Nell’agosto 2020 il ministro della Salute ha autorizzato l’assunzione della RU486 senza ricovero. In ottobre l’Aifa ha esteso la vendita della «pillola dei 5 giorni dopo» senza ricetta medica anche alle minorenni. Da allora c’è stata un’impennata degli aborti chimici. Che ormai sono la metà di tutte le interruzioni di gravidanza.
Nell’agosto 2020 il ministro della Salute ha autorizzato l’assunzione della RU486 senza ricovero. In ottobre l’Aifa ha esteso la vendita della «pillola dei 5 giorni dopo» senza ricetta medica anche alle minorenni. Da allora c’è stata un’impennata degli aborti chimici. Che ormai sono la metà di tutte le interruzioni di gravidanza.Sessant’anni esatti dopo l’uscita dell’omonimo capolavoro di Dino Risi, un altro «sorpasso» si delinea all’orizzonte, ma risulta assai più cupo: è quello della pillola abortiva Ru-486 sull’aborto chirurgico. Lo dicono i dati provenienti da varie regioni, nelle quali l’aborto chimico sta avvicinando o addirittura in più contesti ha già superato, nel numero, l’opzione tradizionale. Sicuramente è il caso della Toscana, dove si stima che, nel primo semestre del 2021, gli aborti eseguiti tramite quello che il grande scienziato Jérôme Lejeune definiva «il pesticida umano» siano stati il 55% del totale, percentuale notevole anche se in linea con una quota risultata già significativa negli anni 2019 (39%) e 2020 (44%). L’aborto chimico va molto forte anche in Emilia Romagna. A Reggio il 2020 è stato l’anno in cui i trattamenti medici hanno superato quelli chirurgici: sono stati 434, il 58% del totale. E il ricorso alla Ru486 aumenta progressivamente, come prova il caso dell’ospedale Santa Maria Nuova dove lo scorso anno, su 510 aborti, quelli praticati con la pillola sono stati 384; in pratica, tre donne su quattro hanno scelto la via farmacologica al posto della chirurgia. Analogamente, nel primo anno della pandemia negli ospedali dell’Ausl di Bologna quasi 7 aborti su 10 (il 68,4%) sono avvenuti con il trattamento cosiddetto farmacologico. tendenza diffusaTutto questo, si badi, non deve stupire dato che consolida una tendenza che va prendendo corpo da tempo nella nostra penisola. Già tre anni fa, per dire, tramite la pillola abortiva in Piemonte veniva effettuato quasi 1 aborto su 2 e in Liguria la percentuale era al 44%. Certo, all’inizio le cose erano molto diverse. Nel 2005, infatti, quando la Ru-486 debuttò in due sole regioni italiane - guarda caso Toscana e Piemonte - gli aborti ottenuti tramite la sua assunzione furono 132, appena lo 0,1% del totale. Ma già nel 2009, con l’aborto chimico introdotto in cinque regioni, le soppressioni prenatali a esso riconducibili furono ben di più, vale a dire 857. Dal 2014, poi, la Ru-486 è disponibile lungo tutta la penisola ed è passata da 10.257 assunzioni alle 17.799 del 2019, facendo segnare una crescita di oltre il 73% in soli 5 anni. Non è finita. Nell’estate del primo anno della pandemia, con la circolare pubblicata il 12 agosto 2020, ci ha messo del suo anche il ministro della Salute Roberto Speranza, il quale, sulla base dell’«evidenza scientifica», ha aggiornato le linee guida fino ad allora vigenti stabilendo che la pillola abortiva, diversamente da quanto prima avveniva, si possa assumere senza ricovero e fino alla nona settimana di gravidanza, prorogando il termine, fino ad allora previsto, delle 7 settimane. È insomma grazie a questa ulteriore apertura che l’uso del «pesticida umano» sta dilagando in un contesto in cui, di fatto, gli aborti sono in diminuzione. E questo nonostante non si tratti affatto di una procedura indolore ma, al contrario, da tenere sotto controllo. Chi lo dice? Ma lo stesso ministro Speranza. Leggendo cosa riporta a pagina 53 l’ultima relazione sull’applicazione della legge 194, quella trasmessa al Parlamento il 30 luglio 2021, si apprende infatti che i casi di una «complicazione immediata» conseguente all’assunzione della pillola abortiva ammontano al 3,1% del totale. Apparentemente trascurabile, in realtà su questa percentuale si dovrebbero fare dei ragionamenti. le controindicazioniTanto è vero che lo stesso ministero della Salute, nella citata relazione, a riferire che i dati di cui l’Italia dispone in ordine alla Ru-486 sono «simili a quanto rilevato in altri Paesi e a quelli riportati in letteratura e sembrano confermare la sicurezza di questa metodica». Avete letto bene: i dati «sembrano confermare» la sicurezza dell’aborto chimico. Di più il ministero della Salute non si sente di scrivere; e va capito. Sì, perché la letteratura medica internazionale è tutt’altro che rassicurante in merito all’effettiva sicurezza della pillola abortiva. Ancora nel 2005 il New England Journal of medicine ricordava che l’aborto chimico presenta un tasso di mortalità dieci volte superiore a quello chirurgico. Se quest’affermazione dovesse apparire eccessiva, vale la pena ricordare che nel 2009, commentando i dati americani in seno alla Commissione igiene e sanità del Senato, la professoressa Assuntina Morresi osservava che dal 1988 al 1997, negli Usa, si contarono 25 morti materne a ogni età gestazionale - quindi, per tutto il tempo della gravidanza - su 13.161.000 aborti chirurgici. Invece dal 2001 al 2005, rilevava sempre Morresi, sono risultate 5 morti materne per infezione da Clostridium sordellii dopo l’aborto chimico, a fronte di un totale di 460.000 stimati aborti di questo tipo, che normalmente non riguardano tutto il tempo della gravidanza. Un rapido calcolo ed ecco i conti sulla maggiore mortalità della Ru-486 tornano, eccome. Attualmente negli Stati Uniti i decessi registrati e associati all’assunzione della pillola abortiva ammontano a 26, in quello che è un macabro conteggio che, da anni, non accenna ad arrestarsi.dolori e nauseaLe controindicazioni del «pesticida umano», che ormai va per la maggiore anche nella nostra penisola, non si fermano però a questo già allarmante dato. Ancora una volta, infatti, è la letteratura medica a evidenziare come la pillola abortiva provochi dolori, nausea e debolezza con crampi, si leggeva su Obstetrics and gynecology ancora nel 2005, in quasi il 94% dei casi. Non è tutto. Non va infatti dimenticato pure un altro aspetto, che è quello che non ogni tanto bensì addirittura in un caso su due vede la gestante che ha assunto la Ru-486 riconoscere poi il feto abortito una volta espulso. Una esperienza che deve essere sconvolgente e che, insieme con gli altri riscontri riportati, probabilmente spiega come mai secondo il ministero della Salute i dati «sembrano» solo «confermare la sicurezza di questa metodica». Che tuttavia, ecco il punto, davvero è sempre più diffusa. Forse per l’illusione che, come cantava Julie Andrews nei panni di Mary Poppins, con poco «la pillola va giù»; solo che poi, dopo l’aborto chimico, non succederà che «tutto brillerà di più»; tutt’altro. È già tanto se ci sarà ancora qualcosa che brilli.
Antonio Scurati (Ansa)
Eccoli lì, tutti i «veri sapienti» progressisti che si riuniscono per chiedere all’Aie di bandire l’editore «Passaggio al bosco» dalla manifestazione «Più libri più liberi».
Sono tutti lì belli schierati in fila per la battaglia finale. L’ultima grande lotta in difesa del pensiero unico e dell’omologazione culturale: dovessero perderla, per la sinistra culturale sarebbe uno smacco difficilmente recuperabile. E dunque eccoli, uniti per chiedere alla Associazione italiana editori di cacciare il piccolo editore destrorso Passaggio al bosco dalla manifestazione letteraria Più libri più liberi. Motivo? Tale editore sarebbe neofascista, apologeta delle più turpi nefandezze novecentesche e via dicendo. In un appello rivolto all’Aie, 80 autori manifestano sdegno e irritazione. Si chiedono come sia possibile che Passaggio al bosco abbia trovato spazio nella fiera della piccola editoria, impugnano addirittura il regolamento che le case editrici devono accettare per la partecipazione: «Non c’è forse una norma - l’Articolo 24, osservanza di leggi e regolamenti - che impegna chiaramente gli espositori a aderire a tutti i valori espressi nella Costituzione italiana, nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea e nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in particolare a quelli relativi alla tutela della libertà di pensiero, di stampa, di rispetto della dignità umana? Poniamo quindi queste domande e preoccupazioni all’attenzione dell’Associazione italiana editori per aprire una riflessione sull’opportunità della presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e valori democratici». Memorabile: invocano la libertà di pensiero per chiedere la censura.
Olivier Marleix (Ansa)
Pubblicato post mortem il saggio dell’esponente di spicco dei Républicains, trovato impiccato il 7 luglio scorso «Il presidente è un servitore del capitalismo illiberale. Ha fatto perdere credibilità alla Francia nel mondo».
Gli ingredienti per la spy story ci sono tutti. Anzi, visto che siamo in Francia, l’ambientazione è più quella di un noir vecchio stile. I fatti sono questi: un politico di lungo corso, che conosce bene i segreti del potere, scrive un libro contro il capo dello Stato. Quando è ormai nella fase dell’ultima revisione di bozze viene tuttavia trovato misteriosamente impiccato. Il volume esce comunque, postumo, e la data di pubblicazione finisce per coincidere con il decimo anniversario del più sanguinario attentato della storia francese, quasi fosse un messaggio in codice per qualcuno.
Roberto Gualtieri (Ansa)
Gualtieri avvia l’«accoglienza diffusa», ma i soldi andranno solo alla Ong.
Aiutiamoli a casa loro. Il problema è che loro, in questo caso, sono i cittadini romani. Ai quali toccherà di pagare vitto e alloggio ai migranti in duplice forma: volontariamente, cioè letteralmente ospitandoli e mantenendoli nella propria abitazione oppure involontariamente per decisione del Comune che ha stanziato 400.000 euro di soldi pubblici per l’accoglienza. Tempo fa La Verità aveva dato notizia del bando comunale con cui è stato istituito un servizio di accoglienza che sarà attivo dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2028. E ora sono arrivati i risultati. «A conclusione della procedura negoziata di affidamento del servizio di accoglienza in famiglia in favore di persone migranti singole e/o nuclei familiari o monogenitoriali, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nonché neomaggiorenni in carico ai servizi sociali», si legge sul sito del Comune, «il dipartimento Politiche sociali e Salute comunica l’aggiudicazione del servizio. L’affidamento, relativo alla procedura è stato aggiudicato all’operatore economico Refugees Welcome Italia Ets».
2025-12-03
Pronto soccorso in affanno: la Simeu avverte il rischio di una crisi strutturale nel 2026
True
iStock
Secondo l’indagine della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, dal 2026 quasi sette pronto soccorso su dieci avranno organici medici sotto il fabbisogno. Tra contratti in scadenza, scarso turnover e condizioni di lavoro critiche, il sistema di emergenza-urgenza rischia una crisi profonda.
Il sistema di emergenza-urgenza italiano sta per affrontare una delle sue prove più dure: per molti pronto soccorso l’inizio del 2026 potrebbe segnare una crisi strutturale del personale medico. A metterne in evidenza la gravità è Alessandro Riccardi, presidente della Simeu - Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza - al termine di un’indagine che fotografa uno scenario inquietante.






