il Settebello di pallanuoto si è arreso ai balcanici campioni in carica: 10-6 (5-2; 4-1; 0-1; 1-2) il punteggio. Sandro Campagna, ct della Nazionale, non nasconde la delusione: «Il mio rammarico è quello di non essercela potuta giocare fino all'ultimo secondo. Non mi aspettavo una partenza del genere, avevo visto i ragazzi belli carichi. Se non avessimo incassato quei cinque, sei gol tra i primi due tempi, sarebbe stata una grande battaglia fino all'ultimo secondo. Tutto sommato il nostro cammino è stato buono, adesso abbiamo tre anni per prepararci con intensità, senza fasciarci la testa, lavorando sodo».
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