2020-07-23
Tassati e «mazziati»: ringraziamo Giuseppi
I soldi promessi dall'Europa non sono ancora arrivati, ma già il governo si prepara a presentare agli italiani il conto del «meraviglioso» accordo raggiunto da Giuseppe Conte l'altra notte. Già, perché al di là dei numeri che sono, come abbiamo spiegato nell'edizione di ieri, assai meno entusiasmanti di ciò che il Minculpop di Palazzo Chigi tende a far credere, c'è una piccola questione da risolvere: i soldi non arriveranno prima della prossima primavera.Perciò che si fa se della montagna di miliardi promessa non si vede neanche l'ombra per almeno dieci mesi? Confidare in un anticipo non si può, perché la condizione per ottenerlo consiste nel non far aumentare il debito pubblico, cosa non possibile anche volendo. Infatti, per la sola maturazione degli interessi, la crescita diventa automatica e dunque beneficiare di un acconto è da escludere. Che cosa succederà dunque a settembre, quando ci sarà bisogno di mettere mano al portafogli per sostenere le aziende ed evitare che la disoccupazione schizzi alle stelle? Chiedere i fondi del Mes, cioè del fondo Salvastati, è escluso, in quanto i grillini non vogliono intestarsi l'ennesima retromarcia, dopo la Tav, il Tap e in parte anche Autostrade (il governo si era impegnato a far cadere la concessione, non a trovare un modo per far uscire i Benetton accollandosi i debiti). Se quindi non ci sono soldi e non li si può chiedere a prestito accettando le condizioni previste dal Meccanismo europeo di stabilità, vale a dire le regole della Troika, che cosa rimane? La risposta è una sola: le tasse. Sì, per far quadrare i conti ed evitare che centinaia di lavoratori rimangano senza cassa integrazione e centinaia di migliaia di aziende chiudano, il governo sta pensando di fare cassa con una bella stangata fiscale, come tutti i governi statalisti e di sinistra.Al ministero dell'Economia hanno già pronte nel cassetto una serie di misure, due delle quali sono un vecchio cavallo di battaglia dei compagni. La prima si chiama tassa di successione, ovvero una stretta sulle eredità. Mentre adesso la normativa garantisce una zona esentasse per ogni figlio che riceve un lascito dai propri genitori, con il nuovo sistema si vorrebbe non solo dimezzare la cifra sulla quale il fisco non può mettere le mani, ma la somma su cui non si pagano le imposte varrebbe per tutti gli eredi. In pratica, da 1 milione a testa che sfugge alle grinfie dell'erario, si passerebbe a mezzo milione ma per tutta la famiglia, moglie e figli compresi. Ora qualcuno potrebbe pensare che 500.000 euro sono una bella somma e chi eredita non dovrebbe lamentarsi. Si dà però il caso che raggiungere il livello indicato per l'esenzione sia abbastanza facile, soprattutto per famiglie che hanno lavorato e risparmiato per una vita. È sufficiente avere una casa, magari un appartamentino al mare e qualche cosa da parte per il futuro e si corre il rischio di incappare nell'avidità fiscale dello Stato e dunque di vedere volatilizzarsi in tasse gran parte di ciò che i genitori hanno accantonato.Anche perché, e qui viene il brutto, tra i progetti del ministero dell'Economia ritorna l'idea di riformare il catasto, dove riformare significa soltanto cambiare i parametri reddituali con cui sono registrati gli immobili. Tradotto, vorrebbe dire che il governo adeguerebbe i valori del mattone a una stima effettuata dagli uffici, con il risultato che gli italiani, i quali sono in massima parte proprietari delle quattro stanze in cui vivono, si ritroverebbero non solo a pagare di più in caso di introduzione di una imposta sulla prima casa (mentre sulla seconda il prelievo, oltre a essere assicurato, sarebbe più salato), ma in caso di successione vedrebbero lievitare il valore dell'immobile, con tutto quello che ne consegue se si abbassa il livello in cui l'eredità è da considerarsi esentasse. In pratica, in capo a poco tempo i contribuenti si vedrebbero infilare le mani dello Stato nel portafogli, sempre naturalmente che a qualcuno non venga la bella pensata di una patrimoniale, imposta che ufficialmente è esclusa, ma che da sempre è un chiodo fisso della sinistra.In fatto di tasse però non ci sono solo Palazzo Chigi e via XX Settembre, sede del ministero dell'Economia. Infatti, oltre ai tassatori nostrani, sono quelli esteri, vale a dire Bruxelles. Non penserete infatti che i soldi di cui Giuseppe Conte si fa vanto siano gratis. I fondi Ue non li fabbrica lo spirito santo, ma Bruxelles li spremerà con le tasse, perché il via libera al Recovery fund prevede che l'Europa provveda sul mercato o con proprie tasse, che si aggiungono a quelle nazionali, a reperire il fabbisogno finanziario. Con la scusa di voler difendere l'ambiente, già si annunciano una plastic tax e una carbon tax europea, in pratica due stangate in una, che ovviamente pagheranno i consumatori. In poche parole, ci daranno soldi per poi chiederceli indietro. O, peggio, prima ce li chiederanno e dopo, forse, con molta calma, ce li daranno. Ma a precise condizioni, ovvero fare le riforme. Quindi saremo tassati, riformati e mazzolati.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)
Ursula von der Leyen (Ansa)
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L’area tra Varese, Como e Canton Ticino punta a diventare un laboratorio europeo di eccellenza per innovazione, finanza, sviluppo sostenibile e legalità. Il progetto, promosso dall’associazione Concretamente con Fabio Lunghi e Roberto Andreoli, prevede un bond trans-frontaliero per finanziare infrastrutture e sostenere un ecosistema imprenditoriale innovativo. La Banca Europea per gli Investimenti potrebbe giocare un ruolo chiave, rendendo l’iniziativa un modello replicabile in altre regioni d’Europa.