
Lunedì l'Agenzia delle entrate accenderà il software per la mappatura, poi si passerà alla riclassificazione con effetti su Imu, imposte di registro e Irpef. Pochi giorni per bloccare l'invio di 50 milioni di cartelle fiscali. Lenta e inesorabile, la macchina per raccogliere le tasse avanza. Mentre il governo cerca di succedere a sé stesso e la maggioranza manovra per soluzioni alternative, mancano certezze sui bonus e i ristori. Nulla si sa ancora sul rinvio delle cartelle esattoriali o su un eventuale condono. Invece, il prossimo lunedì l'Agenzia delle entrate, guidata da Ernesto Maria Ruffini, accenderà in quasi tutta Italia il Sistema integrato del territorio. Alias, Sit. Si tratta di un software che progressivamente andrà a mettere in rete una serie di informazioni cartografiche e di anagrafe immobiliare con l'obiettivo di creare un archivio unico e facilmente consultabile. Tradotto, siamo di fronte al primo vero passo per l'avvio della riforma del catasto e quindi della revisione dei valori del mattone e delle tasse che su di esso gravano. L'aggiornamento del catasto raddoppierà i prezzi di riferimento delle case e quindi l'imponibile su saremo spremuti. Nonostante il Pd e la sinistra negli ultimi anni abbiano tenuto a precisare che sarà un intervento di perequazione fiscale (garantendo che paghino tutti le tasse in proporzione) e quindi a invarianza di gettito, la realtà sarà ben diversa. E per capirlo bisogna fare un passo indietro al 2013, anno in cui Bankitalia pubblica una interessantissima relazione sulla pressione fiscale del mattone. L'anno prima Mario Monti aveva introdotto l'Imu sulle case. Da allora gli italiani sborsano ogni anno 22 miliardi contro i 9,7 di media pagati ai tempi dell'Ici. In tutto, per capirsi fa 200 miliardi di tasse in otto anni. Il senatore a vita, mettendo mano alla riforma ha, guarda caso, aumentato i moltiplicatori catastali (il meccanismo che aiuta a calcolare l'Imu) del 60%. Nella relazione di Bankitalia dell'epoca si evince chiaramente che a seguito dell'intervento di Monti, contrariamente alla vulgata che viene spacciata ogni giorno, le tasse sulla casa sono pienamente in linea con la media Ue. Anzi poco sopra. Da noi le imposte sul mattone ancora oggi pesano l'1,5% del Pil. Negli altri Paesi Ue, l'1,4%. Nonostante ciò negli ultimi mesi Bruxelles è tornata a suggerire l'introduzione delle tasse sulla prima casa. Un cavillo che da solo varrebbe altri 4 miliardi di euro ogni anno. aggiuntivi ai 22. Nella relazione di Bankitalia del 2013 si spiega anche che l'introduzione dell'Imu «ha consentito» una maggiore progressività. Lasciando chiaramente intendere che l'Ici, pur portando meno gettito, era più iniqua. A inizio gennaio Bankitalia è stata audita alla Camera. Tema: riforma dell'Irpef e delle imposte sulla casa. Dopo aver fatto un po' di cronistoria, il relatore ha spiegato che l'assenza di tasse sulla prima casa è una anomalia. Suggerendo implicitamente quello che chiede Bruxelles e che sogna Mario Monti. Nella recente relazione però viene omesso che nel complesso le imposte sono in linea con le altre nazioni del Vecchio continente. Non solo. Si spiega che la riforma del catasto permetterebbe alle tasse - aggiungiamo noi alle nuove tasse - di essere più progressive, imponendo a chi ha immobili più vecchi e quindi di pregio di pagare più di quanto fanno i meno ricchi che stanno di solito in periferia, ma in case più recenti e quindi con prezzi più allineati al mercato. Vero fino a un certo punto. Innanzitutto, anche se l'ultima riforma del catasto è datata 1990, tra il 1996 e il 1997 le rendite catastali sono state alzate del 5%. A partire dal 2005, i Comuni possono chiedere all'Agenzia di Ruffini il «riclassamento» di singoli immobili o di intere aree. Inoltre, ogni volta che si apre un cantiere di restauro, la casa subisce un innalzamento della rendita catastale e quindi il proprietario paga più tasse. A ciò si aggiunge che la promessa del Pd di fare la riforma del catasto a gettito invariato contiene in sé un piccolo ma sostanzioso trucco. Il calcolo di gettito sarebbe complessivo, cioè fatto sugli 8.000 Comuni d'Italia. Quindi non a invarianza per ciascun Comune. Cosa non da poco perché consentirebbe di stiracchiare a dovere i prelievi e soprattutto a sfilare dal computo la quota di Imu da destinare allo Stato. Non poco. Parliamo di circa 8 miliardi sul totale annuo di 22. Inoltre, il raddoppio degli estimi farebbe schizzare le imposte di registro e pure l'Irpef che si applica sulle abitazioni diverse dalla prima casa che si trovano nel Comune di residenza. Come sempre quando governo e istituzioni promettono che a pagare di più saranno solo i più ricchi, ecco che l'indomani tutti noi saremo classificati come «più ricchi» per far scattare la trappola. Ed è quello che accadrà una volta terminata la riforma del catasto, la quale a sua volta attende che il nuovo Sistema integrato del territorio faccia il suo lavoro di upgrade. Non è un caso che fino a oggi tale riforma sia stata paventata più volte e più volte sfilata da leggi o da documenti di finanza pubblica. L'ultima volta alla fine del 2019. Prima ancora nel 2017 quando un ddl bipartisan tra Pd e Fi fu solo all'ultimo accantonato. A ritroso nel 2015 e nel 2014. Adesso però le condizioni per la mazzata ci sono. Elezioni probabilmente lontane e un giugno così magro per le casse dello Stato che per finanziare il Recovery plan e il mancato gettito dovuto al lockdown (soprattutto se ci fosse un governo di unità nazionale) non si esiterà a mettere mano al catasto. Tanto se la paternità fosse di tutti i partiti è come se non lo fosse di nessuno. A combattere contro il progetto c'è praticamente solo Confedilizia. Forse andrebbe ascoltata.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
iStock
A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





