2023-04-06
Toh, l’ispezione proprio a Bergamo
Le fughe di notizie dalle Procure sono una costante da decenni. Ma, fatalità, il ministero si muove solo ora, dopo le indiscrezioni sui fascicoli riguardanti la gestione pandemica.Ma che strano. Il ministero della Giustizia ha inviato degli ispettori in Procura a Bergamo per «verificare se sia configurabile nei confronti del procuratore di Bergamo (Antonio Chiappani) l’illecito disciplinare». Chiappani si è occupato in particolare della gestione dei primi giorni della pandemia in Val Seriana, notoriamente in provincia di Bergamo, la più colpita, e sarebbe accusato di fuga di notizie per le «numerose interviste» rilasciate, a indagini concluse. Lo ha reso pubblico il sottosegretario della Lega Andrea Ostellari. L’accusa inoltre sarebbe quella che gli indagati sarebbero venuti a conoscenza delle indagini a loro carico dalla stampa per una fuga di notizie. Che strano che dopo decenni di fughe di notizie, tra l’altro con indagini ancora in corso o appena iniziate, e non attraverso dichiarazioni del procuratore, ma attraverso qualche manina fatata che passava ai giornalisti notizie riservate e che dovevano essere coperte dal segreto istruttorio, proprio nel caso del Covid - guarda un po’ - si mandano gli ispettori a Bergamo. Non c’è dubbio che i magistrati debbano parlare nei tribunali perché quella è la sede naturale, ma sorge il dubbio che in questo caso siano troppi, soprattutto a Roma, quelli che cadrebbero nella rete a strascico lanciata dal procuratore Chiappani. Solo ad esempio, come ha rilevato Maurizio Belpietro due giorni fa su questo giornale da lui diretto, Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità dal 2019, nonché portavoce del Comitato tecnico scientifico dal marzo 2021, che è ancora tranquillamente al suo posto, evidentemente avendo il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ritenuto di lasciarlo lì, ed è uno dei più importanti soggetti insieme all’ex ministro Speranza. Se non bastasse, il loro ruolo pubblico è decisivo nella determinazione delle politiche di contenimento del virus; abbiamo letto anche il contenuto di alcune intercettazioni che lasciano sbigottiti, insieme ad altri inqualificabili, ma tutti tesi a nascondere la reale entità dei problemi. Andiamo a vedere un po’ cosa mai avrebbe detto Chiappani. Nella sostanza, il procuratore di Bergamo ha detto «Dimostriamo che i rischi furono sottovalutati. Ora i cittadini conoscono la verità, decidano i giudici. Tre anni di indagini? Almeno noi abbiamo concluso qualcosa, i politici nemmeno una commissione. Dovevano dare una risposta». Ora, si può discutere finché si vuole sulla fuga di notizie a proposito degli indagati, e certamente è stato un errore grave quello di far apprendere dai giornali ciò che gli indagati avevano il sacrosanto diritto di venire a conoscere attraverso un atto giudiziario, non attraverso la carta stampata, ma ciò che ha detto il procuratore Chiappani esige un’ispezione da parte del ministero della Giustizia? Capite bene che i dubbi che abbiamo esposto, di vedere in questa ispezione una punizione verso chi ha indagato sui misfatti della gestione del Covid, non dico che siano una certezza, ma generano un dubbio grosso come una montagna. Se in questi anni si fossero mandati gli ispettori di giustizia - almeno gli ultimi trent’anni, tanto per intenderci da Tangentopoli in poi - ad ogni fuga di notizie dalle Procure o dai Tribunali, ebbene, a questo punto avremmo quasi risolto il problema della disoccupazione, perché ne avrebbero dovuti assumere migliaia e migliaia. Evidentemente su questa questione in Italia chi decide ha almeno cento pesi e cento misure e gli ispettori spesso sono stati mandati non in relazione alla gravità oggettiva dei fatti, ma relativamente ad altri parametri e, qualsiasi essi siano, di certo c’è solo che sono sbagliati. Sulla questione del Covid hanno inzuppato il biscottino in tanti, e in tanti si stanno ancora lavando le mani che avevano infilato nella marmellata. Poiché si tratta di una questione molto seria, e cioè la gestione di una pandemia, sarebbe il caso di capire bene le procedure e le responsabilità di chi l’ha gestita, non per motivi di generico giustizialismo che non ci appartengono, ma per capire cosa fare e non fare nel caso malaugurato di dover ancora provare a gestire qualcosa di simile. In altri termini, questo percorso di comprensione non può essere preso come una gita fuori porta, non è una scampagnata, è il diritto dei cittadini a sapere esattamente cosa è successo, perché sulla strada sono rimasti molti morti e feriti, di tutte le età, soprattutto nel secondo caso. È ora che si decida di lasciare indagare sul serio e che il Parlamento per primo abbia il coraggio di indagare, attraverso i poteri che gli sono conferiti, quanto prima e quanto più approfonditamente possibile.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)