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Con Nicola Rao ricostruiamo la vicenda di Sergio Ramelli e il dramma dell'epoca in cui ci si uccideva per la politica. Ma parliamo anche dell'odio dei nostri giorni
Con Nicola Rao ricostruiamo la vicenda di Sergio Ramelli e il dramma dell'epoca in cui ci si uccideva per la politica. Ma parliamo anche dell'odio dei nostri giorni
Ha afferrato un’anziana donna ai polsi e poi le ha rubato i soldi che la vittima aveva appena prelevato allo sportello del bancomat. La squadra mobile della questura di Bologna ha arrestato un ventisettenne marocchino che, lo scorso 19 novembre, ha rapinato una malata oncologica di 73 anni. L’aggressione è avvenuta in via Cairoli, a Bologna, e, dopo alcune settimane di indagini, le forze dell’ordine sono riuscite a individuare il presunto responsabile e identificarlo. Nei confronti del giovane marocchino, che è risultato irregolare in Italia, è stata disposta la misura cautelare della custodia in carcere. Le indagini hanno consentito di ricostruire quanto accaduto ai danni di una donna «anziana e malata oncologica».
Dopo aver prelevato i soldi allo sportello del bancomat, la donna «era stata avvicinata da un uomo che, dopo averle afferrato i polsi, si era impossessato della somma appena prelevata pari a 150 euro». La vittima, che ancora presentava segni sui polsi, «ha chiesto aiuto in un esercizio commerciale» e poi, ancora in preda allo choc, ha denunciato l’aggressione alla polizia. Da quel momento sono state avviate le indagini delle forze dell’ordine.
Gli investigatori, sin da subito, si sono concentrati sulle immagini delle telecamere di videosorveglianza presenti nella zona e le indagini «hanno avuto una svolta quando, durante un servizio in Bolognina», i poliziotti «hanno assistito a uno scambio di una dose di crack» e hanno notato che «l’acquirente, opportunamente controllato, presentava somiglianze significative con l’autore della rapina». I riscontri all’attività investigativa hanno consentito di accertare che si trattava proprio del ventisettenne marocchino che è, quindi, stato fotosegnalato. Dalle succ essive verifiche sono emersi «gravi e concordanti indizi» a carico del marocchino che coincideva con il giovane che aveva aggredito e rapinato l’anziana lo scorso 19 novembre. Gli inquirenti hanno valutato, poi, la situazione dell’arrestato e, considerate «l’assenza di attività lavorativa e la conclamata dipendenza dal crack, è stato ritenuto sussistente un grave rischio di reiterazione di reato, contenibile unicamente con la misura della custodia in carcere». Dopo che è stata resa nota la notizia dell’arresto del giovane marocchino, ha iniziato a diventare virale sul Web e sui social un video che riprende alcuni momenti della rapina in cui si vede l’anziana donna difendersi dal rapinatore che la strattona per rubarle i soldi appena prelevati. Quanto accaduto a Bologna ha riacceso, nuovamente, i riflettori sul problema sicurezza anche alla luce dell’aumento dei casi di violenze e aggressioni che vedono, sempre più, vittime tra giovani, donne e anziani e tra i «responsabili» cittadini stranieri molti dei quali irregolari sul territorio nazionale.
Il 2025 si conclude con un elevato numero di violenze, aggressioni e rapine. Solo alcune settimane fa, una ragazza di appena 23 anni è stata immobilizzata e violentata a Roma all’uscita della metro B Jonio. Nel cuore della notte del 7 dicembre, la giovane è stata aggredita da tre extracomunitari: due di loro l’hanno bloccata, mentre il terzo ha abusato di lei. I tre, poi, si sono dileguati a piedi tra le vie del quartiere che a quell’ora erano deserte. La ragazza ha iniziato a urlare dalla disperazione ed è riuscita poi a raggiungere il pronto soccorso dell’ospedale Pertini. Ma a fine novembre, la Capitale era sprofondata nell’angoscia dopo lo stupro di una ragazza di appena 18 anni avvenuto nel parco di Tor Tre Teste. Un «branco formato da almeno cinque cittadini stranieri» avrebbe violentato la giovane davanti agli occhi terrorizzati del suo fidanzato. Tre di loro sono sono stati arrestati dalle forze dell’ordine. I due giovani erano nella loro auto quando il gruppo si è avvicinato e ha sfondato il finestrino della vettura. La loro intenzione, hanno raccontato i tre arrestati agli inquirenti dopo il fermo, era «solo quella di rubare il cellulare». Ma la vittima della violenza sessuale e il suo fidanzato hanno ricostruito una scena ancora più raccapricciante: la giovane è stata afferrata dal braccio e portata fuori dal veicolo: «Devi venire con noi», le avrebbero urlato gli stranieri. Uno di loro ha abusato di lei. Mentre il suo fidanzato, un giovane di 24 anni, è stato immobilizzato e costretto a rimanere inerme mentre uno del «branco» abusava della sua fidanzatina.
Per non parlare delle aggressioni che si sono ventificate a Milano e nell’hinterland. Un giovane di 22 anni è stato aggredito lo scorso 12 ottobre in zona corso Como, a due passi dalla movida milanese, e ha riportato danni permanenti a una gamba per le coltellate ricevute. Le immagini delle telecamere di videosorveglianza hanno consentito di individuare i presunti responsabili di quel massacro, due diciottenni (uno di Monza e un egiziano) e tre diciassettenni (tutti lombardi): dal video si vede una gang di «ragazzini» massacrare il giovane con calci e pugni per rubargli 50 euro. L’elenco di aggressioni e rapine sembra «stridere» con le classifiche che vedono alcune di queste città ai primi posti per qualità della vita.
Concedere la grazia ad alcuni detenuti in prossimità delle festività natalizie è da sempre un gesto di clemenza simbolico molto forte, tradizionalmente riservato a vicende giudiziarie con risvolti umani delicati. Ma tra i cinque provvedimenti di clemenza firmati ieri dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con il parere favorevole del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, c’è n’è uno destinato a far discutere. È quello nei confronti di Alla F. Hamad Abdelkarim, già calciatore della Serie A libica giunto in Italia su un barcone, condannato alla pena complessiva di 30 anni di reclusione per delitti di concorso in omicidio plurimo, violazione delle norme sull’immigrazione per fatti avvenuti nel 2015.
Nato in Libia 30 anni fa, nel 2017 la giustizia italiana lo ritenne, insieme a quattro complici, uno degli scafisti di un barcone che, nella notte di Ferragosto di dieci anni fa, venne soccorso dalla Marina italiana al largo di Lampedusa e nella cui stiva vennero trovati i corpi di 49 persone, morte asfissiate durante la traversata. Le cronache dell’epoca raccontavano dettagli agghiaccianti. L’inchiesta della Procura distrettuale di Catania aveva infatti collegato il decesso dei 49 uomini con l’assenza di aria all’interno dell’angusta stiva del peschereccio. Secondo l’accusa, gli otto avrebbero «colpito con calci, pugni e l’utilizzo di cinghie ferrate» i migranti nella stiva, «bloccando con i loro corpi i boccaporti che avrebbero consentito il passaggio al ponte superiore» dei viaggiatori, «causando così la morte per mancanza di ossigeno» delle 49 vittime.
«Nel concedere la grazia parziale, che ha estinto una parte della pena detentiva ancora da espiare», fa sapere il Quirinale, «il capo dello Stato ha tenuto conto del parere favorevole del ministro della Giustizia, della giovane età del condannato al momento del fatto, della circostanza che nel lungo periodo di detenzione di oltre dieci anni, sinora espiata dall’agosto del 2015, lo stesso ha dato ampia prova di un proficuo percorso di recupero avviato in carcere, come riconosciuto dal magistrato di sorveglianza, nonché del contesto particolarmente complesso e drammatico in cui si è verificato il reato. Ciò è stato evidenziato anche dai giudici della Corte d’Appello di Messina i quali, nel rigettare l’istanza di revisione per ragioni processuali, hanno sottolineato che per «ridurre lo scarto indubbiamente esistente tra il diritto e la pena legalmente applicata e la dimensione morale della effettiva colpevolezza», si può fare ricorso solo all’istituto della grazia che consente di ridurre o commutare una parte della pena». Clemenza che è prontamente arrivata, forse anche sull’onda delle pressioni mediatiche arrivate attraverso una campagna stampa caratterizzata da un violento attacco ai testimoni del legale del giovane libico, Cinzia Pecoraro, che ieri si è detta «felicissima» («Al mio cliente restano 6-7 anni, ora prepariamo nuova istanza di revisione»): «Due testimoni sui nove sentiti, selezionati non si sa con quale criterio, hanno dichiarato che Alla si occupava di distribuire l’acqua e mantenere l’ordine sul barcone». Poi l’affondo, dai toni a dir poco singolari, che in altre circostanze avrebbero fatto inorridire le femministe: «Si tratta di testimonianze rese subito dopo lo sbarco da parte di donne sotto choc e allo stremo delle capacità fisiche e psichiche, che avevano perso familiari nel tragitto e non dormivano, mangiavano e bevevano da giorni». Una campagna mediatica arrivata anche su Rai 3, che nel gennaio di quest’anno, all’interno del programma Il fattore umano aveva dedicato un servizio alla storia di Abdelkarim, con tanto di intervista al giovane tunisino, che dopo che si trovava recluso nel carcere dell’Ucciardone di Palermo.
Meno clamorosi gli altri provvedimenti di clemenza, tra cui quello a favore di Franco Cioni, l’anziano che il 14 aprile 2021 a Vignola (Modena) uccise la moglie malata terminale e fu condannato a sei anni e due mesi.
Gli altri tre beneficiari della grazia di Mattarella sono Zeneli Bardhyl, nato nel 1962, condannato alla pena di un anno e mezzo per il delitto di evasione dagli arresti domiciliari; Alessandro Ciappei, nato nel 1974, condannato alla pena di dieci mesi di reclusione per il delitto di truffa, commesso nel 2014; Gabriele Spezzuti, nato nel 1968, condannato alla pena detentiva della reclusione, espiata fino al 2014, e alla pena pecuniaria di 90.000 euro di multa per delitti in materia di sostanze stupefacenti, commessi nel 2005. L’atto di clemenza riguarda solo la pena pecuniaria residua da eseguire (80.000 euro di multa).
Regalo di Natale da parte di Sergio Mattarella a uno scafista: condannato a 30 anni di carcere per il naufragio di un’imbarcazione in cui morirono 49 persone, Abdelkarim Alla F. Hamad è stato graziato. I fatti risalgono a Ferragosto di dieci anni fa: la barca carica di migranti salpò da Sabratha, ma quando arrivò sulle nostre coste nella stiva i soccorritori trovarono 49 cadaveri. Rinchiusi là sotto, molti morirono asfissiati. I sopravvissuti accusarono otto persone di aver organizzato il viaggio e tra questi l’ex giocatore libico Aldelkarim Alla F. Hamad. I giudici lo condannarono insieme ai suoi compagni per concorso in omicidio plurimo e violazione delle norme sull’immigrazione, appioppandogli in tutto 30 anni di carcere. Del suo caso in passato si era occupata anche Rai 3, raccontando la sua storia e quella di chi era partito con lui e dando conto della battaglia per la revisione del processo.
I giudici, a cui i legali si rivolsero, però non hanno trovato una buona ragione per rivedere il giudizio, confermando la sentenza. Il tribunale, infatti, ha ritenuto Abdelkarim colpevole di aver fatto parte dell’equipaggio che governò l’imbarcazione e quindi lo hanno condannato in quanto «sodale della rete criminale che organizzò il viaggio». Insomma, per la legge italiana era ed è uno scafista. Però per Mattarella il giovanotto è da perdonare.
Dunque, ecco arrivare la grazia del Quirinale, con parere favorevole del ministro della Giustizia, «in ragione della giovane età del condannato al momento del fatto e della circostanza che nel lungo periodo di detenzione lo stesso ha dato prova di un proficuo percorso di recupero». Del resto, era la strada indicata perfino dalla Corte d’Appello di Messina che, nel rigettare l’istanza di revisione per ragioni processuali, aveva fatto espressamente cenno al solo modo di ridurre la pena: ovvero l’istituto della grazia. Perché i magistrati, nel confermare una sentenza, debbano indicare la via per ridurre o commutare la pena è un mistero. E misteriosa resta anche la ragione della decisione del Colle.
Dietro le sbarre ci sono persone che hanno commesso reati, anche gravi, in giovane età, ma non sempre, anzi quasi mai, trovano la comprensione del presidente della Repubblica. Può darsi che Abdelkarim Alla F. Hamad abbia davvero intrapreso un percorso di recupero, dando prova di essere cambiato, come recita il comunicato del Quirinale. Tuttavia, per consentire di allentare le misure di detenzione esiste già la legge Gozzini, che ai detenuti che si comportano bene riconosce una serie di benefici, accorciando il periodo in cella e concedendo permessi e lavori all’esterno del carcere. Insomma, in un periodo in cui l’immigrazione desta seria preoccupazione fra gli italiani, in particolare quella in arrivo dall’Africa, c’era proprio bisogno di premiare uno scafista?
Probabilmente in vista del Natale Mattarella avrà sentito l’esigenza di un gesto di misericordia. Ma chissà perché ha scelto proprio un migrante e per di più condannato per concorso nell’omicidio di 49 persone. Ci avesse fatto un fischio avremmo trovato altri detenuti che soffrono e altri condannati che hanno dato segni di ravvedimento e di volersi reinserire nella società dopo aver espiato parte della pena.
Tuttavia, la decisione ormai è presa e non si può certo tornare indietro. Per il futuro però ci permettiamo un suggerimento: la Corte d’Appello ha di recente condannato a 14 anni e 9 mesi di carcere Mario Roggero, il gioielliere che a Grinzane Cavour reagì uccidendo due rapinatori e ferendone un terzo. Nel suo caso non c’è la giovane età a giocare a favore ma semmai l’età avanzata. Se la condanna venisse confermata in Cassazione, per il commerciante piemontese a 72 anni si aprirebbero le porte del carcere. Posso assicurare che l’uomo ha già pagato il suo debito con la giustizia, perché le sentenze lo hanno spogliato di quasi tutti i suoi averi, consegnando i risparmi di una vita di lavoro ai famigliari dei rapinatori a titolo di risarcimento. Di certo Roggero è persona che, se lasciata in libertà, si reinserirebbe nella società civile, senza dare alcun problema alla comunità dove vive. Dunque, se la grazia deve servire a rimettere ordine e fare un po’ di giustizia, non c’è miglior provvedimento di quello che un domani cancelli la pena inflitta a Roggero. Non è cosa da decidersi ora, perché c’è sempre la Cassazione che potrebbe rimediare all’errore di mandare in galera un brav’uomo. Però, nei panni di Mattarella, ci penserei.
Per il Psoe, crollato al 26% in una delle roccaforti socialiste della Spagna mentre i partiti di destra hanno ottenuto il 60% dei voti, le elezioni in Estremadura sono state un totale fallimento. ll Partito popolare (Pp) si è affermato come principale forza politica alle regionali di domenica (43,2%) e con un solo seggio in più, raggiungendo quota 29, ha ampliato il suo vantaggio sul partito del premier Pedro Sánchez.
Ma la scossa più forte alla sinistra istituzionale è stata data da Vox: con il 17% dei voti, cresciuto da 5 a 11 seggi, diventa il secondo partito a Badajoz, la città più grande della Regione autonoma, davanti al Psoe che ha registrato il suo peggior risultato di sempre. Meno 10 seggi rispetto a due anni fa (da 28 a 18), una perdita di oltre 100.000 voti (da 242.659 a 136.017) e un calo di 15 punti percentuali di consenso (dal 39,9% al 25,7%).
In una Regione dove il Psoe aveva governato per 36 anni senza mai scendere al di sotto del 39% dei consensi, la sconfitta risulta pesantissima anche se era attesa, considerata l’ondata di scandali che ha travolto il premier assieme ad alcuni suoi fedelissimi e la paralisi del Parlamento. «È devastante», ha dichiarato il socialista Miguel Ángel Morales, presidente del Consiglio provinciale di Cáceres. Il candidato sconfitto, Miguel Ángel Gallardo, ieri si è dimesso dalla carica di segretario generale del Psoe in Estremadura.
L’attuale presidente e candidata del Pp, María Guardiola, con il 43,2% dei consensi guida il partito leader sebbene le manchino quattro seggi per raggiungere la maggioranza assoluta. Per governare ha bisogno del sostegno di Vox, il cui leader Santiago Abascal ha promesso che gli elettori «non saranno resi invisibili né traditi», dopo averlo votato in 89.360. C’è stato un raddoppio di consensi, nel 2023 la destra di Vox aveva ottenuto 49.342 voti (8,12%). Tra i messaggi concreti di Vox, la difesa della centrale nucleare di Almaraz (e relativi posti di lavoro) contro il green che non convince.
Le trattative per formare un governo in Estremadura si stanno rivelando, però, difficili: il presidente del Pp, Alberto Núñez Feijóo, vuole risultare l’unica opzione praticabile e aspetta i risultati delle prossime elezioni in Aragona, Castiglia e León e Andalusia per candidarsi come l’unica possibile alternativa alla Moncloa. La svolta a destra uscita dalle regionali di domenica è comunque un dato di cui dovrà tenere conto.
Su X Abascal ha scritto: «È il Pp che deve scegliere se stringere un patto con il Psoe per attuare politiche socialiste, se stringere un patto con Podemos per attuare il femminismo estremo di Irene Montero o se stringere un patto con Vox per realizzare il cambiamento che è stato rubato e tradito dalla signora Guardiola».
Per la presidente della Comunità di Madrid, Isabel Díaz Ayuso, il primo ministro è un «perdente» e un «perdente professionista» alle elezioni, ma Pedro Sánchez, intanto, fa finta di nulla. Ieri, dopo aver annunciato alcuni cambiamenti nel governo (la nuova portavoce Elma Saiz e il nuovo ministro per l’Istruzione, la Formazione professionale e lo Sport, Milagros Tolón), il premier ha rivendicato il ruolo del Psoe come «garante dei servizi pubblici, dell’uguaglianza e del progresso».
La realtà è che il partito del premier ha subito una sconfitta clamorosa e gli elettori, di diversi strati sociali che hanno votato a destra dimostrano la perdita di fiducia nel Psoe e nel suo leader, travolto dagli scandali e dall’inconcludenza. Eppure c’è chi vede nel crollo in Estremadura un’arma in più che Sánchez utilizzerà per restare disperatamente attaccato alla guida del governo.
Nel suo sbrigativo discorso di fine anno, il primo ministro sosteneva che non si possono tenere elezioni nazionali anticipate perché equivarrebbe ad aprire le porte della Moncloa «alla destra e all’estrema destra». Secondo Ricardo T. Lucas, opinionista di Expansión, «Sánchez sarà comunque in grado di presentarsi come il campione della resistenza progressista contro l’ascesa dell’estrema destra in tutta Europa». Bisogna vedere fino a quando l’elettorato stanco gli permetterà di prendere in giro gli spagnoli.

