2019-12-02
Per pagare le tasse servono 238 ore: 80 in più che nel resto dell'Ue
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L'Italia resta all'ultimo posto per burocrazia tributaria. Sulla pressione fiscale il nostro Paese perde in un solo anno 10 posizioni passando dal centodiciottesimo al centoventottesimo posto nella lista stilata da Banca Mondiale e Pwc.All'estero la tecnologia aiuta. Più facili i rimborsi Iva anche in Egitto, Armenia, Turchia e Israele.La classifica per numero di adempimenti. Lo speciale contiene tre articoli e infografiche. Le imprese italiane sono sempre più schiacciate dall'imposizione fiscale e la situazione anno dopo anno non accenna a migliorare. A dirlo è un rapporto stilato dalla Banca Mondiale e da Pwc che rileva e analizza i costi per imposte e tasse in capo alle aziende, il loro carico amministrativo per versamenti d'imposta e i diversi adempimenti fiscali registrati nel corso dell'ultimo periodo fiscale registrato, il 2018. Nell'edizione 2020 dell'indagine, il nostro Paese ha perso 10 posizioni, passando dal centodiciottesimo al centoventottesimo posto. Non si tratta certo di un risultato positivo, visto che lo studio mette sotto la lente 190 economie e fotografa l'incidenza della tassazione dell'attività produttiva nei singoli Paesi. L'analisi ha preso ad oggetto un'impresa domestica di medie dimensioni nel secondo anno di operatività.Gli indicatori presi in esame sono tre: il Total Tax and Contribution Rate (Ttcr), che misura il carico fiscale e contributivo per le imprese (non la sola pressione fiscale), il tempo necessario per i diversi adempimenti relativi alle principali tipologie di imposte e contributi (imposte sui redditi, imposte sul lavoro e contributi obbligatori, imposte sui consumi) e il numero dei versamenti effettuati. A questi si aggiunge poi il Post-Filing Index, che misura i tempi per ottenere un rimborso Iva, ovvero per correggere un mero errore nella dichiarazione dei redditi.Purtroppo la fotografia che emerge nel caso dell'Italia non è molto lusinghiera. Dando uno sguardo all'indicatore chiamato Ttcr, il nostro Paese si ferma al 59,1%. Per intendersi, ciò significa che, in media, per le aziende italiane il carico contributivo e fiscale pesa per quasi il 60%. Si tratta di un valore ben più alto rispetto alla media globale del 40,5% e rispetto alla media europea del 38,9%. Come spiega l'analisi, il dato registra un incremento di sei punti percentuali essenzialmente riconducibile al venir meno di alcuni sgravi contributivi introdotti per le aziende come misura temporanea (poi non stabilizzata), a seguito del mutamento della politica economica del Paese. Va detto, infatti, che la sensibile riduzione dell'aliquota Ires arrivata nel 2017 e la previsione del "super ammortamento" per l'acquisizione di nuovi beni strumentali non hanno consentito di assorbire l'impatto negativo della mancata decontribuzione. Se dunque l'Italia si mostra sotto la media per carico fiscale e contributivo, si trova quasi nella media globale quando si parla di ore spese per le società in termini di ore necessarie agli adempimenti fiscali.Secondo lo studio di Pwc e della Banca Mondiale, sono 238 in un anno le ore necessarie (invariate rispetto al 2017) per risolvere gli obblighi fiscali, quattro in più rispetto alle 234 della media globale. Certo, il dato è ben al di sopra delle 161 ore necessarie in media in Europa. Quando si tratta di numero medio dei versamenti facciamo, se non altro, meglio della media globale, anche se non di quella europea. Ogni anno un'azienda italiana deve fare 14 pagamenti, un dato migliore delle 23 transazioni necessarie al mondo, ma pur sempre peggiore dei 10,9 pagamenti richiesti nel Vecchio Continente. Si può dire, insomma, che in Italia paghiamo molte tasse e che il peso dei contributi previdenziali si fa sentire. Siamo, però, un Paese avanzato – almeno sul piano delle infrastrutture – quando si parla di Iva. È degno di nota, spiega lo studio, il posizionamento dell'Italia nello sviluppo di tecnologie digitali per la gestione degli adempimenti ai fini Iva, a seguito dell'introduzione della fatturazione elettronica. Il report colloca infatti l'Italia al Livello 3 (il più alto se si escludono le iniziative sperimentali avviate in vari Paesi attraverso tecnologie blockchain) per lo sviluppo digitale che richiede una stretta integrazione tra le soluzioni tecnologiche adottate dal contribuente e dell'amministrazione pubblica.L'indice relativo alla post-compliance, quello che riflette i tempi necessari per richiedere e ottenere un rimborso Iva, ovvero correggere un errore nella dichiarazione dei redditi, rimane invariato rispetto al 2017 a 52,4, contro il 60,9 a livello mondiale e 83,1 a livello europeo.Più concretamente, In Italia le imprese impiegano 42 ore per la richiesta di rimborso Iva, incluso il tempo speso per rispondere alle richieste ricevute nel corso delle verifiche fiscali dell'amministrazione pubblica (18,2 ore la media mondiale, 7 ore la media a livello europeo). Il tempo di attesa del rimborso è di 62,6 settimane, ben maggiore rispetto alla media globale (27,3 settimane) e a quella europea (16,4).L'indice che misura la facilità del rimborso Iva, spiega lo studio «è negativamente influenzato dalla stima discrezionale di una probabilità superiore al 50% che si attivi una procedura di verifica/scambio di informazioni a seguito della richiesta di un rimborso dell'imposta sul valore aggiunto, con impatto significativo sui relativi tempi».In poche parole, il contribuente italiano vive nella paura che il fisco possa creargli grossi problemi sul piano fiscale.INFOGRAFICA!function(e,i,n,s){var t="InfogramEmbeds",d=e.getElementsByTagName("script")[0];if(window[t]&&window[t].initialized)window[t].process&&window[t].process();else if(!e.getElementById(n)){var o=e.createElement("script");o.async=1,o.id=n,o.src="https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js",d.parentNode.insertBefore(o,d)}}(document,0,"infogram-async");<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/tasse-2641483478.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="all-estero-la-tecnologia-aiuta" data-post-id="2641483478" data-published-at="1758062679" data-use-pagination="False"> All'estero la tecnologia aiuta Un maggiore accesso ai rimborsi Iva ha svolto un ruolo importante nel migliorare le procedure di adempimento fiscale per le aziende in diversi Paesi al mondo. A dirlo è l'indagine "Paying Taxes 2020" realizzata dalla Banca Mondiale e da Pwc che ha messo sotto la lente la pressione fiscale di 190 economie tra il 2017 e il 2018.In Armenia ed Egitto, ad esempio dove le difficoltà in questo campo sono ancora elevate, la situazione è migliorata in modo significativo. Su scala globale, il sistema di pagamento delle tasse sta dunque via via migliorando. Dal 2012, il tempo medio per adempiere agli obblighi fiscali è risultato inferiore di 27 ore e in media sono richiesti 4,4 pagamenti in meno rispetto a sette anni fa. In lieve calo dal 2012 anche l'indice totale di imposizione e contribuzione, sceso al 40,5% dal 41,9%.Il Post-Filing Index, introdotto nel 2014, l'indice che misura la facilità nel risolvere i problemi che nascono dopo la presentazione della dichiarazione dei redditi, è però salito leggermente a 60,9 nel 2018 da 58,9 di cinque anni fa. L'aumento complessivo maschera però importanti miglioramenti in diverse singole economie finite sotto la lente dello studio. In particolare, i rimborsi Iva sono diventati più semplici per Paesi come Egitto e Armenia, mentre la Turchia ha esentato dall'Iva gli acquisti di capitale. I processi di rimborso dell'Iva sono diventati molto più efficienti anche in Israele e Costa d'Avorio. La correzione di una dichiarazione dei redditi in El Salvador, Ungheria, Thailandia e Tunisia è diventata sostanzialmente più snella.Le nuove tecnologie offrono quindi alle amministrazioni fiscali molteplici opportunità di rendere il processo di pagamento delle imposte più efficiente. Per questo, spiegano dalla Pwc e dalla Banca Mondiale, è importante che le amministrazioni fiscali si tengano aggiornate con gli sviluppi della tecnologia e li sfruttino a vantaggio proprio e dei contribuenti. Le imprese, da parte loro, dovrebbero però incorporare le nuove tecnologie fiscali nella loro operatività al fine di rispondere alla crescente domanda di dati da parte delle amministrazioni fiscali. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/tasse-2641483478.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="la-classifica-per-numero-di-adempimenti" data-post-id="2641483478" data-published-at="1758062679" data-use-pagination="False"> La classifica per numero di adempimenti Ci sono Paesi in cui pagare le tasse da parte delle aziende richiede pochi sforzi e altri in cui, a parità di pressione fiscale, l'adempimento fiscale può essere un vero incubo. Lo spiega il report "Paying Taxes 2020" realizzato dalla Banca Mondiale e da Pwc.Il rapporto, che prende in esame 190 economie mondiali, ha analizzato Paese per Paese il numero di transazioni annuali medie necessarie per pagare le tasse.I primi cinque al mondo sono Svezia, Marocco, Israele Messico e Vietnam. In tutti questi casi, per placare la "fame dello Stato" bastano solo sei transazioni in un anno. Sia ben chiaro, però, avere meno operazioni da compiere non significa avere una pressione fiscale e contributiva a prezzi di saldo. In tutti questi Stati la pressione sulle spalle dei contribuenti varia dal 37,6% del Vietnam al 55,1% del Messico. Certo, nulla a che vedere con le difficoltà delle aziende venezuelane che ogni anni devono compiere 99 transazioni per non avere problemi con il fisco. Difficoltà evidenti ci sono anche per le imprese della Tanzania e dell'Honduras. In questi due Paesi per pagare le tasse ogni anno sono necessarie in media 59 operazioni. Va leggermente meglio nelle isole Antigua e Barbuda, dove sono richieste 57 transazioni ogni 12 mesi e nella Repubblica Centrafricana dove servono 56 operazioni. In quest'ultimo Paese, inoltre, la pressione fiscale e contributiva è alle stelle con una media del 73,3%. In Tanzania e ad Antigua e Barbuda la pressione sulle spalle delle aziende si aggira intorno al 43%. In Honduras l'asticella si ferma al 39%.