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2025-02-11
Tutto pronto per la terza stagione di «The White Lotus»
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«The White Lotus» (Sky)
La prima stagione è stata iconica, il merito - forse - di una Jennifer Coolidge in perenne stato di grazia. The White Lotus, con i primi episodi ambientati tra il lusso umido delle Hawaii, paradiso per pochi, dove la forbice sociale ha agli apici turisti e manodopera locale, è riuscita a tratteggiare un quadro nitido e spietato della società contemporanea (meglio se statunitense). Ed è riuscita a farlo senza mai tirarla in ballo una sola volta questa società contemporanea, la gigantesca chimera dei magnifici Stati Uniti d'America. Non l'ha né li ha mai nominati, non direttamente. Piuttosto, li ha cacciati fra le pieghe chiassose degli abiti di Jennifer Coolidge, il cui personaggio è secondo solo a quello interpretato in Two Broke Girls.
Jennifer Coolidge è stata una ricca, ricchissima matrona, troppo distante dai meccanismi che regolano l'umana esistenza per poter essere oggetto di un qualche rimprovero. Stralunata, magnanima a suo modo, ha fatto da trait d'union fra la prima e la seconda stagione della serie tv. Nella terza, però, non ci sarà. L'attrice si è fermata in Sicilia, dove gli sceneggiatori dello show hanno ricreato la stessa ambientazione delle Hawaii: un resort sfarzoso, le ferie vuote e l'ozio della gente abbiente, un omicidio e le fragilità degli astanti, improvvisamente visibili e insanabili.
The White Lotus ha proposto uno stesso schema, cercandogli però applicazioni diverse e variabili evidenti. Quest'anno, lo ha fatto per la terza volta. Il nuovo capitolo della serie tv, otto episodi disponibili su Sky e NowTv a partire da lunedì 17 febbraio, è stato girato in Tailandia, fra Bangkok, Koh Samui e Phuket. Di nuovo, è stato opzionato un gigantesco quanto lussuoso albergo, di quelli che possano costituire una rappresentazione in scala dell'umanità, con le sue infinite disparità. Di nuovo, dunque, è stato ricreato un sistema capitalista, dove turisti ricchi e oziosi si interfaccino con una manodopera sgangherata. Il tutto, questa volta, con un occhio alla dimensione spirituale dell'esistenza e del luogo scenico.The White Lotus, negli anni, ha saputo differenziare le proprie stagioni attraverso piccoli espedienti. La prima, l'ha dedicata interamente alla tematica economica, con lo stridio prodotto dalle orde di turisti in Paesi poveri. Nella seconda, ha inserito la variabile dell'amore, declinato su un doppio binario: la famiglia, da un lato, il desiderio, dall'altro. Con la terza stagione, gli sceneggiatori hanno parzialmente invertito la rotta, non più carne ma spirito. The White Lotus 3, nelle parole dello sceneggiatore Mark White, offrirà una riflessione profonda e allo stesso tempo provocatoria sulla visione della spiritualità in Oriente. Di qui, il contrasto (voluto, volutissimo) tra la superficialità dei turisti e le antiche tradizioni locali. Di qui, la satira, spietata, da - di nuovo, quanto meno da intenzioni - smorzata attraverso il ricorso (fino ad ora straordinario) all'umorismo.
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Il nuovo capitolo della serie tv, otto episodi disponibili su Sky e NowTv a partire da lunedì 17 febbraio, è stato girato in Tailandia, fra Bangkok, Koh Samui e Phuket.La prima stagione è stata iconica, il merito - forse - di una Jennifer Coolidge in perenne stato di grazia. The White Lotus, con i primi episodi ambientati tra il lusso umido delle Hawaii, paradiso per pochi, dove la forbice sociale ha agli apici turisti e manodopera locale, è riuscita a tratteggiare un quadro nitido e spietato della società contemporanea (meglio se statunitense). Ed è riuscita a farlo senza mai tirarla in ballo una sola volta questa società contemporanea, la gigantesca chimera dei magnifici Stati Uniti d'America. Non l'ha né li ha mai nominati, non direttamente. Piuttosto, li ha cacciati fra le pieghe chiassose degli abiti di Jennifer Coolidge, il cui personaggio è secondo solo a quello interpretato in Two Broke Girls.Jennifer Coolidge è stata una ricca, ricchissima matrona, troppo distante dai meccanismi che regolano l'umana esistenza per poter essere oggetto di un qualche rimprovero. Stralunata, magnanima a suo modo, ha fatto da trait d'union fra la prima e la seconda stagione della serie tv. Nella terza, però, non ci sarà. L'attrice si è fermata in Sicilia, dove gli sceneggiatori dello show hanno ricreato la stessa ambientazione delle Hawaii: un resort sfarzoso, le ferie vuote e l'ozio della gente abbiente, un omicidio e le fragilità degli astanti, improvvisamente visibili e insanabili.The White Lotus ha proposto uno stesso schema, cercandogli però applicazioni diverse e variabili evidenti. Quest'anno, lo ha fatto per la terza volta. Il nuovo capitolo della serie tv, otto episodi disponibili su Sky e NowTv a partire da lunedì 17 febbraio, è stato girato in Tailandia, fra Bangkok, Koh Samui e Phuket. Di nuovo, è stato opzionato un gigantesco quanto lussuoso albergo, di quelli che possano costituire una rappresentazione in scala dell'umanità, con le sue infinite disparità. Di nuovo, dunque, è stato ricreato un sistema capitalista, dove turisti ricchi e oziosi si interfaccino con una manodopera sgangherata. Il tutto, questa volta, con un occhio alla dimensione spirituale dell'esistenza e del luogo scenico.The White Lotus, negli anni, ha saputo differenziare le proprie stagioni attraverso piccoli espedienti. La prima, l'ha dedicata interamente alla tematica economica, con lo stridio prodotto dalle orde di turisti in Paesi poveri. Nella seconda, ha inserito la variabile dell'amore, declinato su un doppio binario: la famiglia, da un lato, il desiderio, dall'altro. Con la terza stagione, gli sceneggiatori hanno parzialmente invertito la rotta, non più carne ma spirito. The White Lotus 3, nelle parole dello sceneggiatore Mark White, offrirà una riflessione profonda e allo stesso tempo provocatoria sulla visione della spiritualità in Oriente. Di qui, il contrasto (voluto, volutissimo) tra la superficialità dei turisti e le antiche tradizioni locali. Di qui, la satira, spietata, da - di nuovo, quanto meno da intenzioni - smorzata attraverso il ricorso (fino ad ora straordinario) all'umorismo.
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Piuttosto, è il tentativo di capire cosa si celi oltre quelle bellezze, sotto ciò che lo sguardo abbraccia, dentro la terra che oggi andrebbe scavata. Roma dovrebbe avere una linea metropolitana più efficiente. Più fermate, collegamenti migliori. Ma il condizionale è obbligatorio, figlio della necessità di appurare che non ci siano reperti a separare il dire dal fare. Il documentario, accompagnato dalla voce narrante di Domenico Strati e scritto con la consulenza storico-archeologica della dottoressa Claudia Devoto, non pretende di avere risposte, ma cerca di portare a galle le criticità del progetto. Chiedendo e chiedendosi che ne possa essere di Roma, se possa un giorno arrivare ad essere una metropoli contemporanea, il passato relegato al proprio posto, o se, invece, la sua storia sia destinata ad essere troppo ingombrante, impedendole la crescita infrastrutturale che vorrebbe avere.
Roma Sotterranea, disponibile per lo streaming su NowTv, racconta come ingegneri e archeologi abbiano lavorato in sinergia per realizzare un piano atto a portare all'inaugurazione delle nuove fermate della Linea C di Roma, quelle che (da progetto) dovrebbero collegare la periferia sudorientale a quella occidentale della città. E, nel raccontare questo lavoro, racconta parimenti come il gruppo di ingegneri e archeologi abbia cercato di prevedere e accogliere ogni imprevisto, così da accompagnare la città nel suo sviluppo. Questo perché i sondaggi di archeologia preventiva non sempre rivelano quanto poi potrà emergere durante lavori di scavo così imponenti. In Piazza Venezia, inaspettatamente, è tornata alla luce l’imponente struttura degli Auditoria adrianei, un complesso pubblico su due livelli costruito durante l’impero di Adriano (117-138 d.C.). Era destinato alla divulgazione culturale, alla pubblica lettura di opere letterarie e in prosa, all’insegnamento della retorica, e all’attività giudiziaria e la sua scoperta, la cui importanza storica è stata definita straordinaria, ha portato allo spostamento di uno degli accessi alla stazione presente nella piazza.
Diverso è stato il rinvenimento, inatteso, fatto scavando nei dintorni della nuova stazione di Porta Metronia: a nove metri di profondità, è stata scoperta una caserma del II d.C., 1700 metri quadri di superficie con mosaici e affreschi distribuiti in 30 alloggi per una compagnia di soldati che alloggiavano in ambienti di 4 mq e la domus del comandante, dotata di atrio e fontana. Le strutture sono state rimosse per costruire la stazione, dopo la scansione 3D di ogni singolo muro. A seguito della collocazione in magazzino, del restauro e della catalogazione dei reperti, le murature e i pavimenti sono tornati alla loro originaria collocazione, facendo della stazione uno straordinario sito archeologico.
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Secondo un’analisi della Fondazione Eni Enrico Mattei, la decarbonizzazione dell’auto europea stenta: le vendite elettriche sono ferme al 14%, le batterie e le infrastrutture sono arretrate. E mentre Germania e Italia spingono per una maggiore flessibilità, la Commissione europea valuta la revisione normativa.
La decarbonizzazione dell’automobile europea si trova a un bivio. Lo evidenzia un’analisi della Fondazione Eni Enrico Mattei, in un articolo dal titolo Revisione o avvitamento per la decarbonizzazione dell’automobile, che mette in luce le difficoltà del cosiddetto «pacchetto automotive» della Commissione europea e la possibile revisione anticipata del Regolamento Ue 2023/851, che prevede lo stop alle immatricolazioni di auto a combustione interna dal 2035.
Originariamente prevista per il 2026, la revisione del bando è stata anticipata dalle pressioni dell’industria, dal rallentamento del mercato delle auto elettriche e dai mutati equilibri politici in Europa. Germania e Italia, insieme ad altri Stati membri con una forte industria automobilistica, chiedono maggiore flessibilità per conciliare gli obiettivi ambientali con la realtà produttiva.
Il quadro che emerge è complesso. La domanda di veicoli elettrici cresce più lentamente del previsto, la produzione europea di batterie fatica a decollare, le infrastrutture di ricarica restano insufficienti e la concorrenza dei produttori extra-Ue, in particolare cinesi, si fa sempre più pressante. Nel frattempo, il parco auto europeo continua a invecchiare e la riduzione delle emissioni di CO₂ procede a ritmi inferiori alle aspettative.
I dati confermano il divario tra ambizioni e realtà. Nel 2024, meno del 14% delle nuove immatricolazioni nell’Ue a 27 è stata elettrica, mentre il mercato resta dominato dai motori tradizionali. L’utilizzo dell’energia elettrica nel settore dei trasporti stradali, pur in crescita, resta inferiore all’1%, rendendo molto sfidante l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050.
Secondo la Fondazione Eni Enrico Mattei, non è possibile ignorare l’andamento del mercato e le preferenze dei consumatori. Per ridurre le emissioni occorre che le nuove auto elettriche sostituiscano quelle endotermiche già in circolazione, cosa che al momento non sta avvenendo in Italia, seconda solo alla Germania per numero di veicoli.
«Ai 224 milioni di autovetture circolanti nel 2015 nell’Ue, negli ultimi nove anni se ne sono aggiunti oltre 29 milioni con motore a scoppio e poco più di 6 milioni elettriche. Valori che pongono interrogativi sulla strategia della sostituzione del parco circolante e sull’eventuale ruolo di biocarburanti e altre soluzioni», sottolinea Antonio Sileo, Programme Director del Programma Sustainable Mobility della Fondazione. «È necessario un confronto per valutare l’efficacia delle politiche europee e capire se l’Unione punti a una revisione pragmatica della strategia o a un ulteriore avvitamento normativo», conclude Sileo.
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Ecco #DimmiLaVerità del 15 novembre 2025. Con il senatore di Fdi Etel Sigismondi commentiamo l'edizione dei record di Atreju.
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina